Era commercialmente inevitabile che un successo planetario come "Frozen" avesse un seguito. Quanto meno per vendere nuovi pupazzi, zainetti e pigiamini. Ci troviamo di fronte però al più classico dei seguiti meccanici, senz'anima. E in un organismo complesso come un film anche se ci lavorano i professionisti migliori del mondo l'assenza di anima si nota.
Il primo "Frozen" ha segnato la rinascita della Disney tradizionale, non basata su proprietà intellettuale altrui, che non azzeccava un film di animazione da tempo. L'ambientazione nordica ha fatto sognare, c'era almeno una canzone travolgente (per chi ama il genere) e soprattutto mettere al centro della storia la relazione tra due sorelle molto diverse era un'idea originale e forte che ha portato a un vero e proprio culto del film.
La morte dei genitori è un classico dei film Disney, tant'è che nel primo film passava quasi inosservata. Far luce sull'accaduto diventa invece il perno narrativo del sequel, o ciò che gli va più vicino. Perché la triste verità è che questo film una storia coerente non ce l'ha. Al punto che gli sceneggiatori mettono continuamente in bocca ai personaggi frasi come "So che tutto questo sembra assurdo ma...", "A un certo punto tutto questo avrà senso...", "Non so perché ma devo andare..." per cercare di nascondere le crepe nella struttura della storia. La netta impressione che si ha è che a partire da una bozza di storyboard iniziale siano state divise le sequenze da realizzare e per fare prima ognuna di essere sia stata sceneggiata e diretta da un gruppo di lavoro diverso che non si è mai parlato con gli altri. Le sequenze infatti non hanno nessun raccordo a livello di storia ma neanche di immagini o di montaggio. Sono giustapposte. Alcune sono oggettivamente belle: sono le più astratte, quelle in cui i poteri di Elsa si manifestano come geometrie danzanti. O la lotta di Elsa contro il mare, anche se si era già vista quasi tutta nel trailer. Altre sono penose, in particolar modo i numeri musicali che mancano di un'idea che sia una. La maggior parte sono realizzate bene – la fluidità e il realismo dei movimenti raggiungono dei livelli sbalorditivi – ma essendo completamente sconnesse con quanto successo fino a quel momento lasciano una sensazione di disorientamento.
A livello tematico c'erano sulla carta degli spunti interessanti. In teoria sarebbero il segreto di Arendelle del titolo, ma ogni spettatore maggiorenne li capisce prima della fine della scena pre-titoli. Come accade ciclicamente, le grandi produzioni statunitensi tornano ad affrontare il peccato originale della loro nazione, il fatto di aver costruito la propria casa su un cimitero indiano, per dirla con "Poltergeist". In questo caso il genocidio dei nativi americani viene presentato come un transfert dato che in realtà si parla della condizione di un popolo nomade che vive a Nord di Arendelle nella foresta, in cui si possono riconoscere i Sami della Norvegia. Il conflitto popolo nomade popolo industrializzato conduce nelle intenzioni anche a una riflessione sul rapporto industria-natura, al punto che vedremo Anna in versione ecoterrorista. Ma tutto questo rimane sulla carta – enunciato mai mostrato si dice in questi casi – con spettatori e personaggi che si aggirano smarriti tra simboli contraddittori (gli elementi, la memoria dell'acqua, il fiume, la voce) che non giungeranno mai a formare un quadro compiuto. A compensare tutto questo giunge un doppio triplo quadruplo finale, lieto, più lieto anzi lietissimo, in cui tutto e tutti vivono in armonia e niente più increspa il loro autunno.
E Olaf? Chiederanno i piccoli lettori di Ondacinema. Olaf è strapresente – ha una serie di sequenze sketch dedicate anche parecchio divertenti. Ma se l'unica scena di cui parlano i bambini all'uscita del cinema è quella in cui Olaf riassume nel suo modo demenziale il primo Frozen in trenta secondi, c’è evidentemente un problema. Bastava mettere il video su Youtube.
Per quanto si sia adulti cinici e avvezzi alle cose del mondo, l'idea che questo film sia destinato a incassare diecimila volte di più (ed essere visto diecimila volte di più) di quel capolavoro di immaginazione che è "La famosa invasione degli orsi in Sicilia", che lascia invece i bambini incantati, non può che amareggiare e fare riflettere sul dominio del marketing, della produzione e della distribuzione sul cinema.
regia:
Chris Buck, Jennifer Lee
titolo originale:
Frozen II
distribuzione:
Disney
durata:
103'
produzione:
Disney
sceneggiatura:
Jennifer Lee
musiche:
Christophe Beck