Mentre nelle italiche sale è possibile vedere "
The Green Hornet", il film più costoso di Michel Gondry (produce Sony), ci siamo persi per strada il documentario presentato fuori concorso a Cannes nel 2009 e uscito in Italia in dvd praticamente sotto silenzio. "L'épine dans le coeur" è un tributo all'anziana zia di Gondry, modello di vita che ha segnato l'infanzia del regista francese.
In ogni famiglia c'è una zia Suzette, una persona così energica e carismatica da esercitare un particolare fascino sui parenti più piccoli. Gondry ne realizza un ritratto sincero e appassionato attraverso il quale può parlare anche della sua famiglia e, in filigrana, di se stesso. Seguiamo Suzette per più di quarant'anni in giro nella provincia francese, passando per le varie tappe della sua carriera di maestra elementare. Questa sorta di
home-movie non ha in verità grandi pretese di riflessione storico-sociale, sul cambiamento della provincia francese negli anni, né intenti didattici sull'importanza dell'insegnamento: Gondry vuole e realizza un piccolissimo film soprattutto per se stesso, tanto che viene il dubbio sui motivi che l'hanno spinto a farlo vedere al mondo. Probabilmente il narcisismo è una dote comune agli artisti e in fondo Gondry utilizzando una macchina da presa non può esimersi dal
griffare il suo documentario, non nascondendoci, anzi esponendo la matrice finzionale di certi meccanismi: il carrello fatto con la sedia a rotelle (che mi ha ricordato un episodio di "Dawson's Creek"), il microfono spesso in bella vista, l'operatore che dice ai protagonisti di entrare in scena, la sequenza "fantastica" con l'antico trucco del chroma-key. Altro momento altamente
gondryano è la proiezione
en plein air di un vecchio film, esattamente come quella che chiudeva il sottovalutato "
Be kind rewind". E' il cinema che cerca, sgomitando, di entrare nella realtà, che d'altra parte dimostra di avere una sua incredibile drammaturgia. Quanto è sfaccettato il personaggio di Suzette e quanta macerazione e complessità c'è dietro la sua "spina nel cuore", ovvero dietro il rapporto con suo figlio? Jean-Yves, il cugino di Gondry, è adesso un uomo di mezz'età, scopertosi tardi omosessuale, instabile, tendente al depresso, che si è sempre relazionato male con l'ingombrante figura materna. Gli spostamenti di città in città della maestra Suzette sono segnalati dalla fermata del treno nel modellino di una ferrovia: pura invenzione
gondryana all'apparenza, scopriremo invece che era stato costruito proprio da Jean-Yves. Insomma, l'ambiente in cui cresci ti segna in maniera indelebile.
Le esperienze di vita della zia fanno capolino con la poesia del quotidiano, mostrando talvolta quanto possa essere straordinario e importante l'incontro con una persona "speciale" e in altri casi come chiunque, in questa vita, sia destinato a vivere una tragedia privata, a elaborare un lutto, a saper soffrire."Non è stato mai facile" confessa Jean-Yves alla cinepresa del cugino, mentre sua madre non nasconde il disappunto. Un muro li divide, dirà Michel nella speranza che ri-vedersi in questo film possa aiutarli a comunicare. Il fatto che In "L'epine dans le coeur" si respiri un'aria familiare e privata sin dalle prime battute, quando Suzette racconta un aneddoto riguardo il marito, non impedisce di entrare facilmente in contatto coi protagonisti, sentendo i loro dolori e i loro moti di gioia: il vero pregio del film di Gondry risulta la naturale empatia che si stabilisce con Suzette e chi, di volta in volta, popola la sua memoria.
Per l'artigianalità del cinema sognante di Gondry questa è una boccata di pungente realtà, con i suoi spigoli difficili da limare, e con i ricordi (inserti da filmini di famiglia) che si sovrappongono al viaggio dentro e fuori la memoria di Suzette. Contrappuntata da una delicata colonna sonora pop in cui spicca "My lie.f" di Spleen, "L'epine dans le coeur" è un'opera sentita, dalla grande portata umana e coraggiosamente commovente.
23/01/2011