Ondacinema

recensione di Diego Testa
7.0/10
Manuel, raggiunta la maggiore età, esce dalla casa famiglia cattolica in cui è cresciuto e deve assumersi la responsabilità di fare da garante per gli arresti domiciliari della madre. Quella di Manuel è una rifondazione della propria persona; in attesa di uscire dalle mura che lo hanno accolto, sembra soffocare all'idea di respirare la possibilità di essere autonomo, evidentemente spaventato, sottovaluta la capacità di poter portare sulle spalle il peso delle nuove responsabilità.

Dario Albertini, al suo primo lungometraggio, si accosta alla forma documentaristica che gli è cara ("La Repubblica dei ragazzi") per applicarla al racconto di finzione, attingendo dai temi sociali delle sue prime ricerche sugli istituti per minori. "Manuel" abita la terra di confine che sta dando accoglienza a tanto nuovo "cinema della verità" nostrano, la cui anima risiede tra la realtà mediata e recitativa delle cronache di Gianfranco Rosi ("Sacro Gra") e la laconica drammaturgia della borgata periferica di Claudio Caligari ("Non essere cattivo"). Nell'opera di Albertini, la finzione è relegata nelle forme schematiche delle scene di raccordo che muovono Manuel da un incontro all'altro, come un ballo tra le baracche o una passeggiata sul lido; a questi segmenti seguono momenti fortemente dialogici sui quali l'occhio di Albertini si poggia per entrare nelle cose, restituendole alla loro rappresentazione più pura e al contempo impoverita degli artifici del cinema. Il campo-controcampo viene rigettato in favore di lunghe sequenze unitarie che impongono alla mdp di muoversi ritmicamente tra i soggetti senza stacchi, processando l'intimo raccoglimento di un'intervista.
I long take, così come il piano sequenza in apertura, sono contenitori narrativi, forme di visione naturalizzanti, ma al contempo approccio contenutistico al dispiegarsi del racconto di (ri)formazione, deformato dal documentato piuttosto che dal narrato.

L'intento veristico è raggiunto, vista anche la necessità di dare risalto al localismo con le sue parlate e i palazzoni negli ultimi tempi di nuovo importante per il cinema italiano (da "Gomorra" a "A Ciambra"), ma non rimane costante: la sequenza da videoclip in discoteca, ancora una volta tra montaggio serrato e piano sequenza, si insinua come un corpo estraneo invadente e perfettamente logico; invece l'onirismo del tuffo in mare, quale metafora di un grido soffocato prima del tentativo di abbandonare le nuove incombenze, risulta appiccicato e derivativo. Sono gli unici atti che esulano dalla struttura, si concedono all'alterazione di una semplicità di immagini e parole fin lì rispettata, compresa la trama. Albertini trova l'equilibrio proprio tra semplicità e solidità, pur scontando qualche mancanza di profondità nel legame con la madre, uno dei momenti principali insieme all'uscita dall'istituto e al tentativo di fuga.

Del Bildungsroman vengono scandite le tappe, per l'appunto selezionate negli incontri di Manuel: silenziosi quando incontra le donne, che siano amiche, nuovi amori o esperienze di crescita sessuale; dialogati e impacciati con l'autorità burocratica; commossi con persone a lui affini e con la madre. "Manuel" però si ferma un attimo prima della manipolazione romantica della scrittura a cui concede qualche didascalismo in fase di dialogo, semplificando i caratteri umani ma dedicandogli credibili "segni" di rassegnata umanità (i cerotti ai polsi di una compagna di istituto, il vizietto di un uomo sposato); l'intento è quello di abbandonare la prospettiva analitica da cinema sociologico eppure ovviare alle facili letture patetiche del percorso di formazione attraverso atti di imprevedibile naturalezza. Da qui la conclusione spezzata con tanto di sguardo in macchina a sancire la fuorviante realisticità di un punto di vista pur sempre mediato dalla videocamera e maneggiato dalla finzione sceneggiativa (scrittura condivisa da Albertini e Simone Ranucci).

04/05/2018

Cast e credits

cast:
Andrea Lattanzi, Francesca Antonelli, Renato Scarpa, Giulia Elettra Gorietti, Raffaella Rea


regia:
Dario Albertini


distribuzione:
Tucker Film


durata:
97'


produzione:
BiBi Film Tv


sceneggiatura:
Dario Albertini, Simone Ranucci


fotografia:
Giuseppe Maio


scenografie:
Alessandra Ricci


montaggio:
Sarah McTeigue


costumi:
Virginia Barone


musiche:
Ivo Parlati, Dario Albertini, Sarah McTeigue, Michael Brunnock


Trama
Manuel, maggiorenne, lascia l'istituto in cui ha vissuto per anni, apparentemente libero, lo aspetta il mondo fuori: la madre in carcere, la ricerca di un lavoro, i vizi delle vecchie amicizie.
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