L'imprenditore di successo Adriano Doria si risveglia frastornato in una camera d'albergo, accanto al corpo senza vita della sua amante. La stanza è chiusa dall'interno e le finestre sono bloccate, a detta dei vicini nessuno è entrato o uscito dalla camera a eccezione della vittima e dell'apparente carnefice, l'arma del delitto rivela le impronte di Doria e d'altra parte nessun altro sembra avere un valido movente per l'omicidio. La polizia punta tutto sul delitto passionale, ma l'imprenditore continua a proclamare la sua innocenza. Per uscirne, Doria assolda Virginia Ferrara, penalista di successo che ha poche ore per organizzare la difesa: un misterioso testimone, infatti, si sta recando alla procura per deporre contro Adriano e incastrarlo definitivamente.
Si apre con un delitto perfetto e con un rompicapo apparentemente irrisolvibile, "Il testimone invisibile", giallo dalla struttura classica e priva di vezzi autoriali, che si rifà alla lunga tradizione che da Doyle e la Christie arriva fino all'odierna serialità di prodotti come "Le regole del delitto perfetto" o "Sherlock", passando per giganti del calibro di Hitchcock (che risulta quasi impossibile non citare ogni volta che si parli di un prodotto di questo tipo). Gli elementi per un giallo in piena regola, in effetti, sembrano esserci tutti: un omicidio a stanza chiusa, degli indizi che sembrano tutti ricondurre allo stesso sospetto, un abile detective che non sbaglia mai un colpo, il tempo che stringe, la tensione di fondo.
È soprattutto questa tensione, mantenuta per il corso dell'intera opera, che riesce a tenere lo spettatore incollato allo schermo. La trama, che si apre in medias res e che è costituita poi da una serie di flashback chiamati a far luce sulla delittuosa vicenda, aggiunge progressivamente elementi di dubbio; nel rispondere ad alcune domande ne apre di nuove, generando in tal modo un climax crescente di eccitazione che trova il suo apice nella soluzione finale dell'enigma. Il film, insomma, dà la continua impressione che qualcosa non funzioni nella ricostruzione dei fatti esposta dal protagonista: questo permette allo spettatore di seguire l'indagine con un certo coinvolgimento, lasciando passare anche certi elementi non esattamente accurati della messa in scena e certe vaghezze della sceneggiatura.
Però sta proprio in questo il principale problema della pellicola. L'accuratezza stilistica e di scrittura è di fatto una necessità ineludibile di tale genere cinematografico, che non può essere tralasciata: proprio per il suo essere essenzialmente una grande elucubrazione mentale, un meticoloso indovinello criminale, il thriller non può concedersi sbavature in tal senso. Non basta una storia intrigante, ma questa dev'essere seguita da una messa in scena attenta e minuziosa (è proprio questa unione di fantasia e bravura tecnica che rende così riuscite alcune pietre miliari del genere, dall'intramontabile "Vertigo" al più recente "Gone Girl") ed è questo l'elemento mancante nel film di Mordini, che non sembra dare ascolto all'avvertimento che egli stesso mette in bocca alla penalista Virginia Ferrara: l'importanza dei dettagli. Se la suspense consente una piacevole immedesimazione del pubblico, a posteriori alcuni buchi di sceneggiatura risulteranno però evidenti anche allo spettatore più distratto.
Questo problema si somma al secondo grande difetto della pellicola: la recitazione ostentata e innaturale degli attori, che rende le interpretazioni piuttosto stucchevoli in diversi punti dell'opera.
cast:
Riccardo Scamarcio, Miriam Leone, Fabrizio Bentivoglio, Maria Paiato
regia:
Stefano Mordini
distribuzione:
Warner Bros.
durata:
102'
produzione:
Warner Bros. Entertainment Italia, Picomedia
sceneggiatura:
Stefano Mordini, Massimiliano Catoni
fotografia:
Luigi Martinucci
scenografie:
Paolo Bonfini
montaggio:
Massimo Fiocchi
costumi:
Massimo Cantini Parrini
musiche:
Fabio Barovero