Ne "Gli invasati" (1963), uno dei più riusciti film horror della storia del cinema, il dottor Markway e la sensitiva Nora salgono lungo una malferma scala a chiocciola, espressione architettonica della mente alterata della protagonista. Ebbene sì, perché a suscitare terrore con efficacia e originalità (pena la ripetitività) non contribuisce solo la vista di immagini orrorifiche, bensì tutta una serie di strumenti espressivi che concorrono a creare l’atmosfera che di per sé suggerisce straniamento e inquietudine.
La lezione che Robert Wise impartì con uno dei suoi capolavori è quanto mai attuale, soprattutto quando, usciti dalla sala dopo la visione di un film horror, si ha la sensazione di aver trepidato ben poco, essenzialmente nei momenti che coincidono con i jump scare e con qualche inquadratura ben congegnata. In altri termini, se la sensazione di immersione nel racconto è solo superficiale, può essere che lo spettatore abbia il sospetto di non aver assistito a uno spettacolo appagante. "Insidious - La porta rossa" è il quinto capitolo della saga "Insidious" iniziata nel 2010 da James Wan. Il sottogenere di riferimento è quello che contempla la presenza di case o ambienti infestati di fantasmi in un contesto familiare della media borghesia. Dopo la morte di Rebecca, i fantasmi che originariamente perseguitavano Josh hanno ora preso di mira il figlio Dalton. Ancora una volta, la famiglia Lambert vive nel terrore che dall’altrove, realtà parallela nella quale si può essere risucchiati nelle ore notturne o di sonno, gli spiriti si impadroniscano dei corpi dei malcapitati uccidendo i congiunti.
Poche le novità introdotte rispetto all’esordio: le presenze oscure non si manifestano solo nella casa di famiglia ma anche nelle stanze del college frequentato da Dalton; la separazione dalla moglie e l’insoddisfacente rapporto affettivo padre/figlio condizionano negativamente l’equilibrio familiare e costituiscono un’ulteriore prova da superare; la presenza di aiutanti e personaggi secondari nelle sequenze cruciali è ridotta all’osso. Una saga che tra sequel e prequel è giunta - come detto - alla quinta parte paga dazio per il fatto di voler a tutti i costi inseguire la serialità senza tuttavia nutrire la minima ambizione di variare un canovaccio ormai asfittico. La presenza di una compagna di college, palesemente invaghita di Dalton, non contribuisce alla sfaccettatura del giovane, che continua ad essere un personaggio più incomprensibile che incompreso. Quella di Dalton è una dimensione autistica anche nel rapporto con i compagni del college e il suo arco di trasformazione si nutre esclusivamente dello scontro con i suoi fantasmi del presente e del passato.
Sul piano del linguaggio filmico, dialoghi stereotipati e ironia spicciola non fanno certo decollare la pellicola. Sul piano della grammatica di regia, ciò che disturba nel film è il montaggio a tratti contraddittorio, figlio di una messa in scena discutibile per almeno due ragioni: giacchè nel procedere dell’azione lo spettatore si deve suo malgrado adeguare all’idea che l’ingresso nel cosiddetto altrove avviene tramite un’esperienza onirica e non il semplice gesto di varcare una porta, non è ben chiaro se ciò che compare sullo schermo sia dunque solo un sogno o un fatto concreto; quando poi, ad esempio, il padre chiede a Dalton di aiutarlo a tenere chiusa una porta per scongiurare l’ingresso dei fantasmi e nello stacco di montaggio immediatamente successivo lo vediamo nell’altrove stretto tra le braccia di Chris mentre cerca anche qui di respingere presenze oscure, più che dal terrore veniamo colti dallo scetticismo. Anche la modalità con la quale si scioglie il momento di massima tensione narrativa appare affrettato: la mimica del sorriso e le parole paiono scollati dal picco narrativo immediatamente precedente. Nel dirigere la macchina da presa, va detto che Patrick Wilson mostra di sapere il fatto suo: le agili carrellate negli ambienti domestici sono quantomai azzeccate, anche se non mancano scelte stucchevoli, come quando nell’incipit la cinepresa ruota di 180° passando dal punto di vista della defunta a quello dei parenti alle esequie. Esattamente lo stesso clichè adottato da James Wan nell’incipit di "Oltre i confini del male – Insidious 2" per l’inquadratura di una luminaria.
cast:
Peter Dager, Steve Coulter, Andrew Astor, Hiam Abbass, Sinclair Daniel, Rose Byrne, Patrick Wilson, Ty Simpkins
regia:
Patrick Wilson
titolo originale:
Insidious: The Red Door
distribuzione:
Sony Pictures
durata:
107'
produzione:
Screen Gems, Stage 6 Films, Blumhouse Productions
sceneggiatura:
Leigh Whannell, Scott Teems, Leigh Whannell
fotografia:
Autumn Eakin
scenografie:
Beth Kushnick
montaggio:
Michel Aller, Derek Ambrosi
costumi:
Dajia Milan
musiche:
Joseph Bishara