Salutato, ai tempi di "Saw", come l'araldo della
new wave del cinema
torture porn americano, il regista James Wan ha progressivamente cambiato coordinate (lo vedremo presto alle prese con il settimo capitolo della serie "Fast and Furious"), arrivando a dirigere pellicole di genere che si rifanno con piglio citazionista all'horror del passato, scevre di sangue e violenza, ma ricche di spaventi e tensione. Il caso più recente è l'acclamato "
L'evocazione" (una sorta di "Amityville Horror" aggiornato ai tempi), ma passato qualche mese eccolo tornare col sequel del suo convincente "
Insidious".
Difficile non ripetersi alle prese con il cinema horror, soprattutto quando si ha a che fare con un sottogenere come quello delle "case infestate". Questa è la terza pellicola di Wan che torna sugli stessi temi, e la fatica, aimè, inizia a farsi sentire. Il talentuoso regista ce la mette tutta per rimescolare le carte in tavola e sorprendere lo spettatore: se il primo film si rifaceva a "Poltergeist", il seguito guarda nientemeno che a classici come "Shining" e "Carnival of Souls" (che si intravede anche in televisione nella casa dei Lambert). Il capofamiglia Josh ha infatti portato qualcuno con sé dall' "altrove" in cui era prigioniero il figlio Dalton: un'oscura presenza che lo minacciava anche in tenera età e che ora vorrebbe prendere possesso del suo corpo e ucciderne la famiglia. Se la discesa nella follia dello spaesato Patrick Wilson ricorda quella di Jack Torrance-Nicholson, il film punta però su una struttura da
mystery, con pochi sobbalzi, in cui i protagonisti indagano (ficcando il naso tra ospedali abbandonati e case spettrali) sul passato di Josh e sull'identità della presenza che lo minaccia.
La sceneggiatura del "solito" Leigh Whannell maschera la propria esilità dietro un'apparente macchinosità, e il regista, che già si era divertito nel corso dei vari episodi della saga di "Saw", a decostruire e rivedere (a rischio improbabilità e ridicolo) la struttura narrativa della "sua" creatura, arricchisce di dettagli e sorprese il precedente "Insidious", rigirando intere sequenze del primo capitolo dal punto di vista di altri personaggi (una sorta di variazione metacinematografica nello stile di "Ritorno al Futuro Parte II"). Un'idea curiosa ma non del tutto convincente, che toglie un po' di fascino e mistero al film originale. Dove il film funziona ancora abbastanza bene è nella creazione di genuini momenti di paura e tensione, e Wan è ormai esperto nel creare paura con pochi elementi: una porta scricchiolante, un volto nell'oscurità, qualche effetto sonoro ad hoc. Purtroppo però a parte qualche spavento ben piazzato (i momenti nella casa della "sposa in nero", debitrici di "
The Blair Witch Project" e del cinema
found footage) la pellicola lascia pochissimo, perdendo per strada quell'alone di "realismo", di ordinario invaso dal sovrannaturale, che era la forza dell'episodio precedente. Il cast sembra crederci molto meno, e gli alleggerimentii ironici del duo di
ghostbusters composto da Whannell-Sampson sono troppo insistiti.
James Wan ha dimostrato di saperci fare, ma il suo stile è già pericolosamente a rischio maniera; è giusto e saggio che ora passi ad altro, e lasci la saga di "Insidious" (di cui il finale, e soprattutto il clamoroso successo al box office americano, lascia presagire un terzo capitolo) nelle mani di qualcun'altro.