Regista e produttore controverso con ambizioni da aviatore, Howard Hughes è una delle figure più ambigue e carismatiche del Novecento statunitense. Il successo, il potere, il denaro, le donne, i motori, gli scandali, la paranoia, la reclusione, il mistero: tutto nella vita di questo tycoon eccentrico e visionario concorre ad arricchire il ritratto di un personaggio bigger than life, ambivalentemente in bilico tra il fascino della leggenda e l'ossessività della mitomania. Non stupisce dunque che il cinema e la cultura pop tout court ne siano rimasti puntualmente sedotti e ammaliati nel corso dei decenni, contribuendo così ad alimentarne il mito attraverso gli omaggi di pellicole come "The Aviator" e "Una volta ho incontrato un miliardario", fino agli ammiccamenti dei fumetti di Stan Lee.
In modo analogo ma differente, anche Warren Beatty si è imposto come icona del suo tempo: giovane golden boy della Hollywood Classica, è diventato il volto del cinema della controcultura grazie a perle intramontabili come "Gangster Story" e "Shampoo", per poi reinventarsi regista apprezzato e di successo con titoli come "Reds" e "Il paradiso può attendere". Ai riconoscimenti raccolti nell'arco di una prestigiosa carriera lunga oltre sessant'anni, aggiunge uno sguardo malandrino e un curriculum da tombeur de femmes con - si dice - più di 13.000 amori all'attivo.
L'incontro tra queste due leggende dei nostri giorni, così diverse tra loro eppure non prive di affinità e punti di contatto, avrebbe potuto essere esplosivo e roboante come lo scoppio di un motore, o quantomeno frizzante come una bottiglia di champagne. Invece "L'eccezione alla regola", il film che Beatty ha dedicato al magnate hollywoodiano, scorre placido e tiepido come una tisana rilassante.
A quindici anni dalla sua ultima apparizione attoriale e a diciotto dalla sua ultima prova registica, Beatty firma un'opera garbata ed elegante, non priva di qualche sagacia in sceneggiatura, ma cui manca penosamente un centro di gravità permanente. Troppi, infatti, sono i toni e i registri che si alternano senza soluzione di continuità lungo la durata della narrazione, depistando lo spettatore e impedendo qualsiasi possibilità di sincera partecipazione empatica. Al brio romantico che punteggia l'acerba love story tra un'aspirante attrice e un autista con velleità imprenditoriali, si sovrappone la leggerezza malinconica à la Allen del racconto del vecchio Studio System, per poi cedere il passo all'amarezza crepuscolare de "Gli ultimi fuochi" appena entra in scena Hughes, interpretato da Beatty stesso, presenza obnubilante, magnetica, irresistibile e repulsiva al tempo stesso.
Con un intrigante espediente narrativo che imita l'indimenticata lezione di "Quarto potere", l'autore introduce il "suo" Hughes attraverso un finto cinegiornale che sciorina, uno dopo l'altro, gli avvenimenti salienti della sua vita. In questo senso, dunque, seguendo l'assioma wellesiano, "L'eccezione alla regola" sembrerebbe voler interrogare e smentire le dicerie, le mistificazioni e le false certezze delle cronache mondane. Purtroppo, però, il film inciampa goffamente nella trappola che si era ripromesso di evitare, mettendo in scena proprio quelle dinamiche e quei meccanismi che vorrebbe scardinare. Nonostante il pedigree autoriale, infatti, il Beatty-regista non possiede la lucidità di sguardo né la profondità di scrittura necessarie per condurre il gioco di wellesiana memoria e riduce il film a una sciapa girandola di aneddoti saputi su Hughes - l'incidente (quasi) mortale, la manifesta misantropia, le diatribe legali - e di cliché sull'età d'oro di Hollywood.
Rimane folgorante e commovente, tuttavia, la prova istrionica del Beatty-attore, che giganteggia su un folto cast di ottimo nome con un'interpretazione che pare, a più tratti, una vera e propria incarnazione dolente e coraggiosa. Basta vederlo canuto e ingrigito, piegato sul suo scrittoio da letto, incancrenito dalle troppe ossessioni e idiosincrasie, eppure ancora capace di un guizzo negli occhi, di un estremo anelito di vita e di grandezza, per capire che le leggende, in fondo, non muoiono mai.
cast:
Lily Collins, Warren Beatty, Alden Ehrenreich, Matthew Broderick, Taissa Farmiga, Candice Bergen, Annette Bening, Martin Sheen, Paul Sorvino, Alec Baldwin, Oliver Platt
regia:
Warren Beatty
titolo originale:
Rules Don't Apply
distribuzione:
20th Century Fox
durata:
127'
produzione:
Worldwide Entertainment, RegencyEnterprise, RatPac Entertainment
sceneggiatura:
Warren Beatty
fotografia:
Caleb Deschanel
montaggio:
Robin Gonsalves, Leslie Jones, Brian Scofield, Billy Weber