Ci eravamo lasciati col ritchieverse delle sovrastrutture: "The Gentlemen" è probabilmente il film più intelligente a cui il Guy Ritchie della fase 3, mi si conceda, potesse aspirare: consapevole, autocitazionista, nostalgico. Il post-blockbuster del nostro britannico è stato un ritorno alle origini di quella sgangherata commedia gangster anni Duemila, ma non soltanto un ritorno di fiamma bensì un costruito e volgarmente patinato giochino meta che finiva dritto negli studi della Miramax (i produttori esecutivi di questo momento storico del regista).
Cosa succede invece quando un Cockney finisce a Los Angeles? "La furia di un uomo" è il contrario di tutto questo eccesso, di cui rimane probabilmente soltanto il comparto ludico e, come di consueto, il virtuosismo loffio del plot intricato: un uomo dal passato ignoto si fa assumere da una compagnia di portavalori che soltanto cinque mesi prima era stata vittima di un furto sostanzioso e durante il quale dei civili erano stati coinvolti e uccisi.
Ecco cosa succede. Ritchie è tronfio, non pazzo (a differenza di Gudegast in "Nella tana dei lupi" nemmeno lo fa il verso a Michael Mann), dunque, eliminata la commedia grottesca, "La furia di un uomo" è lo spoglio cadavere di un action movie di stereotipi zombie affidato al corpo attoriale del ritrovato compagno d’esordio Jason Statham. Guardando al pregresso di Ritchie, non c’è nulla di simile a questo film, e fortunatamente col pedante "Revolver" (2007) ha in comune soltanto un pizzico di serietà tematica. Per il resto, Ritchie assembla un revenge-heist movie armato del solito l’arsenale di movimenti di macchina eccessivi (la continua ricerca dello skyline su tutto), cercando anche di esplorare territori nuovi.
Andiamo con ordine, perché gli elementi ritchieani ci sono tutti, seppur sotto morfina. Qualche dialogo ironico fa capolino da personaggi blateranti e ovviamente duetta con l’imperante contesto machista; per far la voce grossa, la trama è scandita da capitoli, e c’è anche il tempo di mettere su un remix dark di Prison Folsom Blues, neanche a dirlo sottolineatura di una scena violenta, unica canzone non originale del film.
Ritchie si appropria della cultura americana, a modo suo ne racconta l’oggi e, oltre a Johnny Cash e alle casse piene del Black Friday, è l’action movie anni Settanta a emergere dalla storia di vendetta che, pur con tutti i flashback del caso, invita a farsi guardare come un pugno dritto, spedito verso il fondo. "La furia di un uomo" scava nella bassezza di malavita e pubblici ufficiali per scaraventarli, alla fine di un film divertitamente teso per tutta la sua durata, in uno shootout atipico per lo stile di Ritchie, da cui solitamente ci si aspetta la chiusa verbosa a suon di agnizioni.
Il sardonico soprannome del protagonista, esplicitamente paragonato alla bomba a idrogeno, assurge fin da subito all’anticipazione del climax di "La furia di un uomo", imploso in una stazione portavalori talmente inverosimile da sembrare una LA proto-fantascientifica.
In fin dei conti, è la solita storia nascosta dietro a un Guy Ritchie in sottrazione, con qualche elemento di troppo, funzionante perché ammicca e stroppia il poco che ha, b-movie tutto muscoli che fa il suo dovere, nemmeno fossimo in un film di S. Craig Zahler privo di presunzioni filosofeggianti.
cast:
Niamh Algar, Andy Garcia, Holt McCallany, Josh Hartnett, Jeffrey Donovan, Scott Eastwood, Jason Statham
regia:
Guy Ritchie
titolo originale:
Wrath of Man
distribuzione:
Prime Video, Leone Film Group, Rai Cinema
durata:
118'
produzione:
Metro-Goldwyn-Mayer, Miramax, Toff Guy Films
sceneggiatura:
Guy Ritchie, Ivan Atkinson, Marn Davies
fotografia:
Alan Stewart
scenografie:
Martyn John
montaggio:
James Herbert
costumi:
Stephanie Collie
musiche:
Christopher Benstead