Dolan riparte da zero. Torna in Quebec dopo il precedente film, "La mia vita con John F. Donovan" (2018), progetto ritenuto fallimentare da Dolan stesso e per questo rimasto praticamente invisibile. Non abbiamo visto il film del 2018, e sarebbe fondamentale per comprendere meglio questo ritorno nel 2019, questa svolta/non-svolta. “Matthias et Maxime” è un ritorno a casa in tutti i sensi: a tematiche, personaggi, atmosfere e stile dei suoi primi due film. Un film semplice, piccolo, senza nessuna star nel cast (e probabilmente anche senza ambizioni a livello di palmarès). È un cinema intimo, indipendente, che racconta i nostri anni come fossero gli anni 90. Un film post-adolescenziale, young adult. Sta qui la sua bontà, ma anche il suo limite. Appare infatti un’opera interlocutoria, incapace di sganciarsi dal passato, quasi nel timore, a 30 anni, di abbandonare la giovinezza per cedere alle ipocrisie della maturità. Manca anche la tragedia incombente, che era in filigrana e faceva da asse portante a titoli come "Tom à la ferme" e "È solo la fine del mondo". Il film è molto piaciuto, a Cannes, per la sua genuinità e la sua leggerezza. Ma sconta appunto il limite di mancare di coraggio, dilazionando un nuovo inizio e preferendo soffermarsi sul passato (personale e autoriale), cercando elementi di variazione – narrativi e stilistici – senza però l’ambizione di costituire il punto di arrivo di un percorso.
Variazioni sul tema. La principale novità del film è partire dagli amici anziché da un singolo protagonista. Attenzione al titolo, che è quasi una falsa pista perché sembra indicare una coppia. Matthias e Maxime (interpretati da Gabriel D’Almeida Freitas e dallo stesso Dolan) sono due amici d’infanzia, ritratti all’interno di un gruppo di amici, dai legami molto saldi e genuini, come sanno esserlo solo le amicizie adolescenziali e fra giovani (giovanissimi) adulti che vanno ancora al college o sono appena entrati nel mondo del lavoro. I due protagonisti scoprono la propria (omo)sessualità quasi casualmente, adesso che sono già adulti: seguiamo allora in parallelo il loro percorso di auto-scoperta, l’attrito che si crea di conseguenza. Dolan non ha mai messo al centro di un suo film una coppia omosessuale: ciò rappresenta in fondo la grande ellissi del suo cinema, e rimane fuori anche da questo film (l’unico precedente che racconta di una coppia è "Laurence Anyways", e non si tratta di una coppia omosessuale).
Quanto sia forte l’amicizia fra Matthias e Maxime lo si comprende a poco a poco; lo si capisce sino in fondo verso la fine, quando in un cassetto viene casualmente ritrovato il vecchio disegno di un bambino. Il percorso del film è un continuo deragliamento, sia sul piano delle certezze dei personaggi sia di quelle dello spettatore. Si inizia convinti magari che Matthias e Maxime siano una coppia (nulla, nelle prime sequenze, parrebbe smentirlo), e si viene travolti dal racconto tenue, dai toni quasi da commedia, di un gruppo di amici che ridono e festeggiano insieme. Dolan si riporta in scena come attore (anche questo è un ripiegamento alla prima fase della sua carriera) e sceglie per sé il personaggio più problematico e meno maturo, lasciando quello più adulto al comprimario (Dolan non vede se stesso in un ruolo adulto: è evidente dalla scelta di non interpretare il protagonista in film come "Laurence Anyways" o "È solo la fine del mondo").
Quanto allo stile, e alle sue variazioni, è forse l’aspetto sotto cui il film sconta qualche problema in più. I primi 6 film (tolto sempre, quindi, il "Donovan" non visto) possiedono un denominatore comune, che qui non scompare ma è fortemente stemperato: la tensione continua fra il senso di costrizione (anche della messa in scena) e gli slanci, le aperture liriche. Non mancano anche qui le tensioni (le quali rimangono a lungo interiori prima di esplodere apertamente fra i due protagonisti) né i lirismi (che sono tra le cose migliori, come la lunga nuotata di Matthias, tra plongée aeree e riprese subacque, accompagnate dalla musica di pianoforte). Se i lirismi sono dosati con accortezza, la tensione non arriva mai a farsi oppressiva. E il film finisce per restare un flusso discontinuo e disomogeneo di episodi, dalla struttura irregolare, privi di asperità come di armonia. Una sorta di jam session per due strumenti e orchestra, dove due melodie distinte si alternano senza prendere il sopravvento, interrompendosi poi quasi all’improvviso.
cast:
Xavier Dolan, Harris Dickinson, Anne Dorval
regia:
Xavier Dolan
titolo originale:
Matthias & Maxime
distribuzione:
Lucky Red
durata:
119'
produzione:
Sons of Manual
sceneggiatura:
Xavier Dolan
fotografia:
André Turpin
scenografie:
Geneviève Boivin
montaggio:
Xavier Dolan
costumi:
Xavier Dolan, Pierre-Yves Gayraud
musiche:
Jean-Michel Blais