Premessa necessaria: se siete già seguaci delle gesta di John Wick non potete perdervi e non vi perderete quest’ultimo capitolo. Gli ingredienti infatti non cambiano: il carisma di Keanu Reeves, le coreografie dei combattimenti e il complesso sistema di regole che definiscono il mondo parallelo/sotterraneo degli assassini.
Le coreografie dei combattimenti regalano al solito soddisfazioni. Per alzare il livello dello scontro le nuove tecnologie antiproiettile rendono durissimi da uccidere tanto John quanto i suoi avversari – gli scontri si fanno più lunghi e complessi, avvertiamo l’accumularsi della fatica anche nei vincitori (ricordate il corridoio di "Old Boy"?) ma la tensione non scende mai grazie alla continuità e all’eleganza del gesto e della sua messa in scena. La ricca sequenza nell’hotel giapponese dal punto di vista cinetico è l’apice di questo episodio, anche perché vede l’aggiunta di un comparto di nuovi combattenti che comprende intramontabili protagonisti del genere (Hirouki Sanada e soprattutto il maestro Donnie Yen che rimette in scena il mito dello spadaccino cieco Zatoichi) ed eccellenti star in ascesa (Rina Sawayama). Ma è nel trittico di Montmartre che il combattimento fisico si fa riflesso di quello spirituale di John. Il piano sequenza degli scontri a fuoco con inquadratura verticale dall’alto nel palazzo abbandonato non è un mero pezzo di bravura. E’ il punto di vista onnisciente di John che sta ascendendo. E che si trova con immensa fatica a dover ascendere poi anche fisicamente – ma di più non possiamo dire.
Il sistema di regole, quindi. Dato che la loro professione al contempo li esclude dal contratto sociale e fornisce loro i mezzi per la violenza, per evitare di ammazzarsi tutto il tempo fra di loro gli assassini giocoforza devono avere e rispettare queste regole. Ovviamente questo non accade e gli assassini passano il tempo a uccidersi tra di loro, ma è lo sfondo delle regole che costruisce la storia. Questa in fondo è la sottile e discutibile giustificazione etica di un body count a tre cifre: muoiono solo assassini, conoscevano le regole. Purtroppo la pellicola non sempre si attiene alle proprie. Ad esempio – c’è ovviamente una sequenza di sparatoria in discoteca (anche basta). Se decidiamo che gli assassini vivono letteralmente in un mondo parallelo e, quindi, chi non ne fa parte continua a ballare anche in mezzo a spari e morti, benissimo. Lo includo nello stesso accordo con la storia per cui per divertirmi di più non sto a chiedermi “ma quando arriva la polizia?”. Se decidiamo che la messa in scena è realistica e che la vista della violenza fa scappare chi balla, benissimo anche quello. Ma fare prima una cosa e poi l’altra è solo indice di confusione. Altri due patti violati sono la presenza di una scena in computer grafica – che seppur minima si nota proprio perché fuori posto in un film basato sulla fisicità e sugli stunt – e di una scena comica - fuori posto perché una storia in cui centinaia di persone muoiono per colpa di un cane può tenere solo se è mortalmente seria. Tutto questo è in parte riscattato dall’incastro di regole che porta al finale - davvero epico. Ma del finale nelle recensioni non si può parlare.
La saga di "John Wick", complice l’ambientazione parigina, potrebbe essere analizzata secondo l’ottica della politique des auteurs, dato che coincide con la filmografia di Chad Stahelski. L’ex controfigura di Reeves in "Matrix" è riuscito nell’obiettivo notevole di creare un proprio mondo anche a livello d'immagine, un mondo che è rimasto coerente anche al crescere del budget e delle ambizioni. Non solo centraliniste vintage tatuate, ma anche stazioni della metropolitana abbandonate con quadri di Caravaggio appoggiati per terra che si combinano con gli interni sfarzosamente vuoti dell’1% più facoltoso. La cura dei dettagli si rivela nella scelta dei vestiti – non solo quelli insistentemente iconici di John, ma in questo episodio anche quelli dell’antagonista, che quasi lo definiscono. E’ infine interessante anche la gestione di tutti gli attori, che tiene conto del loro posto nell’immaginario. Il ruolo dantesco di Fishburne tra Virgilio e Caronte include il fatto che lui per tutti sia Morpheus. Donnie Yen nell’ultima fase della sua carriera è sempre stato il guerriero condannato a combattere dalla propria invincibilità, ma che ambisce solo alla pace familiare, quindi ha bisogno solo di una brevissima introduzione (ai Jardin du Luxembourg!). La presenza di un unico regista con una tecnica solida e una visione chiara, per quanto non priva di sbavature, ha insomma garantito ai fan di tornare sempre a casa a ogni episodio. Sarà interessante seguire Chad nel dopo-Wick, potrebbe riservarci sorprese.
cast:
Keanu Reeves, Donnie Yen, Laurence Fishburne, Bill Skarsgård
regia:
Chad Stahelski
titolo originale:
John Wick: Chapter 4
distribuzione:
Eagle Pictures
durata:
169'
produzione:
Lionsgate
sceneggiatura:
Shay Hatten
fotografia:
Dan Laustsen
scenografie:
Mark Rosinski
montaggio:
Nathan Orloff
costumi:
Paco Delgado
musiche:
Tyler Bates