"Il libro delle soluzioni" arriva dopo uno iato lungo otto anni, durante il quale Michel Gondry ha girato corti, videoclip - alcuni bellissimi, come "Go" dei Chemical Brothers (2015) e "Model Village" degli Idles (2020) -, prodotto (e in parte diretto) le due sole stagioni del sottovalutato "Kidding" (2018-2020), serie Showtime con protagonista Jim Carrey. Nonostante l'itinerario professionale al solito variegato, "Il libro delle soluzioni" riparte proprio dal timbro narrativo, dall'approccio stilistico e dalla dimensione poetica a cui il regista era approdato girando "Microbo e Gasolina". Come il film del 2015, anche quest'ultimo lavoro è ambientato in luoghi che hanno per Gondry una risonanza biografica: nel racconto di formazione dei suoi piccoli eroi adolescenti si celavano i ricordi di un Michel liceale a Versailles, mentre qui il regista si autoanalizza attraverso Marc Becker, un alter ego più giovane che si rifugia a casa della zia in un paese tra le montagne delle Cevennes. Come ha raccontato lo stesso Gondry in diverse interviste, anche il disordine bipolare che viene attribuito al protagonista è uno spunto personale e, anzi, è probabile che il soggetto de "Il libro delle soluzioni" provenga da un crollo nervoso subito dal regista durante il tournage di "Mood Indigo - La schiuma dei giorni", dopo il quale gli è stato diagnosticato un disturbo dell'umore bipolare.
Nell'incipit, dopo la visione di una porzione del rough cut del film che Marc ha appena girato, la delegazione di produzione decide di negare al regista il final cut. Marc si allontana con una scusa e, insieme alla montatrice e ad altri collaboratori, ruba l'intero girato e scappa a casa della zia Denise. Isolandosi lontano da Parigi, Marc trasforma la casa dell'anziana zia in un laboratorio dove terminare la sua opera insieme alle poche persone di cui si fida e, per incentivare la propria creatività, smette di colpo di assumere gli psicofarmaci prescrittigli. La conseguenza è l'alternarsi di stati depressivi e di megalomania, sintetizzati da una risposta che il protagonista fornisce alla parente che gli chiede come sta: allegro di giorno e manipolato la sera. Marc ha paura che qualcuno gli sottragga il film, d'altro canto è terrorizzato dall'idea di rivederlo: dice alla sua montatrice che la struttura dovrà essere un palindromo e che lo vedrà solo dopo aver completato la post-produzione.
La struttura è una delle grandi ossessioni dell'arte gondryana, messa in luce innanzitutto nella seminale stagione dei videoclip ma evidente anche nei suoi capolavori ("Eternal Sunshine Of The Spotless Mind", "La science des rêves"). "Il libro delle soluzioni", come e più del precedente "Microbo e Gasolina", è un'opera che appare disegnata a mano libera, costruita per parentesi e digressioni che indugiano sull'ispirazione del momento. Gondry si concentra dunque in una sottile operazione in cui armonizzare il proprio stile all'andamento narrativo: l'esecuzione segue i picchi di energia creativa e le stagnazioni depressive del protagonista. Marc rinvia la conclusione del proprio lavoro impegnandosi in diversi side project, tra cui la costruzione del camiontage (una postazione di montaggio inserita alla guida di un furgone), un cortometraggio animato da utilizzare come intervallo del proprio lungometraggio, un documentario su una formica, l'acquisto di un casale diroccato. Ogni progetto è un capitolo de "Il libro delle soluzioni", l'opera che aveva iniziato da adolescente fermandosi dopo averne vergato il titolo: "Il fallimento è una sequenza di soluzioni intervallate da problemi. Il successo è una sequenza di problemi, intervallati da soluzioni" scrive compiaciuto Marc, in un episodio narcisista degno degli aforismi godardiani.
Se la costruzione narrativa è inevitabilmente frammentata dagli episodi ipomaniacali del protagonista, Gondry adopera la sintassi della propria fantasia per elaborare lo sguardo sul mondo di Marc: sono guizzi espressivi isolati, come le scene girate a passo uno e le invenzioni da bricoleur, strumenti asserviti alla decodifica di una realtà via via meno accogliente e più straniante.
L'autoritratto sbozzato dal regista non è lusinghiero, poiché Marc è vittima di sé e delle sue paranoie ma esse danneggiano i suoi rapporti con gli altri, talvolta in modo temporaneo, talvolta in modo irreparabile. Nel tempo fermo della depressione un piccolo gruppo ruota intorno al protagonista che resta completamente assorbito dalle proprie ossessioni e dalle proprie paure: tra i personaggi - tutti femminili - che lo supportano spicca zia Denise. Dietro questa figura interpretata con dolcezza da Françoise Lebrun si cela Suzette Gondry a cui il film è dedicato. Per comprendere il segno lasciato da Suzette sulla formazione e sulla vita del nipote Michel, bisogna tornare all'invisibile "L'Épine dans le cœur - La spina nel cuore" (2009) che ripercorreva anche le tappe lavorative della zia, maestra nei villaggi delle Cevennes. Alcune idee, i luoghi e le atmosfere familiari di "Il libro delle soluzioni" provengono da quell'home movie e sono qui rielaborati all'interno di questa confessione a cuore aperto in cui la famiglia reale del regista viene traslata in quella cinematografica della troupe.
Questo film, piuttosto piccolo e piuttosto semplice, può facilmente generare un equivoco, ossia essere liquidato come l'ennesimo lavoro autobiografico e ombelicale di un regista che farnetica del ruolo terapeutico dell'arte nella sua esistenza dissestata. Benché in parte tale limite esista, è però difficile non notare come Gondry evidenzi tutte le contraddizioni della relazione arte-vita, concentrandosi in particolare sulle conseguenze nella quotidianità dei rapporti umani, nella tentazione dittatoriale di dirigere non solo un film ma anche le vite degli altri in base alle bizze e ad effimere velleità. In una sequenza di clinica crudeltà, Marc, ormai tornato nel suo appartamento di Parigi e in fase di convalescenza, evita il contatto con la zia (da cui si era rifugiato nel momento del bisogno) congedandola rapidamente. In tal senso, i problemi di salute mentale insieme alle difficoltà produttive divengono le gabbie pratiche e psicologiche da cui Marc deve imparare a districarsi e la conquista di una rinnovata libertà passa attraverso la sequela di esperimenti creativi in cui si lancia con l'assoluta e infantile consapevolezza di avere ragione e/o successo. E tra esperimenti presto abortiti, tentativi ed errori, alcune soluzioni individuate da Marc si rivelano azzeccate, come la sorprendente collaborazione di Sting. Anche se probabilmente la scena chiave è rappresentata dalla registrazione dello score musicale: sulla scorta di una melodia accennata, l'orchestrina assoldata dal regista deve improvvisare delle variazioni seguendo la sua conduzione basata su una grammatica del corpo appena inventata. Il risultato è una successione di toni e leitmotiv che costituiscono il corpo musicale corrispondente allo spettro emotivo espresso dal regista. Allo stesso modo, il corpo filmico diviene l'estensione della mente di Gondry che firma un'opera in cui l'espressione artistica è uno spazio che va protetto anche da sé stessi. "Il libro delle soluzioni" è l'esecuzione di un'idea di messa in scena in cui l'esistenza, coi suoi limiti e i suoi difetti, si offre come sconfinata ipotesi di spazio creativo. E il protagonista non può essere che l'alter ego di Gondry che ripetutamente ricomincia da capo, in un infinito "giorno della marmotta", terrorizzato dal traguardo dell'opera finita.
cast:
Pierre Niney, Blanche Gardin, Françoise Lebrun, Camille Rutherford, Frankie Wallach, Vincent Elbaz, Mourad Boudaoud
regia:
Michel Gondry
titolo originale:
Le Livre des solutions
distribuzione:
I Wonder Pictures
durata:
102'
produzione:
Partizan Films
sceneggiatura:
Michel Gondry
fotografia:
Laurent Brunet
scenografie:
Pierre Pell
montaggio:
Élise Fievet
costumi:
Florence Fontaine
musiche:
Étienne Charry