Le cose stanno così: Walt Disney Animation Studios rappresenta la preservazione del "Classico" della casa di Topolino, la riproposizione dei topoi del cinema d'animazione (narrativi e di messa in scena) che hanno fatto la fortuna del celebre brand per l'infanzia; mentre la Pixar simboleggia l'innovazione, lo scarto tra il passato e il futuro, la sregolatezza, il genio. La nostalgia contrapposta all'entusiasmo della novità. Ciò poteva avere un senso quando qualche anno fa, quando John Lasseter mise in cantiere l'ultra classico "
La principessa e il ranocchio", piacevole contro programmazione allo struggente e funereo "
Up" realizzato dalla Pixar nello stesso anno. Oggi però, con la Pixar che segna una battuta d'arresto e pare essersi impantanata in una preoccupante impasse, tra sequel che sembrano prodotti solo in virtù di monumentali (e redditizie) campagne marketing (basti pensare a "
Cars 2" e "
Monsters University") e film che rispolverano senza troppa convinzione temi e meccanismi narrativi antichi come il mondo (l'insipido "
Brave"), questa contrapposizione ha ancora senso?
Il dubbio si rinsalda con la visione del nuovo "Frozen - Il regno di ghiaccio", nuovo kolossal d'animazione (digitale) natalizio targato Walt Disney Studios che si rifà addirittura alla fiaba di Hans Christian Andersen "La regina della neve", senza tradirne eccessivamente lo spirito. Regni incantati fuori dal tempo, una regina dotata di straordinari poteri che tuttavia non riesce a controllare, la sorella minore che tenta di farla rinsavire e nel frattempo scopre cosa significhi il vero amore. Nulla di nuovo, senza dubbio, ma è questo ciò che il pubblico, e i più piccoli sembrano chiedere (in patria il film è già stato premiato da uno straordinario successo). Anche la "forma" si rifà ai grandi Classici Disney, con una struttura da musical
à la Broadway, indirizzata prevalentemente al pubblico femminile. Ma se la prima parte funziona egregiamente, alternando i meccanismi della più classica fiaba a numeri cantati che finalmente possono contare su un degno accompagnamento musicale (di Christophe Beck) e un alto livello di scrittura (le canzoni sono firmate dal duo Kristen Anderson Lopez e Robert Lopez, già al lavoro nel sottovalutato "Winnie Pooh" del 2009), dopo la prima mezz'ora il film cede il passo ad una più risaputa trama avventurosa, con la goffa principessa che si mette in viaggio per trovare la sorella fuggiasca ed aiutarla a controllare i suoi incredibili poteri congelanti. "Frozen" si scorda così ben presto di essere un musical e sconfina nel
fantasy, inanellando una serie di sequenze rocambolesche (la lotta contro il gigante di ghiaccio) e puntando su una folta schiera di comprimari (su tutti il pupazzo di neve parlante Olaf, ma ci sono anche la renna-cane Sven e la famiglia di Troll) che strappano il sorriso e accontentano anche la platea di piccolissimi.
Al netto di colpi di scena prevedibili, corse contro il tempo e risaputi messaggi "morali" (crescere significa imparare a controllare il proprio potere, amare vuol dire anche sacrificarsi per qualcuno) i registi Jennifer Lee ("
Ralph Spaccatutto") e Chris Buck ("Tarzan", "Surf's Up") amministrano lo spettacolone con il giusto ritmo, cercando cinicamente di accontentare ogni tipo di spettatore. Ma se si arriva al finale senza mai guardare l'orologio, l'impressione è quella di una pellicola senza un vero perché, anacronistica solo all'apparenza, in cui non scatta mai la scintilla che ha reso immortali i passati capolavori Disney. Ciò non toglie che il livello e la cura nell'animazione sia di altissima caratura e spettacolarità visiva (la città di Arandell è disegnata ispirandosi all'architettura norvegese), che il design dei personaggi sia simpatico e che il cast di voci sia assemblato con intelligenza: Anna è doppiata in originale da Kristen Bell, da noi da Serena Rossi, la regina Elsa da Idina Menzel-Serena Autieri, mentre il pupazzo di neve Olaf, negli Usa il comico Josh Gad, da noi ha la voce di Enrico Brignano, tutti da applauso, anche in veste di cantanti.