Zoran e Ludovic Boukherma, i registi di "Leurs Enfants Apres Eux", in concorso a Venezia 81, hanno realizzato forse il film più "totale" della mostra a livello tematico – assieme a "The Brutalist". La storia è quella di un coming of age corale, ambientato verso la fine degli anni 90 in una provincia industriale nell'est della Francia. Al centro della scena c'è l'adolescente Anthony (Paul Kircher), la famiglia disfunzionale in cui vive, con una madre passiva, Hélène (Ludivine Sagnier), e un padre violento (Gilles Lellouche); e poi c'è Steph (Angelina Woreth), la ragazza di cui Anthony si innamora per la prima volta.
"Leurs Enfants Apres Eux" è un film ben realizzato, formalmente impeccabile, che gestisce un materiale narrativo enorme (tratto dall'omonimo romanzo di Nicolas Mathieu), e gradualmente cerca di restringere il fuoco diegetico, come la regia fosse un narratore esterno, onnisciente, che guida lo spettatore. Dalla sequenza lirica della fine - il padre che si abbandona a sé stesso (annega nel fiume) e ammette il fallimento -, alla tensione del duello sociale tra Anthony e il coetaneo immigrato, che si sfidano ripetutamente nel corso della pellicola. Proprio da questo confronto, infatti, scaturisce l'innesco narrativo della storia, la classicissima pistola che spara alla Čechov, ossia il furto della moto del padre di Anthony, che quest'ultimo ha usato per andare di nascosto a una festa con suo cugino, dove conoscerà anche Steph.
Da qui in avanti, i fratelli Boukherma costruiscono un'arena sociologica attorno al concetto di provincia e all'idea che la mitomania la faccia da padrone per provare a sopravvivere. È quello che dirà Steph ad Anthony nell'epilogo del film e del loro affair: "tu ti fai troppi film nella testa". La provincia, in questo senso, funziona da catalizzatore, da attrattore, a cui Anthony non riesce a sottrarsi, come lo fagocitasse, persino dopo che ha intrapreso la strada della leva obbligatoria. Rimane, appunto, la finzione, il brivido dell'inconsapevolezza e, parallelo, il dramma dell'incomunicabilità, il grande tema del film, riassunto nella scena in stile "Taxi Driver", in cui il ragazzo, con la pistola in mano (pronto a vendicarsi della moto), parla con sé stesso allo specchio. Meglio, insomma, restare nell'incantesimo dell'adolescenza, vedere la realtà il meno possibile, dietro all'acconciatura di Anthony che gli copre sistematicamente gli occhi e che la camera fotografa di continuo, asfissiante.
Tuttavia, sempre dal furto della motocicletta, la pellicola insegue un climax vorticoso, inarrestabile, che è il problema irrisolto di "Leurs Enfants Apres Eux". Infatti, se da un lato il film di Boukherma ha il merito di depotenziare il mito della ricerca dell'originalità, della novità, dall'altro, però, il carico drammatico, spesso, schiaccia e soffoca la storia. Ne sono un esempio le musiche cult degli anni 90, da "Born to Run" ai classici degli Aerosmith, che saturano esasperatamente ogni snodo emotivo della storia e smorzano l'istintività genuina e incontrollata di quegli anni. Forse, insomma, i Boukherma sono inciampati proprio nella loro intenzione "totale", di fare un film per tutti, su tutti, ma l'adolescenza è solo di chi la vive, con le sue ucronie.
cast:
Ludivine Sagnier, Gilles Lellouche, Sayyid El Alami, Angelina Woreth, Paul Kircher
regia:
Ludovic e Zoran Boukherma
titolo originale:
Leurs enfants après eux
durata:
144'
produzione:
Trésor Films (Alain Attal), Chi-Fou-Mi Productions (Hugo Sélignac)
sceneggiatura:
Ludovic Boukherma, Zoran Boukherma
fotografia:
Augustin Barbaroux
scenografie:
Jérémie Duchier
montaggio:
Géraldine Mangenot
costumi:
Clara René
musiche:
Amaury Chabauty