In un epoca popolata da eroi digitali, in un cinema dove ormai a farla da padrone sono superstar postumane, Dwayne Johnson, l'ormai ex wrestler conosciuto ai più come The Rock, è un personaggio atipico e anacronistico, forse l'unico degno erede (assieme a Mark Whalberg e Jason Statham) degli eroi del cinema action muscolare e testosteronico degli anni '80. Uno Schwarzy dei nostri tempi, più addolcito e
politically correct, che non può non suscitare simpatia. Ci ha creduto fortemente in questo nuovo film sul semidio Ercole (il secondo ad arrivare in pochi mesi, il precedente è il dimenticabile "
Hercules - La leggenda ha inizio" di Renny Harlin), al punto da sottoporsi ad un lunghissimo (otto mesi) e intensivo allenamento, per potenziare la sua muscolatura e raggiungere l'adeguato
physique du role.
Prodotto da Peter Berg e diretto da un mestierante senza arte ne parte come Brett Ratner, questa nuova versione di "Hercules" prende le mosse, com'è d'abitudine oggi, da una semisconosciuta graphic novel, "Hercules - La guerra dei Traci", di Admira Wijaya e Steve Moore, edita dalla Radical Comics, e regala esattamente ciò che promette. In ottemperanza al cinema "di carne" di Johnson, "Hercules - Il guerriero" rinuncia (quasi) del tutto agli effetti digitali, e si rifugia in una comodo, nostalgico, spettacolo da "sandalone", tutto battaglie e pettorali scolpiti. Più dalle parti de "Il gladiatore" che "
Scontro tra titani", tanto per intenderci. Il film di Ratner svia da sottotesti mitologici e fantasy, e re-immagina un eroe mercenario, che si circonda di reietti e
freak, e propugna alle masse le proprie (false) imprese straordinarie per spaventare i nemici. E' questo l'aspetto più innovativo e divertente della pellicola, che ironizza intelligentemente sulle origini dei miti (e delle religioni) decostruendo da par suo il leggendario eroe greco, sì possente e coraggioso, ma sprovvisto di qualsiasi superpotere, ignorato, forse odiato, dagli dei che dovrebbero essere al suo fianco, un semplice essere umano che costruisce da sé il proprio destino. Insomma, l'ideale del
self made man americano trasportato nell'antica grecia, dove il gigantesco Hercules "vende" la propria leggenda a suon di marketing (regalando alle truppe che dovrebbe addestrare cimeli di battaglia creati ad hoc) e cazzotti.
Se il personaggio è raccontato attraverso una chiave divertita e inedita, lo stesso non si può dire della vicenda che è costruita attorno a lui: assoldato dal re di Tracia (John Hurt) e da sua figlia per difendere il popolo da un violento guerriero che sta depredando terre e villaggi, Hercules (aiutato dai suoi prodi amici) capisce ben presto di far parte di una macchinazione più complicata di quello che sembra, che riporta alla mente il ricordo della sua famiglia misteriosamente sterminata anni prima. Colpi di scena prevedibili, epiche battaglie e sequenze di guerra, ricostruzioni storiche un tanto al chilo, ma se ci si accontenta lo spettacolo c'è, il ritmo è spedito, e il cast funziona (menzione speciale per il simpatico Ian McShane che interpreta il cinico veggente Anfiarao).
Il mezzo flop in patria, tuttavia, lascia più di un dubbio su come possa trovare ancora spazio nel cinema spettacolare contemporaneo un prodotto demodè come questo.