"Ammetti che è una bugia"
L'
incipit di "Goodnight Mommy" mette fin da subito in chiaro su quali tematiche verte la pellicola, con una sequenza fintamente
found footage nella quale una famiglia vestita con abiti tradizionali austriaci canta una nenia in un ambiente illuminato in maniera quasi fiabesca. In seguito emerge dalle tenebre seguenti il titolo in lingua originale, il ben più evocativo e apparentemente adatto "Ich seh, Ich seh". "Vedo, vedo". Come la canzoncina cantata dall'allegra famigliola à la "Mulino Bianco". Pertanto il duo registico dichiara fin da subito di perseguire la decostruzione del concetto di famiglia e di proporre al contempo una riflessione sul senso della visione (e presumibilmente quanto esso sia centrale nella fruizione cinematografica). La questione da sondare in sede critica è se Franz e Fiala siano riusciti a conseguire quanto prepostisi.
Le tematiche precedentemente accennate dovrebbero essere ben note a chi conosce anche solo vagamente il cinema austriaco, le cui due figure forse attualmente più esemplificative hanno fatto della funzione critica della decostruzione il loro cavallo di battaglia. Se infatti
Ulrich Seidl, guarda caso consorte di Veronika Franz (anche co-autrice di alcune sue sceneggiature), ha sempre compiuto, sia con film
fiction che documentari, un'analisi spietata della società austriaca (e per estensione, spesso anche europea),
un più noto regista austriaco ha perseguito fin dagli esordi fini simili (per dir la verità di più ampio spettro), accompagnandovi una consistente riflessione sullo statuto moderno del
medium cinema e dell'arte in generale. Oltre a tali temi i due registi si appropriano anche di alcuni stilemi dei succitati cineasti, optando per una
mise en scéne ipercontrollata e la fotografia gelida e contrastata di Martin Gschalcht, pur mettendoci del suo con un vasto spettro cromatico e una maggiore flessibilità nell'utilizzo di varie tecniche cinematografiche (si alternano
tableaux, soggettive, macchina a mano, sequenze oniriche, etc...).
"Ich seh, Ich seh" risulta quindi il tentativo di rielaborare tematiche piuttosto inflazionate nel cinema di provenienza dei due autori inserendole in una cornice apparentemente di genere. Si badi che definire questo film un horror è quanto di più impreciso possibile: l'atmosfera opprimente, enfatizzata dall'ottima fotografia e dall'insinuante colonna sonora, inizialmente spezzata da momenti quasi elegiaci, si rivela essere nulla più che un
mood puntante ad influenzare lo spettatore o forse ad alludere alla precipitosa discesa finale nel "vero orrore". Similmente i vari
dispositivi di genere horror che vengono sfruttati nel corso della pellicola assolvono ad una pura funzione strumentale, rivolta ad ingannare lo spettatore e mettere in crisi le certezze di quello. Così come si presume faccia il
plot twist finale.
Ma la prevedibilità di questo, a cui si allude già in una delle primissime sequenze e che ha una spropositata quantità di conferme nel corso del film, sottolinea la velleità dell'intera opera (assieme al modo totalmente anticlimatico con cui avviene la rivelazione finale) e quanto la patina da horror à la
M. Night Shyamalan sia un puro pretesto per costruire un film a tesi. Se questo risulta palese per lo spettatore più smaliziato ben prima della conclusione della pellicola, non va ignorato quanto ogni singolo elemento di "Goodnight Mommy" alla fine debba confluire forzosamente verso questo fine. Difatti il film di Franz&Fiala adopera alternatamente parentesi grottesche (probabilmente derivate dal cinema di Ulrich Seidl), caratterizzazioni enfaticamente negative, sequenze e convenzioni tipicamente horror per convogliare una visione dell'umanità estremamente negativa che non può che condurre allo sconvolgente finale.
Ma se l'eleganza della confezione e l'indubbio mestiere del duo di esordienti, uniti all'innegabile alchimia fra i due giovanissimi protagonisti, rendono "Ich seh, Ich seh" un'opera interessante che potrebbe fornire più approfondite occasioni d'analisi a posteriori, nel presente essa appare come nulla più che un crudele
divertissement autoriale che fallisce laddove utilizza il genere come mera patina per la propria tesi senza tentare di far coesistere realmente due registri (da qui probabilmente la repentinità della tragica svolta). Eppure ciò che realmente squalifica l'esordio di Veronika Franz e Severin Fiala è la sua totale gratuità che esplicita la natura solamente (per l'ennesima volta) ludica dell'opera, il cui massacro finale viene privato della sua tragicità e ridotto ad essere solo un altro gradino in più nell'esibizione della crudeltà. Avvicinandosi così alla cosiddetta
nouvelle vague dell'
horror francese "Goodnight Mommy" ne sposa la discutibilità (che spesso è pura futilità), senza però possederne l'innovatività e una forza in un qualche modo realmente decostruente, imitando peraltro il medesimo rapporto che la lega ai cinema di Siedl e Haneke, di cui è l'ultimo, inutile, derivato. Non sempre la ripetizione e la crudeltà sono rivoluzionari. Di certo non se ridotti a
gioco.
15/06/2016