A dispetto di un curriculum che lo ha visto non solo regista ma anche talent scout, con rassegne che hanno fatto conoscere in Italia le prime opere di un regista del calibro di Krzysztof Kieślowski, Davide Ferrario nel corso della carriera ha mostrato un approccio diretto e mai mediato rispetto alla materia dei suoi film, sperimentando generi e formati sempre concentrati sul fattore umano e sull'ambiente che lo influenza. Ed è proprio questo determinismo energetico e geografico ad ispirare il suo nuovo lavoro intitolato "La luna su Torino". Già il titolo è indicativo del connubio che sta alla base del film: la capitale sabauda, ancora una volta protagonista dopo le incursioni di "Tutti giù per terra" e "
Dopo Mezzanotte", e poi la Luna, influenza celeste che sintonizza il
mood del racconto, conferendogli quel misto di romanticismo e levità di cui sono intrise le esperienze dei tre protagonisti, due ragazzi e una ragazza che si dividono una villa immersa nello splendido scenario della collina torinese. Giulio quarantenne perdigiorno passa le sue giornate tra una lettura di Leopardi ed escursioni in bicicletta per le vie della città, Maria aspirante attrice è impiegata in un'agenzia di viaggi che assomiglia a un club per cuori solitari e, infine, Mario, studente di lettere che lavora in un bioparco dove animali e persone convivono in piena armonia. Tutti e tre sono alla ricerca di qualcosa che gratifichi le loro aspirazioni, l'amore probabilmente, il senso della vita sicuramente.
Mettendo a frutto esperienza artistica - il documentario innanzitutto - e motivi personali, Davide Ferrario riscrive a suo modo la mappa urbanistica della città operando in una direzione di vera e propria rivalutazione degli spazi abitativi. In questo modo i luoghi della mondanità classicamente intesi, pur presenti, rimangono laterali per fare largo a strutture di una Torino alternativa e post-olimpica che, nel mix di prospettive sfuggenti e di geometrie avveniristiche, si trasforma in puzzle surreale e cubista, in cui le divagazioni dei tre personaggi diventano il mezzo per raccontare lo spirito di una città proiettata verso il futuro - la metafora del 45° parallelo in cui Torino si colloca e che la collega al resto dell'ecumene - ma saldamente ancorata alla sua identità, presente nei ricordi e nelle abitudini dei vecchietti che Giulio va a trovare durante i suoi raid quotidiani.
In tale sipario la realtà si frantuma in un'esplosione di fantasie pirotecniche in cui entrano in gioco suggestioni letterarie - non solo quelle derivate dalle parole del sommo poeta mai come oggi così in voga, ma anche di Giulio intento a scrivere il romanzo di una gioventù percepita nella sua indeterminatezza - e passione cinefila, inserita attraverso il personaggio di Maria, appassionata di cinema muto, consumato con un'immedesimazione che prende forma nei trasfert ad occhi aperti in cui la ragazza si sostituisce alle dive dello schermo per sublimare i tormenti della sua irrequietezza.
Alle prese con un soggetto di sublime inconsistenza per l'esilità di una trama che procede per assonanze sentimentali e slanci emotivi, "La luna di Torino" dà vita a una piacevole anomalia, diventando poesia con una profondità che si nutre di divertimento (basterebbe il filone dedicato al rapporto tragicomico tra Giulio e le donne) e di una libertà di cui è manifesto la sequenza d'apertura, quella che trasforma la ricognizione notturna effettuata in assenza di gravità in una danza di traiettorie che sembrano definire l'essenza stessa del film. Insieme a questo il merito di aver proposto la novità dei volti di Walter Leonardi, Manuela Parodi ed Eugenio Franceschini, perfetti nel convertire la freschezza delle prime volte nella contagiosa ingenuità dei personaggi.
Passato al
festival fuori concorso, il film è stato molto applaudito al termine della proiezione. Un buon auspicio per l'uscita nelle sale, annunciata per il marzo del prossimo anno.
19/11/2013