Raoul Walsh (1887-1980) rappresenta uno dei pilastri della storia del cinema. Il regista americano è uno dei fondatori dell'Academy Pictures hollywoodiana e del relativo premio Oscar. Regista e attore fin dalle origini del cinema è stato assistente di David Wark Griffith e attore in “Nascita di una nazione”. Prolifico regista fin dagli anni 10, ha diretto molteplici pellicole di genere western, commedie, drammi e polizieschi. Dopo un grave incidente, durante le riprese di un film western, perde l'occhio destro e deve rinunciare alla carriera di attore dedicandosi completamente a quella di regista che lo porta nei decenni successivi a firmare pellicole di gangster come “I ruggenti anni Venti” (1939), il noir di “Una pallottola per Roy” (1941), film di guerra tra cui il famoso “Obiettivo Burma” (1944) e “Tamburi lontani” (1952), forse il suo miglior western.
Tra mutazione e ibridazione dei generi hollywoodiani
“La furia umana” del ‘49 è una pellicola che rientra all’interno di un preciso processo industriale hollywoodiano, ma allo stesso tempo è anche un’opera mutevole dove si assiste alla commistione di generi differenti, stravolgendone il canone in un’ibridazione riuscita.
La Warner Bros convince James Cagney a rivestire i panni del gangster, ruolo che aveva interpretato più volte nella sua lunga carriera, ma da cui si era allontanato, per sfruttarne appieno l’appeal di star riconosciuta dal pubblico. Anche se il genere gangster ha avuto un preciso periodo storico di nascita e sviluppo negli anni 30, è indubbio che i topoi di questo genere abbiano poi continuato a influenzare il cinema successivo, assistendo a una sua trasformazione e aggiornamento.
Certo è che “La furia umana” ha elementi forti per inserirlo a pieno titolo in questo genere: la figura del gangster protagonista Cody Jarrett e il rapporto con i componenti della sua banda (in particolare il conflitto personale con il suo luogotenente Big Ed), la rapina al treno e poi in una raffineria, il susseguirsi degli eventi con speditezza narrativa, una sceneggiatura con i dialoghi didascalici tra i personaggi a spiegare gli eventi e le loro motivazioni, gli scontri a fuoco improvvisi e di massa. Elementi che saranno trasfusi poi nel thriller moderno nel cinema degli anni 60 in poi.
Ma l’opera di Walsh ha anche una chiara e specifica cifra stilistica del noir: la complessa psicologia del protagonista; la figura della dark lady, rappresentata nella duplice versione della madre di Cody e della moglie Vera; l’articolazione della struttura narrativa con ripetizioni di scene e l’utilizzo metaforico dello spazio tra interno ed esterno; e, infine, da un lato, l’impiego di inquadrature dove i primi piani e i totali si alternano per sfruttare al massimo le performance del cast e, dall’altro, la tradizione della fotografia bianco e nero dove il gioco di luci e ombre sono determinanti per creare l’atmosfera emotiva.
Nell’ibridazione di questi due generi, ne “La furia umana” si assiste anche alla germinazione del sottogenere carcerario – che avrà grande sviluppo nel decennio successivo – rappresentato in modo dettagliato nella parte centrale della pellicola: quasi un film nel film, a confermare, se ce ne fosse bisogno, la natura composita dell’operazione effettuata da Walsh.
La struttura della narrazione tra spazio tridimensionale e coazione temporale
“La furia umana” ha una struttura narrativa apparentemente lineare e semplice. Se invece effettuiamo una destrutturazione della fabula osserviamo come l’organizzazione dell’intreccio nella sceneggiatura sia alquanto complesso. Nella tabella sottostante abbiamo diviso la pellicola in quattro parti principali, ognuna delle quali composta da tre segmenti prioritari:
PARTE |
SEGMENTO |
1. Cody lo spietato |
a. Rapina al treno |
b. Rifugio in montagna |
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c. Fuga dal motel |
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2. Cody perde la madre e acquista un amico |
a. Arresto di Cody e infiltrazione del poliziotto Fallon |
b. Vita in prigione |
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c. Evasione |
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3. Cody elimina i nemici e riorganizza la banda |
a. Fuga e uccisione del traditore |
b. Cody si vendica di Big Ed |
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c. Organizzazione della nuova rapina |
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4. Cody “sulla vetta del mondo” |
a. Rapina alla raffineria |
b. Sparatoria con la polizia e scoperta di Fallon |
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c. Morte di Cody |
Notiamo come le quattro parti siano la base su cui poggia l’evoluzione del personaggio di Cody che è il protagonista assoluto: dalla presentazione della prima parte in cui è illustrato fin da subito il comportamento psicotico di Cody, con la stretta dipendenza alla madre e la conflittualità con Big Ed; una seconda parte in cui abbiamo la metamorfosi di Cody con la morte della madre appresa in prigione e la totale fiducia in Fallon, il poliziotto infiltrato per scoprire dove è finito il denaro della rapina al treno, che gli salva la vita nel corso di un attentato in prigione; Cody che si riappropria della banda e organizza una nuova rapina, dopo aver ucciso Big Ed che nel frattempo era fuggito con Verna, la moglie di Cody; la parte finale, in cui si assiste al fallimentare colpo alla raffineria, la rivelazione di Fallon riconosciuto da un nuovo componente della banda come un poliziotto infiltrato e il suo suicidio nello scoppio di serbatoi chimici nel finale in mezzo alle fiamme.
Ogni parte la possiamo poi suddividere in tre segmenti che caratterizzano una geometria tripartita degli eventi. La struttura finale la potremmo immaginare tridimensionalmente come una piramide dove il 4.c risulta essere anche il punto che traduce nella forma filmica la scena di Cody in alto sui serbatoi quando urla alla madre di essere “sulla vetta del mondo” prima di far esplodere l’impianto con un triplice scoppio in mezzo alle fiamme. E se in 1.a abbiamo Cody che si getta da un ponte sul treno in corsa per rapinarlo, questo segmento si collega in modo adiacente nel tempo con il 4.c dove Cody sale sulla torre dei serbatoi dopo il fallimento della rapina nella raffineria. In un’entrata e un’uscita del personaggio all’interno della realtà filmica, al centro della pulsione scopica dello spettatore per tutta la durata di “La furia umana”.
Osserviamo poi come i segmenti nel film siano simmetricamente posizionati nel tempo in ripetizioni di spazio e di movimenti. Così i primi segmenti sono esplicativi di azioni dei personaggi e di snodi narrativi che li coinvolgono: in 1.a e 4.a ci sono prima la rapina al treno e poi quella nella raffineria con un’autobotte modificata in una sorta di “cavallo di Troia”; in 2.a e 3.a c’è l’entrata di Cody e di Fallon nella prigione e poi la fuga definitiva di entrambi con i compagni di cella e l’uccisione del traditore che ha attentato alla vita di Cody in una scena precedente.
I segmenti b, invece, sono principalmente girati in interno: prima la casa in montagna dove si rifugia la banda dopo la prima rapina; tutta la vita nelle celle e l’incontro tra Cody e Fallon e la nascita della loro amicizia; il lungo segmento in cui Cody entra nella casa, dove la moglie e Big Ed si sono rifugiati, e l’uccisione di Big Ed e il riappropriarsi di Verna; la sparatoria all’interno degli uffici della raffineria quando sono scoperti dalla polizia e Fallon è riconosciuto come poliziotto. In tutti questi segmenti ci sono sempre uno o più morti causati da Cody e abbiamo il tradimento di qualcuno: in 1.b di uno dei suoi uomini che evita di uccidere un altro componente ferito della banda che potrebbe tradirli; in 2.b il tentativo di un altro prigioniero di attentare alla vita di Cody; in 3.b il tradimento al quadrato di Big Ed e poi della moglie; in 4.b di Fallon che si rivela come agente infiltrato, tradendo la fiducia riposta in Cody. Cody è ingannato in sequenza dai suoi uomini, da sua moglie, da un detenuto della prigione e da Fallon, che tratta come un fratello e ha sostituito la madre.
I segmenti c sono invece caratterizzati dal movimento fisico e metafisico. Sono differenti tipologie di ritirata del personaggio: in 1.c Cody scappa dalla legge insieme alla figure femminili (madre e moglie); in 2.c Cody evade dalla punizione delle istituzioni (penitenziaria e psichiatrica) insieme a figure maschili (Fallon, i compagni di prigionia e i medici che vogliono rinchiuderlo in un ospedale); in 3.c abbiamo una fuga metaforica, mentale da parte di Cody, dalla realtà che non percepisce più correttamente dopo la scomparsa della madre; e, infine, in 4.c abbiamo il definitivo eclissarsi dal mondo e dalla vita.
“La furia umana” risulta essere un’architettura narrativa composita e articolata, dove ogni evento richiama un altro all’interno della narrazione. In una ripetizione coatta che descrive, da un lato, un aspetto differente dei personaggi all’interno di medesimi meccanismi spaziali, e dall’altro uno scarto in avanti dell’azione con fondamentali disvelamenti delle motivazioni individuali.
Cody si muove all’interno della struttura piramidale della fabula, spinto dalla sua rabbia, dalla sua coazione a replicare i propri errori che lo portano a un finale di partita deciso fin dall’inizio dal demiurgo onnisciente dietro la macchina da presa.
Psicologia dei personaggi e maschere attoriali
La complessità della struttura narrativa è il contenitore di una corrispondente articolazione della profondità dei personaggi.
Cody Jarrett, interpretato magistralmente da James Cagney, appare come una maturazione di altri personaggi negativi portati sullo schermo dall’attore americano. Idealmente potremo collegare Cody a Tom Powers di “Nemico pubblico” (1931) di William A. Wellman, Rocky Sullivan di “Angeli con la faccia sporca” (1938) di Michael Curtiz e a Eddie Bartlett in “I ruggenti anni Venti” dello stesso Walsh. Con i diversi distinguo, dovuti alle storie, c’è comunque una continuità nel personaggio del gangster violento e rabbioso che si scatena appena si sente tradito oppure per appropriarsi di molto denaro dovuto a operazioni illecite. Cagney caratterizza con il suo volto quadrato, lo sguardo ferino, i movimenti improvvisi del corpo tozzo e compatto in scoppi di fisicità corporea che non risparmiano nemmeno le donne: si ricorda ancora la scena del pompelmo spremuto in faccia a Jean Harlow in “Nemico pubblico”. In particolare, Cagney rafforza in negativo la psicologia di Tom Powers in Cody facendo uscirne pienamente la sua psicopatologia che, del resto, è ampiamente spiegata all’interno di “La furia umana” in dialoghi tra i poliziotti o gli attacchi di mal di testa improvvisi. Cody è la maschera perfetta del gangster senza scrupoli, pazzoide, vittima di un complesso edipico nei confronti della madre. Ci sono due sequenze emblematiche della bravura dell’attore americano. La prima l’abbiamo nel segmento 1.b dove Cody ha un attacco e caracolla nella camera da letto della casa in montagna lontano dagli sguardi dei suoi uomini. La madre lo segue e gli massaggia la testa. Poi quando il male passa, Cody si siede sulle gambe della donna sul letto in un’inquadratura enfatica e dolce allo stesso momento di un uomo con il volto e il corpo roccioso di Cagney che si scioglie nell’abbraccio materno. L’attore rende tutto verosimile e allo stesso tempo drammaticamente tragico in questa maternità diabolica che rappresenta figurativamente il complesso dell’uomo irrisolto. La seconda sequenza l’abbiamo all’interno della prigione, nel segmento 2.b, quando Cody viene a conoscenza che la madre e morta. Cagney dà una dimostrazione di forza con una performance attoriale fisica che buca lo schermo. Walsh lo lascia improvvisare e sul set non è avvisato nessuno del dettaglio della scena. Il regista riprende in primo piano il volto stravolto di Cagney, poi in totale lo segue con la mdp mentre salta sul tavolo della mensa e poi in campo lungo con un dolly riprende l’intero salone con il centinaio di comparse silenziose e attonite con Cagney che urla, piange, picchia e si dimena tra le braccia dei secondini che lo trascinano via. Una scena dove la recitazione fisica riempie completamente lo schermo, dove i limiti del corpo dell’attore si allargano e si diffondono nell’intera inquadratura grazie alla sua capacità cinetica di colmare lo spazio. Del resto, Walsh mette in scena la completa pazzia nel finale in 4b quando Cody scopre che Fallon è un poliziotto infiltrato e la sua pazzia viene mostrata prima attraverso la nebbia dei fumogeni sparata dalla polizia, metafora della confusione mentale in cui si muove, e poi riaffermata in 4.c quando Cody si muove all’esterno della raffineria in mezzo ai tubi per salire su un traliccio, dove sono posti dei serbatoi chimici. Walsh riprende il corpo e il volto di Cagney immerso tra le ombre nel labirinto di tubature, altra metafora questa volta dell’intrico contorto psicopatologico della mente di Cody.
Le figure femminili non sono da meno. Margaret Wycherly indossa la maschera mortifera della madre di Cody donandole un elemento mefistofelico, di una Giocasta che non recede dai suoi propositi di conquista dello spazio e di controllo del figlio e, attraverso di esso, degli altri uomini della banda e della moglie di Cody. Muore proprio durante il segmento 2.b, in absentia, senza che Walsh faccia vedere la scena, nel momento in cui decide di intervenire in autonomia e direttamente contro Big Ed che vuole tradire il figlio. Oltretutto, Walsh ribalta la figura attoriale della Wycherly nell’immaginario filmico di quegli anni, ricordata fino a quel momento dal pubblico come la madre amorevole e dimessa ne “Il sergente York” (1941) di Howard Hawks.
Altrettanto doppia e squilibrata risulta Verna, la moglie fedifraga di Cody, interessata solo al denaro e alla bella vita: da un lato, è insofferente per la mancanza di bei vestiti e gioielli; dall’altro, teme Cody come il male assoluto. Walsh si diverte a ribaltare l’immagine di Virgina Mayo, bellezza dell’epoca, ricordata come moglie premurosa e donna elegante e divertente. La sua entrata in scena avviene in un primo piano mentre dorme e russa nella casa in montagna in 1.b e la sua doppiezza è messa in scena in modo perfetto nel segmento 3.b pronta a tradire Big Ed per salvarsi, dopo che ha ucciso lei la madre di Cody e mentendo senza alcuno scrupolo. Del resto, la Mayo ha atteggiamenti che descrivono la volgarità della donna in piccoli elementi come il chewingum sputato dall’auto prima di baciare Cody o mentre si prova un vestito e canzona l’uomo che cerca la madre nel segmento 1.c.
Infine, dobbiamo sottolineare la prova di Edmond O'Brien, il poliziotto infiltrato. La sua doppiezza è data dal duplice ruolo di uomo di legge e delinquente Hank Fallon/Vic Pardo, in un’ambiguità continua tra bene e male. In una sequenza particolare, ci viene spiegato da lui stesso, nel segmento 2.a, come sia passato da una prigione a un’altra nella continua interpretazione di un galeotto infiltrato per recuperare informazioni di delitti e complicità. L’unico che recita in “La furia umana” un personaggio, che indossa una maschera sulla maschera, in un doppleganger all’interno di una mise en abyme attoriale di cui siamo a conoscenza fin dall’inizio, ma che rende Fallon inaffidabile nei rapporti umani pronto a carpire la fiducia e tradire Cody per un’ideale assoluto di giustizia che usa l’inganno e la violenza per combattere altra malvagità.
La ricchezza della sceneggiatura, un cast di grande fascino e capacità interpretative, una direzione che riesce a ottenere sempre il risultato perfetto nella messa in scena sono gli elementi costitutivi di “La furia umana” come uno dei film più importanti di Raoul Walsh e del cinema noir degli anni 40.
cast:
James Cagney, Virginia Mayo, Edmond O Brien, Margaret Wycherly, Steve Cochran
regia:
Raoul Walsh
titolo originale:
White Heat
durata:
114'
produzione:
Warner Bros.
sceneggiatura:
Ivan Goff, Ben Roberts
fotografia:
Sid Hickox
scenografie:
Edward Carrere
montaggio:
Owen Marks
costumi:
Leah Rhodes
musiche:
Max Steiner