"Niente batte il classico". È la battuta
leitmotiv di questa seconda pellicola dedicata ai "sacrificabili" capitanati da Sylvester Stallone, pronunciata da Sly e dal collega Jason Statham mentre sbattono al tappeto a suon di cazzotti loschi energumeni alti il doppio di loro. Ed è anche la chiave di lettura ideale in cui interpretare l'action testosteronico di Simon West ("Con Air"). I rudi e attempati mercenari guidati dal disilluso Barney Ross sono gli anti-
Avengers, "personaggi analogici in un mondo digitale", per citare una battuta di "Ocean's 13", carne, muscoli e sangue in lotta contro il tempo e la vecchiaia.
Come nella
pellicola precedente, la riflessione, nostalgica e ironica, sul tramonto del muscolare cinema di genere anni 80, è insistita e rafforzata dai nuovi nomi del cast (a Stallone, Schwarzenegger e Willis si aggiungono Chuck Norris e Jean-Claude Van Damme), tuttavia l'impressione finale è quella di un'operazione meno "urgente" e sincera. Stallone si limita a co-firmare la sceneggiatura, a conferma di un minor impegno e identificazione col progetto. E se il primo "Expendables" chiudeva un personalissimo e coerente percorso di decostruzione dell'eroe iniziato con "Rocky Balboa" e proseguito poi in "
John Rambo", qua il tono è più disimpegnato, farsesco, da puro
divertissment. Non a caso sparisce, senza nemmeno una riga di giustificazione in sceneggiatura, il personaggio di Tool, interpretato da Mickey Rourke, che con il suo volto segnato dalla violenza e i racconti delle orribili guerre combattute, rappresentava la coscienza dolente del branco. La violenza si fa meno disturbante, meno splatter, e più fumettistica (il salvataggio iniziale in Nepal, degno di un film di James Bond), e aumentano, per la gioia dei fan, gli
in-jokes (tra le battute più infelici, una pronunciata da Schwarzy: "ora manca solo Rambo!") e le incursioni nella commedia, come i battibecchi tra Stallone e Staham, o l'insistenza sulla goffaggine del gigante Dolph Lundgren (resuscitato alla fine del primo episodio, ed evidentemente pure disintossicatosi). A conferma dell'appeal più "universale" di questa seconda avventura, e in pieno spirito
politically correct, la squadra rinuncia al piccoletto Jet Li, accomiatatosi dopo i primi dieci minuti, e accoglie l'agile donzella Nan Yu.
La struttura narrativa del film di West resta elementare come quella del precedente capitolo, ed è genialmente esemplificata in una battuta di Sly rivolta al cattivone di turno: "Lo cerchiamo, lo troviamo e lo uccidiamo". Ma non è un problema. L'azione è concentrata nell'esplosivo incipit e nello
showdown finale, per il resto il film, così come il precedente, si perde in piacevoli e atipiche parentesi "intimiste", in cui si affinano le psicologie dei protagonisti e si impara a conoscerli un po' meglio. E' chiaro che ciò che più stava a cuore a Stallone era il tema della perdita dell'innocenza e il personaggio dell'ex marine disgustato dalla guerra interpretato dal giovane Liam Hemsworth, ma il regista non asseconda a dovere i lati potenzialmente più interessanti della sceneggiatura e punta solo ad a solleticare il gusto citazionista della platea: ecco allora che la presenza di Schwarzenegger e Bruce Willis pare - narrativamente - più forzata che nel film originale, così come l'entrata in campo del lupo solitario Norris (accompagnato in sottofondo da Ennio Morricone), indistruttibile come da contratto, ma anche capace di regalare una auto ironica battuta-barzelletta che rimarrà alla storia (quella sul morso del cobra).
Il gioco mostra ben presto la corda, ma tutto sommato ci si diverte.