Ondacinema

recensione di Giancarlo Usai
8.5/10

Scrivere, ragionare, parlare di "Non essere cattivo" sono azioni che implicano una certa dose di dolore. Ma non c'è da stupirsi, dato che dietro la macchina da presa c'è Claudio Caligari, un maestro vero, abbandonato dall'industria cinematografica italiana, nonostante con un pugno di documentari e due lungometraggi avesse già fatto capire che il suo nome meritava ampiamente di essere consegnato alla storia del nostro cinema. Il dolore provocato dalla visione del suo terzo, magnifico, indimenticabile film è stratificato e agisce sotto molteplici aspetti. C'è quello, ovvio e dovuto, per il rimpianto che ci provoca la consapevolezza che Caligari è morto troppo presto, nel pieno di una sua pienezza artistica che avrebbe potuto regalarci perle di rara bellezza ancora per molti anni; c'è poi il dolore dato dalla storia narrata in sé, stupefacente nel suo procedere in perfetto equilibrio tra il crudo realismo pasoliniano con cui sono immortalati i protagonisti e un poetico e straziante sapore da melodramma di periferia, capace di strappare il cuore anche allo spettatore più duro di sentimenti e frantumarlo in mille pezzetti; c'è, infine, un'annotazione malinconica su un cinema fuori dal tempo e fuori dalle mode, così introvabile in Italia, un cinema fatto di attenzione al dettaglio tecnico, alla messa in scena complessiva, al dosaggio delle interpretazioni. Un cinema che Caligari ha potuto incidere su pellicola, purtroppo per chi lo ha amato, soltanto tre volte nell'arco di un trentennio, un vero delitto se pensiamo che tutto ciò ha prodotto "Amore tossico" (stupendo dramma sulla dipendenza da droghe negli anni 80) e "L'odore della notte" (vero capolavoro noir, ambientato nella periferia più oscura di Roma), prima, appunto, di "Non essere cattivo".

Ma andiamo per ordine. È una Ostia di metà anni 90, quella che Caligari disegna con precisione certosina fin dalla prima panoramica sul lungomare autunnale, un non luogo per eccellenza: il lido della Capitale ripreso allo spegnersi delle luci estive. Lì, tra il nulla e il vuoto, c'è la storia di Cesare e Vittorio, amici per la pelle da quando erano ragazzini, che tentano strenuamente di dare un senso alle loro giornate sballandosi in continuazione e inframmezzando il rito del "farsi" con piccole attività illecite, utili giusto per comprare la prossima dose da "spararsi". Qualche spaccio al molo, qualche truffa facile facile, magari qualche scippo o rapina non troppo rischiosi. Questa è la loro vita, costellata di presenze simili a loro: giovani e meno giovani emarginati da un progresso che li ha relegati ai margini della società, scarti umani che provano a sopravvivere all'ombra della Roma ripulita dei primi anni 90.

L'ironia sorniona con cui Caligari pennella i caratteri dei due protagonisti, interpretati divinamente da Luca Marinelli (attore ormai di classe superiore) e la sorpresa Alessandro Borghi (eccezionale anche lui), non tradisce mai un realismo di borgata che penetra nel cervello e nelle ossa dello spettatore. C'è un'attinenza al vero quasi annichilente per la naturalezza con cui viene immortalata dall'occhio della cinepresa del regista nativo di Arona. Intorno a Cesare e Vittorio ci sono storie di dramma comune: una ragazza madre alle prese con la sopravvivenza economica, l'Aids che ha colpito la sorella di Cesare e, purtroppo, anche la figlioletta, i cantieri sempre aperti, appaltati a operai di varie nazionalità sempre in nero, in cui si lavora oggi sì e domani forse. E poi il senso di noia e inutilità sempre opprimente: lo si sente quando si guarda il mare, quando ci si siede al bar dell'angolo dove ci si ubriaca prima della sniffata del giorno, quando si torna a casa all'alba con gli occhi a palla per troppe allucinazioni che sembrano sempre più lontane quando il sole si alza all'orizzonte. Caligari evita le trappole alla "Trainspotting", non fa un ritratto di gruppo di "gente drogata". No, la sua opera vola altissimo dal primo all'ultimo minuto: la sua ambizione è quella di creare un vero romanzo di vita vissuta, un affresco corale di una gioventù bruciata non per amore della trasgressione ma perché giocoforza costretta a recitare nella comunità il ruolo di coloro che sono emarginati.

Caligari gira con freddezza e padronanza registica come un Martin Scorsese nostrano (e d'altronde il cineasta americano è sempre stato un riferimento imprescindibile per lui). Suggestive e mozzafiato sono le sequenze dello sballo notturno, con ralenti, montaggio frenetico, carrellate eleganti e mai inopportune. A rompere il ritmo vertiginoso delle serate "stupefacenti" ci sono gli squarci sentimentali sulle difficoltà emotive dei protagonisti: non è facile volersi bene e amarsi al tempo della droga, non è cosa semplice esternare le proprie emozioni alle persone vicine quando si è sotto effetto di cocaina o eroina. Ma anche in questo, Caligari non perde la bussola, controlla i battiti del cuore e non altera mai il realismo del suo dramma: amore, litigi, separazioni, amicizia di sangue, tutto in "Non essere cattivo" è possibile, è autentico, commovente nella sua semplicità.

I due amici a un certo punto si dividono, poi si ritrovano, poi si riperdono: uno dei due prova a diventare finalmente adulto, a ripulirsi, a lavorare come manovale; l'altro sprofonda senza freno, non riesce a disintossicarsi, comincia a compiere reati sempre più gravi. Una divisione di strade che non rompe il cordone ombelicale che li lega da vent'anni e che Caligari riesce sempre a mettere in scena con un tocco che davvero strazia il cuore. Il passaggio dalla cocaina alle pasticche è come un passaggio del testimone a un'altra epoca: novità del nuovo millennio si affacciano alle porte di questa tristissima eppure bellissima Ostia, un finale aperto lascia il dubbio sul futuro di questa generazione sbandata. Riusciranno a farcela? Riusciranno a vivere la vita senza venirne annientati? Caligari questo non lo dice in "Non essere cattivo" e purtroppo non lo dirà mai in nessun prossimo film. Ma quello che ci dona fino ai titoli di coda è già tantissimo e abbiamo il dovere di custodirlo nel modo più amorevole possibile.
Insomma, un film grandioso. Un difetto? E sia, troviamolo: l'ultima inquadratura dura trenta secondi di troppo.


14/09/2015

Cast e credits

cast:
Luca Marinelli, Alessandro Borghi, Silvia D Amico, Roberta Mattei, Valentino Campitelli


regia:
Claudio Caligari


durata:
100'


produzione:
Kimerafilm, Taodue Film, Andrea Leone Films


sceneggiatura:
Claudio Caligari, Francesca Serafini, Giordano Meacci


fotografia:
Maurizio Calvesi


scenografie:
Giada Calabria


montaggio:
Mauro Bonanni


costumi:
Chiara Ferrantini


Trama
È la storia di Cesare (Luca Martinelli) e Vittorio (Alessandro Borghi), legati da «una forte amicizia virile. È un legame che resiste anche quando separano i loro destini, Vittorio cerca di salvarsi e di integrarsi attraverso il lavoro, mentre Cesare affonda nell’inferno della droga e dello spaccio, finché durante una rapina viene ferito. Non essere cattivo è ambientato a metà degli anni Novanta, perché, secondo il regista, «come Pasolini aveva intuito, è il momento in cui muore il mondo pasoliniano".