Quando un film porta lo stesso titolo di un'opera letteraria e quindi, oltre che esserne l'adattamento, fa un esplicito richiamo alla fonte letteraria da cui prende ispirazione, è impossibile tenere eccessivamente separate le due opere. Ecco perché i momenti di trascurabile felicità scritti da Francesco Piccolo e quelli messi in scena da Daniele Luchetti devono necessariamente far parte di un discorso critico organico e unico. Il volume dello scrittore casertano (dato alle stampe ormai quasi un decennio fa) ebbe uno straordinario successo riuscendo a catturare il lato più significativo della banale quotidianità. Esperimento leggero quanto si vuole, ai limiti dell'impalpabilità, forse, ma pur sempre degno di nota: lo stile di Piccolo è lieve come gli aforismi di vita spicciola di cui parla. Eppure, fra le righe di quel libriccino si nascondevano sprazzi di ironia pungente, persino satira dei nostri giorni, e al tempo stesso un tappeto di parole che avrebbe potuto riscaldare le manie, i tic, le ossessioni di chiunque, elevando a qualcosa di intrigante anche la più desolante routine giornaliera.
Partendo da uno spunto interessante quale era il libro, e aggiungendo a questo l'annotazione che Piccolo sa il fatto suo come sceneggiatore per il grande schermo (è uno dei più fedeli collaboratori del Nanni Moretti post-2000), era lecito attendersi qualcosa di divertente anche dall'adattamento per il cinema. A tutto questo, inoltre, va aggiunto che a piazzarsi dietro la macchina da presa c'era un regista assolutamente apprezzabile, quel Luchetti che, almeno fino alla metà degli anni 90, aveva contribuito a iniettare nelle vene della nostra industria cinematografica un po' di vitalità e di personalità nello sguardo sul mondo.
Il fallimento di questo "Momenti di trascurabile felicità" è nella somma di due debolezze: quella dello sceneggiatore che, paradossalmente, trova più difficoltà nello scrivere partendo da un suo romanzo anziché creare dal nulla lo script; quella di una regia che non riesce più a farsi capace di avere una qualsivoglia visione del mondo circostante. Il regista romano, infatti, nell'ultimo decennio ha smarrito quel suo punto di vista stralunato eppure così partecipato che aveva caratterizzato le sue prime pellicole. Ciò che rende, alla fine, la visione difficoltosa e affatica l'attenzione dello spettatore, anche il più volenteroso, è proprio il vizio alla base di tutta l'operazione. "Momenti di trascurabile felicità", da raccolta situazionistica di elementi sommati in ordine sparsi diventa al cinema un film che assume una piena forma narrativa, stravolgendo dunque l'idea originaria. Luchetti e Piccolo, infatti, introducono un espediente fantasy che mette tutto in ordine, fin troppo. Pif, che interpreta il ruolo del protagonista Paolo, dopo essere morto per un incidente stradale, si ritrova catapultato nuovamente sulla Terra per un errore "di calcolo": ha un'ora e 32 minuti per far quadrare tutti i conti della sua vita, capire ciò che è veramente importante e che cosa non lo è e spendere gli ultimi preziosi istanti riabbracciando i propri cari. Ma in realtà, per l'appunto, il tutto si ridurrà a godere di quei piccoli momenti di trascurabile felicità.
Se lo stile da bozzetto che Piccolo usa sulla carta ha la sua efficacia, la narrazione per eventi qui procede stanca e con un'incessante coazione a ripetere. Certo, ci sono alcune trovate divertenti, alcune riflessioni restano fedeli a quella freschezza che avevano sulla pagina scritta, ma il tutto è annaffiato da un'insopportabile atmosfera buonista che finisce per svilire il soggetto da cui è partita la sceneggiatura. I momenti di trascurabile felicità ricercati in questa Palermo cartoonesca da Paolo, infatti, risultano non tanto riflessioni che, pur rimanendo in superficie, potrebbero sottintendere un certo approccio filosofico alla vita; no, in realtà, siamo di fronte all'ennesima commedia italiana di questi anni, che abbonda di accompagnamenti musicali, dialoghi ancora una volta basati sull'equivoco spicciolo, una morale facile che non può dispiacere a nessuno. E poi c'è il protagonista, Pif, forse la scelta più sbagliata: laddove in televisione Pierfrancesco Diliberto ha saputo evidenziare, a volte, un talento nel saper raccontare pezzi di mondo nascosto (dalla serie "Il testimone" fino al ciclo di documentari sulle tracce dei politici italiani, "Il candidato va alle elezioni"), al cinema, molto semplicemente, continua ad essere un corpo estraneo. Lo era come autore di se stesso ai tempi de "La mafia uccide solo d'estate", lo è ancor di più in questo caso, nelle vesti di attore protagonista incapace di dare una minima personalità al suo personaggio.
cast:
Pif , Thony , Renato Carpentieri, Franz Cantalupo, Vincenzo Ferrera
regia:
Daniele Luchetti
distribuzione:
01 Distribution
durata:
93'
produzione:
IBC Movie, Rai Cinema
sceneggiatura:
Francesco Piccolo, Daniele Luchetti
fotografia:
Tommaso Fiorilli
scenografie:
Marta Maria Maffucci
montaggio:
Claudio Di Mauro
costumi:
Massimo Cantini Parrini
musiche:
Franco Piersanti