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recensione di Davide Spinelli
7.0/10

Presentato a Venezia80, l'ultimo lavoro di Stephane Brizé "Le occasioni dell'amore" è un melò francesissimo, ambientato tra le spiagge della penisola di Quiberon e le stanze della Thalasso Spa in cui si rifugia il protagonista Mathieu (Guillaume Canet), noto attore di cinema, alla ricerca della sua voce interiore. Tra una chiamata con la moglie, un corso di respirazione, un trattamento drenante per le gambe, rincontrerà Alice (Alba Rohrwacher), con la quale ha avuto un'intensa storia d'amore molti anni prima.  

Fuori stagione

Il titolo originale francese (tradotto malissimo) è la miglior ermeneutica del film. "Hors-saison", infatti, che significa letteralmente "al di là della stagione", o semplicemente "fuori stagione", rappresenta l'esistenzialismo che accompagna il secondo tempo della storia tra Mathieu e Alice: mentre camminano d'inverno sulle spiagge (turneriane) della Bretagna, tra le sale deserte della Spa, quando discutono di un amore vecchio quindici anni, nella prossemica di chi conosce ancora il corpo dell'altro.

La pellicola di Brizé è ferocemente sartriana. Da un lato compone un quadro polifonico di sguardi, ammiccamenti, sorrisi, gesti approssimati, dall'altro riduce la trama a un livello esclusivamente idiosincrasico. In "Le occasioni dell'amore" non c'è spazio per l'universalità della storia d'amore, è tutto contenuto nell'incomprensione di due essere umani che sfidano la stagionalità dell'amore appunto. Lui è sposato, lei anche: non si capisce fino in fondo se entrambi, dopo così tanto tempo, riconoscano nell'altro la possibilità di evadere dalla propria inettitudine, o rimpiangano "un'educazione sentimentale" (per scomodare Flaubert) mai del tutto raggiunta. In questo senso, l'unica scena di sesso diventa un rituale d'addio marqueziano. Nel film, Brizé rimuove gradualmente ogni componente sonora; siamo di fronte a un amplesso muto, che ha forma ma non spazio (sonoro). L'idea, per certi versi simile, che ritroviamo anche nell'epifania sessuale che chiude "Anora", la Palma d'oro di Sean Baker.
È una sequenza, quest'ultima, che meglio di altre traspone i movimenti interiori che dominano la partitura del film. Al contrario, per esempio, di "Past Lives", in cui i due protagonisti tracciano una geografia della memoria, nel film di Brizé la tensione tra Alice, Mathieu e ciò che li circonda, implode, forma, cioè, una geometria del ricordo. È come se il regista ribaltasse il leitmotiv di "Ricordi?": in "Le occasioni dell'amore", Brizé mette in scena una vera e propria cronologia, intesa come "studio del tempo" e non come "scorrere del tempo". Da questo punto di vista, l'universalità di cui si diceva prima, segue un ritmo ritroso, che non espande ma concentra su sé stessa, come le onde dell'Atlantico che si avvicinano e ritraggono i propri margini. Alice lo ammette in modo chiaro: "rimpiango di non essere mai ripartita".



Il senso di una fine

Il gusto francese del film è riassunto nella scena in cui Mathieu non riesce a spegnere la macchina da caffè. A seguire, lo stesso Mathieu piange sulla poltrona, in preda a una sorta di crisi isterica, ossia il sintomo di un malessere aspecifico che forse è il vero motore dell'intera storia. È proprio la necessità di vivere il dolore, d'altronde, che spinge Alice a ricontattare Mathieu. Dopo un solo incontro interlocutorio, si va dritti al punto, a indagare "le conseguenze dell'amore" (più che "le occasioni"): perché lui l'ha lasciata di punto in bianco? 

Il film soffoca i "Dieci inverni" di Mieli, comprime la dimensione intimista e parallelamente informa un'architettura formale che dilata i tempi. Da questo punto di vista, le musiche onnipresenti di Vincent Delerm incollano un montaggio a singhiozzo, tra long shots e colpi di camera, a restituire una dimensione spaziale e sonora – sottratta solo durante l'amplesso – inafferrabile, nebulosa.
È, d'altra parte, proprio questa ostentata ricercatezza formale che talvolta risulta indigesta. Se, infatti, da un lato ribadisce la dicotomia su cui Brizé costruisce la storia – superficiale versus profondo -, dall'altro pasticcia quel "senso di una fine" di cui il film va cercando le fila; eppure, Julian Barnes, l'autore del famoso romanzo omonimo, scriveva proprio che "la storia è quella certezza che prende consistenza là dove l'imperfezione della memoria incontrano le inadeguatezze della documentazione". Insomma, l'armentario formale – evidente è l'uso/abuso delle carrellate laterali o del plongée – evoca, ma, al contempo, a tratti sembra amministrativo, mimetico di un'inconsistenza latente (la metarecita ornitologica su tutte).

Ciò detto, il film di Brizé ha il merito di raccontare una storia che conosciamo benissimo da una prospettiva inedita, o quantomeno infrequente. Come detto, tra Alice e Mathieu non c'è alcun "corteggiamento bis", il loro incontro scava una voragine verso il profondo, attorno a cui il regista francese si diverte a ricamare e rimestare (spesso troppo) la superficie. Non c'è, però, alcun conflitto nell'abisso, non sono cioè "In guerra" per citare il più famoso film di Brizé. Al contrario, i due protagonisti, nelle lunghe sequenze dialogiche, sono per lo più ritratti insieme: nei campi e controcampi il regista non usa mai il close-up, non esclude mai la visone d'insieme (figura in alto). È forse l'intuizione (tra le tante) più ispirata di "Le occasioni dell'amore", riprendere il famosissimo verso di John Donne, "No Man is an Island". Con la stessa lucidà, Brizé, nel dialogo che chiosa il film – Alice chiede a Mathieu di prometterle che non tornerà mai più a Quiberon - usa il primo piano: i due sono divisi, nuovamente nella loro stagionalità, protagonisti di una crasi pop. Da una parte l'ineluttabilità marqueziana de "L'amore ai tempi del colera", dall'altra l'epilogo catartico di "Fleabeg", la serie cult di Phoebe Waller-Bridge, in cui il prete, rivolgendosi alla protagonista che dice di amarlo, risponde "passerà". Ecco, non sempre.


29/12/2024

Cast e credits

cast:
Alba Rohrwacher, Guillaume Canet


regia:
Stéphane Brizé


titolo originale:
Hors-saison


distribuzione:
I Wonder Pictures


durata:
115'


produzione:
Gaumont, France 3 Cinéma


sceneggiatura:
Stéphane Brizé, Marie Drucker


fotografia:
Antoine Heberlé


scenografie:
Mathieu Menut


montaggio:
Anne Klotz


costumi:
Caroline Spieth


musiche:
Vincent Delerm


Trama
Mathieu è un famoso attore parigino di mezz'età, Alice un'insegnante di pianoforte di dieci anni più giovane che vive in una piccola località di mare bretone. I due, che non si vedono da quando si sono lasciati 15 anni prima e nel frattempo si sono rifatti una vita, si rincontrano...