Una caratteristica non secondaria dei film di animazione Dreamworks è quella di ricalcare la fisionomia e il carattere dei protagonisti su quello dei doppiatori, spesso tra i divi più celebri di Hollywood, che prestano la voce ai personaggi. Da “Z – La formica”, che ha i tic e le fobie di Woody Allen, al
panda Po che è cicciottello e goffo come il Jack Black che lo “anima”, a Ciuchino di “Shrek”, ciarliero e sguaiato come Eddie Murphy, al pesciolino Oscar di “Shark Tale”, che con i suoi continui riferimenti all'universo hip hop non può non portare alla mente il suo doppiatore Will Smith.
“Megamind”, secondo lungometraggio targato Dreamworks del 2010, dopo l'ottimo e “anomalo” “
Dragon Trainer” (nessun nome di spicco tra il cast di doppiatori, con un più ampio respiro riservato alla narrazione e le invenzioni visive), è una produzione decisamente più nella media rispetto alla precedente, e in linea con gli esempi citati sopra. Difatti, il protagonista, un alieno dalla testa enorme, bluastro e “cattivo” suo malgrado, nella versione originale ha la voce del comico Will Ferrell (da noi quella, comunque perfetta di Roberto Pedicini) che non involontariamente, contamina la pellicola con il proprio umorismo surreale e infantile (in lingua originale anche il resto delle voci è affidato ad un gruppo di noti comici statunitensi, che comprende Tina Fey, Jonah Hill, Ben Stiller, David Cross). “Megamind” è quindi una creatura ibrida che mescola il tocco demenziale di Ferrell (evidente in alcuni dialoghi
nonsense, nell'infantilismo del personaggio), quello del regista Tom McGrath (già autore dei due “Madagascar” che puntavano sull'accumulo
slapstick delle gag) e varie influenze (Guillermo Del Toro, così come lo sceneggiatore-regista Justin Theroux, è accreditato come “assistente creativo”, e il suo aiuto è evidente nel design di alcune creature, per esempio il robot gigante pilotato da Megamind, o il personaggio di Minion, che pare citare Mysterio, storico
villain delle pagine de “L'uomo ragno”). Nonostante l'eterogeneità delle fonti, il film funziona.
Con più di una parentela con il recente “
Mostri contro alieni” (Megamind sembra uno degli extraterrestri malvagi che invadevano la terra in quel film), con il capolavoro Pixar “Gli incredibili” (la necessità di eroi da parte della società), ma soprattutto con il “Superman” delle tavole di Siegel-Shuster, chiaramente citato nel personaggio del vanesio Metroman (in originale ha la voce di Brad Pitt) e nel bellissimo prologo spaziale, “Megamind” è un incalzante
pastiche comico fruibile da ogni tipo di pubblico, e dal sottotesto non scontato. L'incipit pare opera del Tim Burton dei tempi migliori, con il piccolo
freak alieno emarginato e disprezzato dal resto dell'umanità (trascorre i primi anni di vita in una prigione), e l'insegnamento finale (il nostro destino ce lo costruiamo da soli) non è affatto banale. Il personaggio di Megamind, con i suoi buffi tentativi di governare il mondo (si presenta in città sulle note di “Highway to Hell” degli Ac/Dc, riempie la città di poster simil Obama con scritto “No You Can't!”) è un diverso in un mondo cinico, bisognoso d'affetto come qualunque altra persona, e conquista l'affetto del pubblico immediatamente, risultando ben più sfaccettato dell'altro cattivo “redento” dell'anno, il Gru di “
Cattivissimo Me”.
Peccato solo che dopo una partenza ottima, il film soffra di qualche calo di ritmo, e che il mix tra citazioni pop, comicità demenziale ed esigenze spettacolari non ingrani sempre alla perfezione (tra le altre cose, il 3D non aggiunge ne toglie nulla al risultato finale, tanto per cambiare).