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recensione di Giancarlo Usai
8.5/10

E se Richard Linklater da Houston, partito con la sua avventura nel cinema come la versione americana di Eric Rohmer, protagonista della nascita e dello sviluppo del cinema indipendente statunitense degli anni 90, si stesse trasformando nel successore di Clint Eastwood nel panorama della galassia produttiva dentro e fuori Hollywood? Non è un interrogativo così assurdo, se si comincia a guardare da lontano la sua carriera, la sua filmografia, la traiettoria della sua arte e del suo stile espressivo: 22 lungometraggi in poco più di 35 anni, una media di neanche un titolo ogni due anni. I suoi lavori cominciano a sembrare, assemblati insieme, una sorta di affresco generale sulla contemporaneità e le sue riflessioni filosofiche ci appaiono, osservate ora, meno complesse e inafferrabili, i suoi personaggi - anche i più evanescenti - assumono contorni più definiti, ci sembra di capire meglio e di più di questo percorso che troppi, e per troppo tempo, hanno grottescamente considerato alla stregua di un processo intellettuale autoriferito e non curante delle aspettative del pubblico.

Ebbene, "Hit Man - Killer per caso" (una volta tanto risulta accettabile il sottotitolo italiano acchiappa-spettatori) sta qui come pietra angolare della maturità completata di un autore che non ha più angoli bui nel suo habitat cinematografico, si muove in Texas e ben oltre il Texas, può lanciarsi in avventurosi esperimenti filmici ai limiti della follia (tutto il capitolo del rotoscope sta lì a ricordarcelo) e poi retrocedere su binari più convenzionali, dove però il controllo totale della macchina da presa, dello spazio scenico, della scrittura e della recitazione (ultimo aspetto ma forse il più importante) rimane totale e ammantato di una classe cristallina. Non c'è mai una inquadratura di troppo, uno stacco di montaggio che non abbia un senso profondamente connesso con il narrato, un'invenzione registica che non sottenda un ragionamento sullo sviluppo degli eventi.
"Hit Man" è una commedia, certo, divertentissima e ritmatissima, ma è anche un nuovo tassello che aggiunge contenuto allo sterminato bagaglio di approfondimenti sulla condizione dell'essere umano del nuovo millennio che Linklater porta avanti da anni. La poetica dell'attimo qui viene momentaneamente sospesa e si fa largo qualcos'altro; stavolta a essere messa sotto la lente d'ingrandimento del regista è l'ossessione per il cambiamento, la lotta continua che ognuno fa con la propria identità, il dubbio crudele se sia possibile vivere una vita differente da quella che il corso naturale degli eventi ci ha fatto capitare in dote.

Resta stupefacente il gioco di specchi, ludico e leggero eppure così acuto, con cui il cineasta texano ribalta gli stereotipi della commedia sentimentale; c'è tutto, infatti, che lasci pensare a un racconto semplice, caratterizzato da una certa levità nei toni e nel senso generale. In realtà, come una gigantesca illusione, il film è questo ed esattamente il suo contrario, ancora una volta una brillante e commovente analisi dei pensieri che più ci tormentano, che più ci rendono così immobili di fronte agli imprevisti della vita.
Gary Johnson è tutti noi, è un uomo qualunque, che fa una vita qualsiasi e che vive soddisfatto nella sua latente insoddisfazione. Che nome dare a questa strana sensazione? Come definire questo modo di esistere che in apparenza è "normalità" e che invece è "ambiguità"? L'arte di Linklater consiste in questo: per tutto ciò che riempie le nostre vite e per cui non esistono espressioni atte a darne una definizione, egli ci scrive sopra un'intera opera cinematografica (quasi sempre, oltretutto, di straordinario livello).
Nella trasformazione di Gary in Ron (il killer che l'insegnante anonimo deve prima impersonare sotto copertura per la polizia e che poi finisce per prendere il sopravvento sul suo Io precedente) c'è il gusto per un paradosso che solo al cinema può giungere alle estreme conseguenze. La bellezza fulgida del film sta tutta in questa trasformazione progressiva e quasi taciuta, a parole.
Mentre assistiamo al dibattito sull'identità del protagonista, mentre la voce fuori campo espone allo spettatore i tormenti, le incertezze, gli equivoci, le situazioni incresciose che la confusione tra due personaggi interpretati può generare, noi assistiamo in corso d'opera alla trasformazione. Coadiuvato sia in sede di sceneggiatura sia nella creazione fisica del ruolo da Glenn Powell (un attore straordinario), Linklater commette un nuovo, consapevole oltraggio alle convenzioni del cinema. Ciò che doveva essere un momento di evasione dalle sue opere più complesse e impegnative diventa essa stessa un'opera complessa e impegnativa.

Il tempo, autentica fissazione dell'autore, qui non scompare come ombra, ma piuttosto cambia forma. Il tempo non è più quello che concentra le riflessioni predominanti dei personaggi in scena, né la costante che scandisce il mutare delle condizioni di vita raccontate e descritte. In "Hit Man" il tempo assume contorni prettamente registici, diventa oggetto in sé di un nuovo gioco da portare a compimento: è un film, "Hit Man", che non ha una organizzazione del ritmo definita e che trasforma l'improvvisazione teatrale in un pezzo importante della stessa sceneggiatura. Ci sono sequenze velocissime e altre prolungate oltre ogni logica, in un connubio di situazioni che si susseguono in modo frenetico e che permette a Powell, ma anche agli ottimi Adria Arjona e Austin Amelio, di assecondare questa onda imprevedibile che è l'andamento a strappi del racconto.
Pur così diversi, "Apollo dieci e mezzo" e questa ultima fatica del regista sono comunque collegati da una costante. Se il film d'animazione prodotto da Netflix si chiudeva con un inciso sulla possibilità di selezionare i propri ricordi, scegliendo quali alterare per rendere più bello il proprio passato fino a farne una realtà alternativa mai esistita, qui vale lo stesso procedimento per il presente: con l'aiuto di una doppia identità, Gary plasma un nuovo sé che gli piace di più, o comunque lo usa al fine di rendere migliore la propria identità originaria, fino a confondere se stesso con il suo alter ego per creare una terza identità del tutto nuova.

Ricco di battute eccezionali e trovate di scrittura originali, "Hit Man" procede per scene madri. Ne scegliamo una, che simboleggia meglio delle altre quella invisibile porta girevole che è nascosta nelle pieghe della sceneggiatura e che trasforma l'opera in un andirivieni tra consuetudini da commedia e sorprendenti svolte linklateriane. Quando Gary/Ron è costretto ad affrontare, spiato dai suoi colleghi, la bella Madison che aveva già scoperto la sua doppia identità, va in scena un duetto fulminante in cui ciò che era improvvisazione diventa vicenda principale e ciò che era vicenda principale viene frantumato dai rivoli del racconto improvvisato. Che cosa è reale? Che cosa è fittizio? Che cosa è sincero? Che cosa non lo è? Le risposte sono nella macchina-cinema, che Linklater, ancora una volta, gestisce con maestria. E allora torniamo al punto di partenza. Siamo di fronte a un nuovo concetto di cinema classico, le cui nuove regole e i nuovi usi si stanno scrivendo proprio davanti ai nostri occhi, proprio mentre assistiamo alla proiezione di "Hit Man".


17/07/2024

Cast e credits

cast:
Molly Bernard, Sanjay Rao, Retta , Austin Amelio, Adria Arjona Torres, Glen Powell


regia:
Richard Linklater


titolo originale:
Hit Man


distribuzione:
BIM Distribuzione


durata:
115'


produzione:
AGC Studios, Shivhans Pictures, Monarch Media, Barnstorm Co., Aggregate Films, Cinetic Media, Detour


sceneggiatura:
Richard Linklater, Glen Powell


fotografia:
Shane F. Kelly


scenografie:
Bruce Curtis


montaggio:
Sandra Adair


costumi:
Julianna Hoffpauir


musiche:
Graham Reynolds


Trama
Gary Johnson è un professore di filosofia all’università di New Orleans, un tipo ordinario che però nasconde una doppia identità, visto che lavora sotto copertura per la polizia fingendosi un sicario in modo da far arrestare in anticipo coloro che vorrebbero commissionare un omicidio. Un giorno a uno degli incontri registrati dalla polizia si presenta però una ragazza indifesa, di cui Gary si innamora all’istante...