Melpignano, Salento. Estate del 1988. Nel polveroso campo sportivo del piccolo centro in provincia di Lecce viene organizzato un concerto rock a cui prendono parte i CCCP – Fedeli alla linea, i Litfiba, i RATS, i Mista & Missis e una selezione di gruppi provenienti dall'allora traballante Unione Sovietica. L'evento musicale, che avrebbe inciso il nome di Melpignano nella storia del rock, viene organizzato dal sindaco grazie alla collaborazione della locale sezione dell'ARCI, con il nobile intento di fare cultura in modo innovativo, e far uscire i giovani dall'asfittico senso di isolamento della realtà locale, acuito dal fatto che essi vivono in una sorta di enclave politica di fede comunista immersa nel mare magnum della Democrazia Cristiana. Oltre che su questo avvenimento, il docufilm di Andrea Paco Mariani e Luigi D'Alife si sofferma sui concerti tenuti dai suddetti gruppi italiani a Mosca e Leningrado, nel Marzo del 1989. Ai filmati di repertorio si sommano e alternano i commenti e le dichiarazioni dei CCCP, i quali guardando retrospettivamente a quegli avvenimenti ricostruendone l'atmosfera, l'humus storico-culturale. Dalle nebbie della prima repubblica e della guerra fredda emerge così "Kissing Gorbaciov", un fresco e originale resoconto di quella che sarebbe stata una irripetibile esperienza.
Il film è come un filo magico che attraversa la cruna dell'ago della storia riportandoci indietro nel tempo e facendoci rivivere un passaggio cruciale, raccontato con la metafora dell'osmosi musicale che è anche implicito confronto politico e ideale: da un lato la musica dei CCCP che guardava alla cultura sovietica come elemento di rottura rispetto alla tradizione musicale occidentale e ancor più italiana (basti pensare che il concerto si tenne in Puglia, la regione di Domenico Modugno, autore di quel "Volare" che rimane la canzone italiana più nota al mondo); dall'altra quella dei gruppi d'oltrecortina che, dal loro punto di vista, vedevano invece nel rock un elemento di rottura e contestazione nei confronti del proprio universo, quello sovietico. Così, oltre che sui brani eseguiti sul palco, il lavoro dei due registi ci dettaglia su quanto accadeva nel backstage, dove i gruppi solidarizzavano, si confrontavano, attraverso la contemplazione de visu di realtà sociali e culturali fino ad allora solo vagheggiate nei testi delle canzoni. Insieme a questo rapporto di scambio binario, film si arricchisce tuttavia anche di un terzo angolo visuale determinato dal punto di vista degli spettatori stessi che, osservando le immagini e avvalendosi delle dichiarazioni dei protagonisti degli eventi, possono cogliere nella giusta prospettiva la portata di quelle esperienze.
Inoltre, per la stratificazione culturale che certe inquadrature propongono, "Kissing Gorbaciov" non interessa solo i musicologi, ma anche antropologi culturali. Consideriamo, ad esempio, la sequenza in cui l'Annarella dei CCCP, in un angolo della Piazza Rossa, ai piedi della chiesa di S.Basilio, si esibisce in un balletto punk e raccoglie frettolosamente gli strumenti del suo show prima che arrivino i soldati di guardia. Quanti film o docufilm possono evocare altrettante riflessioni quanto quelle derivate dalla compresenza nel profilmico di aspetti culturalmente cosi allogeni e contraddittori? E che dire poi del fatto che invece nel concerto di Melpignano un gruppo d'oltrecortina si presentò ed eseguì musica country in salsa americana, tanto da far sembrare i CCCP l'unico vero gruppo sovietico? I CCCP ricordano inoltre che a Mosca, quando all'interno del brano "A ja ljublju SSSR" il gruppo italiano intonò le note dell'inno sovietico, i soldati, cui le autorità avevano imposto di fungere da pubblico, scattarono in piedi e si portarono la mano al petto. Questo particolare episodio del concerto, stupì i musicisti italiani, tanto più che essi percepivano che in quel frangente, al minimo errore su una nota, quell'attentissimo pubblico storceva il naso. Nel docufilm non mancano considerazioni su come i giovani vivevano il loro rapporto con la musica: "Il rock è un virus che contagia le persone", racconta un radiologo, il quale aggiunge che durante la guerra fredda i dischi vietati dalle autorità venivano riprodotti sui fogli per le radiografie. Il paradosso, l'antitesi e la metafora sono dunque gli stilemi espressivi del film. Anche la differente reazione del pubblico al concerto di Leningrado è un aspetto interessante: alla rigidità moscovita, propria della metropoli burocratica, corrisponde lo spirito più aperto e il maggior calore della capitale storica. Dalla coltre del passato emerge così una Leningrado insospettabile, che pullulava di rock club nei quali si eseguiva musica occidentale ben prima del crollo del muro di Berlino.
Il documentario di Andrea Paco Mariani e Luigi D'Alife è in sostanza un viaggio nel tempo, un tuffo nel passato, in una realtà che di lì a poco non sarebbe più stata la stessa, un po' come avviene in "Est-Dittatura Last Minute" (Pisu). La documentazione filmata è costituita dalle immagini amatoriali riprese dalla troupe dei CCCP e da quelle di repertorio, tra cui non mancano quelle tratte dai videogiornali sovietici che testimoniano l'appoggio dato da Gorbaciov al nuovo rapporto con l'universo culturale giovanile. Rispetto al resto dell'opera, per l'incipit, "Kissing Gorbaciov" ha una confezione sonora più abbottonata: nessuna musica, nessuna chitarra ruspante, ma un pacato ticchettio simile a quello che scandisce le prime sequenze di "Ennio" (Tornatore): è il tempo del ritmo, il tempo che si fa storia.
cast:
Valentina Avantaggiato, Alba Solaro, Danilo Fatur, Gino Castaldo, Francesco Costantini
regia:
Andrea Paco Mariani
titolo originale:
Kissing Gorbaciov
durata:
97'
produzione:
SMK Factory S.r.l. Semplificata
sceneggiatura:
Luigi D'Alifa, Andrea Paco Mariani, Roberto Zinzi
fotografia:
Salvo Lucchese, Nicola Zambelli
scenografie:
Cristina Bartoletti, Miiriam Pedone
montaggio:
Roberto Zinzi, Angelica Gentilini, Paolo Rapalino
costumi:
Alessandra Mancuso
musiche:
Claudio Cadei