"
Don't see it alone"
No, non è un consiglio e nemmeno un'indicazione terapeutica. "Non vederlo da solo" è una delle frasi di lancio di questo "Paranormal Activity", girato con 15.000 dollari, una telecamera ad alta definizione e due attori. A giudicare dai confortanti dati del
Box Office americano, questo piccolo film-scommessa ha centrato (e ampiamente superato) l'obiettivo. Indubbiamente il battage promozionale, con tanto di frasi a effetto tipo "meglio di
Blair Witch", ha fatto la sua parte ma a mettere la ciliegina sulla torta è stata una dichiarazione di un certo Steven Spielberg (riportata sulle megalocandine dei multisala) che, ammette, è letteralmente saltato dalla poltrona.
Indipendentemente dall'assodata carica terrorifica di questa azzeccata campagna di marketing, pare comunque giusto considerare che, almeno in un caso, parlavano totalmente a casaccio. "Paranormal Activity" non è meglio di "
The Blair Witch Project" né si configura come suo erede. Avrebbe potuto esserlo negli intenti, per assimilazione (di ansiogeni luoghi comuni del cinema
horror, nella scelta dei rumori e nell'uso della luce davanti alla camera a mano), avrebbe potuto esserlo per il genere (il tanto saccheggiato
mokumentary) e per "processo produttivo" (entrambe le pellicole sono frutto di una scommessa economica pazzesca, anche se la streghetta di Blair è costato quattro volte il film di Peli). Tuttavia considerare "Paranormal Activity" come un
nuovo "Blair Witch" sarebbe un grosso errore. Questo perché il film di Peli (regista, sceneggiatore, produttore e montatore) è un semplice quanto dozzinale
homemade horror ed è privo della genialità del paurosissimo e scevro di qualsivoglia cura estetica "Blair Witch". Una sufficienza forse la potrebbe meritare, sia chiaro. Peli dimostra un buon talento nella messinscena - peraltro piuttosto scarna e montata in maniera facilona, ma va da sé che il finto "realismo" sta proprio nell'assenza di una cura della fotografia - però di certo il regista di origini israeliane non è né il primo né l'ultimo in grado di fare un buon film con pochi mezzi. In Italia, tanto per dirne una, c'è chi realizza
horror dal 2001 e lo fa a "zero budget", partecipando a festival e riuscendo, in qualche caso, a distribuire i propri lavori in dvd ma la grande distribuzione continua a ignorarne l'esistenza.
"Paranormal Activity", l'evento mediatico più del film, è dovuto probabilmente a una differente impostazione recettiva del suo primo pubblico. Girato e distribuito originariamente negli States, il film di Peli ha fatto breccia nelle paure intime di spettatori maggiormente aperti nei confronti del genere
horror e, forse, culturalmente più assuefatti a una sorta di
paura mistica.
Inutile stare qua a cercare chissà che recondito significato nell'uso della "mdp" come occhio costante dello spettatore, andando a "concettualizzare" la pellicola e perdendoci in tante care elucubrazioni. Il film di Peli semplicemente la fa facile, sfruttando un "presupposto" (i rumori di casa nostra) che sapeva avrebbe funzionato alla grande. Non avendo a disposizione un vero budget (ma signori, 15.000 euro per fare un film amatoriale sono tantissimi...) ha ridotto all'osso le "esigenze filmiche" e ha fatto di necessità virtù. Il problema sta però nella sceneggiatura. Di fatto non racconta nulla e butta lì solo qualche sparuta ipotesi o idea. Le tremende caratterizzazioni dei due personaggi - lui superagente di borsa, impavido e razionalissimo, lei studentessa spaventata - non aiutano a immedesimare lo spettatore. Il film accumula luoghi comuni a destra e a manca, mette in scena qualche bell'effetto che terrorizza il pubblico ma poi, di colpo, molla la presa. Se l'intento era quello di spaventare e basta, il film appare troppo verboso. Se dietro a tutto c'era l'esigenza di "raccontare" qualcosa, allora non ha colto il bersaglio. In Italia potrebbe dividere: chi ama gli
horror e ne è un divoratore verace lo troverà abbastanza noioso e risaputo (potendo, in alcuni casi, anticipare gli eventi), chi non è notoriamente abituato a questo genere potrebbe rimanerne comunque piuttosto turbato. Ma magari tutto sommato non andrà nemmeno a vederlo.
Vorrei lanciare il sasso di una banale quanto semplice considerazione: Oren Peli gira un film modesto in sette giorni con 15.000 dollari, vince qualche festival, lo vede la persona giusta, raggiunge la grande distribuzione e riempie la Sala 2 del multiplex al primo giorno di proiezione. A fianco, nella Sala 1, proiettano "
Avatar". La 3 è gremita di
mucciniani invasati e nella 4 c'è "
Tra le nuvole". Il dato è indicativo. E se fosse
anche l'effetto mediatico di una pura provocazione?
Della serie "possiamo riempire le sale anche senza spendere 400 milioni di dollari"...