Ondacinema

recensione di Davide Spinelli
7.5/10

Pablo Larraín torna a Venezia e amplia il suo personalissimo biopic cinematic universe. Questa volta, dopo la sperimentazione dell'horror-comedy "El conde" dello scorso anno dedicata alla nemesi di Pinochet, il regista cileno triplica la sottoserie al femminile iniziata con "Jackie" e proseguita con "Spencer". L'affresco degli ultimi giorni di vita di Maria Callas (Angelina Jolie) in "Maria", tra partite a carte con il maggiordomo Ferruccio (Pierfrancesco Favino) e la governante (Alba Rohrwacher), ultime interviste e passeggiate per una "ville lumiére" luminosa ma impalpabile, segna e raccorda l'ideale trilogia iniziata con il ritratto di Jackie Kennedy nel 2016. Non solo, per molti aspetti, "Maria" sembra superare e stravolgere gli "studi interiori" del regista. Se, infatti, i personaggi di Jackie e Lady Diana erano catturati nel loro dramma esistenziale (e coniugale), la Callas di Larraín vive una dimensione aspecifica, che è madre-matrigna di questo ultimo lavoro del regista, in cui il metadiscorso artistico – cioè, riguardo la perdita del dono, la voce, che l'ha resa immortale – ribalta ancora una volta le regole del biopic classico: la ricostruzione cronologica è soffocata dalla riscrittura continua e patologica in salsa saramaghiana che opera la memoria sul ricordo. Questo elastico mnemonico è fotografato dalla camera che allunga e accorcia, tra movimenti apparenti, zoom lentissimi, e campi lunghi stretti nel domestico, nell'appartamento-prigione parigino che la diva vive con ossessione.

L'evanescenza di "Maria", se da un lato, come detto, offusca la programmazione emotiva che anima sia "Jackie" sia "Spencer", dall'altro avvolge la pellicola di una patina impermeabile che rivela, a differenza dei biopic precedenti, le difficoltà di scalfire la protagonista oltre la superficie che tutti conosciamo. Larraín costruisce la diegesi attorno a questa barriera e indovina la possibilità di scalfirla sia dall'esterno che dall'interno. Allora, la dissolvenza ruba i contorni dei personaggi, le analessi ricostruiscono le sottotrame, la nemesi di Onassis (Haluk Bilginer) diventa l'ennesima ossessione, anche lui, come la voce, perduto. In questo senso Larraín alimenta un paradosso, quella della perdita, in cui Maria è vittima e carnefice, in un gioco di doppi che avviluppa la trama su stessa, perché non può scappare, come dice al presidente Kennedy, "Io e lei facciamo parte di quel ristretto gruppo di persone che ovunque vadano nel mondo non possono scappare".

I primi piani di Jolie restituiscono un immaginario scultoreo della diva, che gioca con pose, camminate e movenze racchiuse in figure intere, e controcampi che indugiano sul trucco magnetico della diva. Al contempo, l'immagine invecchiata, anch'essa patinata, a tratti corpuscolare, che ricorda quella usata sempre da Edward Lachman in "Carol", imposta una messa in scena come sempre controllatissima che media, dunque, il controllo formale e il terremoto emotivo. È proprio questa contrapposizione che in "Maria", a differenza dei biopic precedenti, sembra esplodere più frequentemente. La pellicola, infatti, si dimostra la più incontrollata delle tre, e a tratti sfugge di mano a Larraín proprio per il suo contenuto inafferrabile - la diva, quindi, resta in controluce, di spalle. Qui Larraìn rivela che questo studio interiore è lo studio dell'epifenomenologia della Callas, della sua comprensione che ci arriva solo per riflesso, in controluce appunto, mai direttamente. 

Di conseguenza, in "Maria" il processo interpretativo resta diacronico e induce un discorso sull'arte in stile baudelairiano, tra ciò che è ricezione e ciò che è pensiero. Ecco, allora, che l'immagine in controluce è il marchio del lavoro di Larraín assieme allo sceneggiatore Steven Knight: sovrascrivere non il reale ma la mente, plasmare, dunque, le eterotopie che abbondano negli ultimi giorni de "La Callas" e tracciare una contro/anti-biografia.


29/08/2024

Cast e credits

cast:
Alba Rohrwacher, Pierfrancesco Favino, Angelina Jolie


regia:
Pablo Larrain


distribuzione:
01 distribution


durata:
123'


produzione:
The Apartment (Lorenzo Mieli, Annamaria Morelli), Komplizen Film (Jonas Dornbach, Janine Jackowski,


sceneggiatura:
Steven Knight


fotografia:
Ed Lachman


scenografie:
Guy Hendrix Dyas


montaggio:
Sofía Subercaseaux


costumi:
Massimo Cantini Parrini


musiche:
Mac Ruth, Lars Ginzel


Trama
Maria racconta la tumultuosa, tragica e bellissima storia della vita della Callas la più grande cantante lirica del mondo, rivisitata e reinterpretata durante i suoi ultimi giorni nella Parigi degli anni Settanta.