Ondacinema

recensione di Giancarlo Usai
6.5/10

Famiglia. Quando si pensa al cinema di Hirokazu Kore'eda, ormai, si rischia di far scattare un automatismo intellettuale per cui, tutto sommato, il suo cinema ruota semplicemente attorno a questo nucleo umano. La definizione di quest'arte intima e al tempo stesso universale, però, risulta estremamente semplificatrice di una capacità nell'osservare la contemporaneità che ha pochi eguali nel mondo. L'opera del cineasta giapponese, infatti, è innanzi tutto rivolta a una contemplazione del reale nel suo complesso, dalle ambiguità della vita pubblica alle difficoltà di quella privata. Il suo concetto di famiglia, così trasversale e plasmabile a seconda delle situazioni, diventa allora conseguente a quanto appena detto: le relazioni intime dei personaggi nati dalla sua penna (Kore'eda è prima di tutto sceneggiatore dei suoi film) sono l'estremo rifugio all'avanzare degli ostacoli esterni. Una premessa doverosa per contestualizzare anche questo "Broker - Le buone stelle", seconda sortita estera dell'autore di "Father and Son" dopo "Le verità" girato in Francia. E anche stavolta, elemento assolutamente degno di interesse, la trasferta di Kore'eda permette di riflettere su come egli ami la sfida del rapporto con l'industria cinematografica. Partito da un cinema low cost nel suo Giappone, il Maestro si è poi confrontato con le due realtà produttive forse più vive di questo ultimo decennio, la Francia, per l'appunto, e adesso la Corea del sud.

Tralasciando l'annotazione secondo cui la Hollywood dell'Estremo Oriente ormai è in grado di attrarre a sé grandi talenti invece che rischiare di perdere i suoi a favore dell'impero cinematografico americano, "Broker" ha la sua principale fonte d'interesse in un punto specifico: verificare se e come la poetica di un grande regista resista all'impatto con esigenze esterne alla sua arte. In questa sorta di sfida, va considerato che una produzione indirizzata a un pubblico slegato dal circuito festivaliero richiede alcuni elementi imprescindibili; il primo è la presenza di alcuni volti riconoscibili e in questo si spiega la scelta caduta sul divo di casa Song Kang-ho per il ruolo del protagonista; il secondo è costituito dalla necessità di costruire una narrazione principale che sia in grado di assicurare un certo ritmo di eventi messi in scena. Ecco come spiegare l'artificioso meccanismo da road movie che, in buona parte, pare costringere la macchina da presa del regista giapponese a inquadrare spazi non suoi, in un tentativo di ibridare la sua poetica dentro gli stringenti requisiti di una narrazione di genere. Sgombriamo subito il campo dagli equivoci, è vero ciò che è stato sostenuto al momento della sua proeizione a Cannes: "Broker" ha evidenti segni di debolezza proprio in questo racconto che deve procedere per tappe forzate, in un pellegrinaggio su e giù per il Paese alla ricerca del "compratore" giusto e, in secondo luogo, in una esasperata riscrittura del soggetto già ampiamento conosciuto con "Un affare di famiglia", lo splendido trattato per immagini che ha fondamentalmente codificato l'arte di Kore'eda agli occhi del mondo. Viene qui riproposto il teorema della famiglia intesa non come legame di sangue ma come ideale intesa di affetto, con un gruppo di persone accomunate in un modo o nell'altro dalla sensazione di mancanza nella loro esistenza. Questa mancanza viene quindi colmata con la creazione di una famiglia nuova, altra, alternativa: un legame che unisce i due "broker", la giovane mamma-prostituta, un bambino fuggito da un istituto e, persino, una coppia che tenta di acquistare il neonato oggetto della vicenda e infine la poliziotta che è sulle tracce dei due mediatori fuorilegge. Ognuno di loro, secondo lo sguardo di Kore'eda, contribuisce in qualche modo alla creazione di un nucleo familiare insolito e disfunzionale, eppure fondato su un vero vincolo sentimentale. A ogni modo, dietro le debolezze di un'operazione comunque di compromesso, il cinema del Maestro ancora trova il modo di emergere; lo fa nelle spigolature di uno script che cerca di scandagliare angoli ancora nascosti (ad esempio, mentre in "Un affare di famiglia" il gruppo umano descritto si scopre a ritroso con una sorta di effetto colpo di scena, qui la connessione intima tra i protagonisti si va costruendo in corso d'opera). Oppure ancora, intuiamo la delicatezza dei momenti migliori nel sapiente uso del montaggio di alcune sequenze fra le più significative (su tutte, il finale al parco che, pure, non fa altro che rileggere immagine per immagine quanto già mostrato nelle precedenti uscite cinematografiche più ispirate) e nella colonna sonora (anch'essa, fondamentalmente derivativa dei motivi al piano che hanno accompagnato le altre opere del regista).

"Broker" va osservato secondo due categorie di riflessione, il rischio e l'opportunità. Il rischio è dato da una perdita di valore dello sguardo autoriale che, pur insistendo e sviscerando nuovi punti di osservazione su un determinato tema caro al cineasta nativo di Tokyo, può arrivare a smarrire la spinta alla novità, a quell'aggiunta costante di elementi, uno sull'altro, che hanno caratterizzato il continuo arricchimento del suo cinema. L'opportunità, ma potrebbe essere anche la curiosità, sta invece nella possibilità dell'incontro fra culture, nell'occasione di sperimentare fusioni di stili e pensieri. L'arte di Kore'eda al cospetto di un'organizzazione produttiva distante dal suo Giappone "di frontiera" è sicuramente qualcosa di diverso rispetto a quanto eravamo abituati a vedere. L'auspicio, semmai vi saranno ulteriori capitoli di questi incontri, è che non si perda quel valore politico e sociale del suo trattato familiare, perché in questi personaggi che scelgono di appartenere a un gruppo umano, anziché rassegnarsi all'idea di un legame solo basato sul sangue, c'è un che di rivoluzionario e combattivo che non va perduto, una volontà di affrontare avversità e ostacoli attraverso l'idea dell'aggregazione di affetti. Una novità attesa e dirompente può terrorizzare, se si è indigenti e senza alcuna prospettiva di futuro; ma con degli alleati lungo il percorso incute meno timore.


30/10/2022

Cast e credits

cast:
Song Kang-ho, Gang Dong-won, Bae Doo-na, IU , Lee Joo-young


regia:
Hirokazu Kore-eda


titolo originale:
Beurokeo


distribuzione:
Lucky Red, Koch Media


durata:
129'


produzione:
Zip Cinema


sceneggiatura:
Hirokazu Kore-eda


fotografia:
Hong Kyung-pyo


scenografie:
Lee Mok-won


montaggio:
Hirokazu Kore-eda


costumi:
Choi Se-yeon


musiche:
Jung Jae-il


Trama
Una baby box è un piccolo spazio dove i genitori possono lasciare i loro bambini in modo anonimo. Sang-Hyun trova nuovi genitori per i bambini lasciati in una baby box e fa una sorta di patto speciale con loro, denaro compreso. Si definisce un mediatore di buona volontà. Sang-Hyun lavora con Dong-Soo. Un giorno, i due vengono rintracciati da So-Young, che ha lasciato il suo bambino in questa scatola, ma lo vorrebbe indietro. Nel frattempo, il detective Soo-Jin e il detective Lee inseguono Sang-Hyun e Dong-Soo...