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recensione di Domenico Ippolito
6.0/10

Sulla costa californiana, a poche miglia da San Francisco, c'è Fremont, un grosso agglomerato urbano che ospita la più vasta comunità afghana degli Stati Uniti. Qui vive Donya, ex-traduttrice per l'esercito statunitense a Kabul, ora giovane rifugiata che ha lasciato il suo Paese dopo il ritorno dei talebani. La seconda vita americana di Donya scorre monotona nel quartiere-dormitorio che occupa insieme ai tanti connazionali, il lavoro in una fabbrica di biscotti cinesi della fortuna, il ristorante dove guarda le telenovelas con Aziz, l'attempato gestore, i consigli alla ricerca del blind date perfetto della collega Joanna, i colloqui al limite del surreale con il dottor Anthony (Gregg Turkington, "Entertainment"), dove cerca un rimedio per la sua insonnia, nonostante lo psicanalista sia anch'egli vittima di una innocua ossessione, quella per il romanzo "Zanna Bianca".

Le immagini fisse, il budget ridotto (sotto il milione di dollari), i primi piani insistiti, il caldo bianco e nero firmato da Laura Valladao, così come la sceneggiatura e i dialoghi (o meglio, i silenzi) co-firmati dall'autrice italiana Carolina Cavalli, rendono "Fremont", quarto lavoro di Babak Jalali, regista iraniano-britannico, coerente col proprio tono, monocorde, bilanciatissimo, uno studio sul personaggio perfettamente a fuoco ma anche estremamente rigido.

Donya, infatti, ottimamente resa dall'esordiente Anaita Wali Zada, che sovrascrive nella protagonista i sofferti trascorsi esistenziali (anche lei afgana e rifugiata), è il centro immobile del suo piccolo mondo, che gira apparentemente a vuoto. Il plot costruisce in maniera lentissima la metafora di una nuova consapevolezza, un'occasione lavorativa del tutto inaspettata: da impacchettare i biscottini a scriverne il contenuto è un passaggio rivoluzionario, il rifiuto di una sicurezza imposta con il desiderio di poter influenzare la vita, finalmente, la sua e quella degli altri. Come spiega, infatti, il proprietario della fabbrica, il cinese Ricky: "i messaggi della fortuna sono una responsabilità perché incidono su una miriade di cose."

In "Fremont", tutto ciò rappresenta lo scossone che mette in moto, letteralmente, la protagonista. Ci sarà, infatti, un momento on the road dove spunta un altro imprevisto e l'apparizione, sommessa e luminosa insieme, di Daniel (interpretato da Jeremy Allen White, il protagonista della serie "The Bear"). È interessante notare come la quotidianità di Donya, tanto ordinaria e comune a milioni di persone risulti così lontana dalla sua vita precedente, di cui Jalali decide di farci ascoltare solo il racconto neutro e impassibile della ragazza, quando bonariamente interrogata dal suo psichiatra.

Il senso di colpa di Donya non è propriamente quello di aver collaborato con gli americani, ma piuttosto di aver lasciato il suo Paese, una fortuna che altri non possono vantare, perché rimasti oppure non sopravvissuti alla guerra. Tuttavia, questa importante cornice storica, attualissima, viene messa in disparte in favore del racconto intimista, fortemente caratterizzato dall'idea di cinema del suo autore. Persino l'insonnia di Donya è mostrata come un quadro in cui ogni luce è al suo posto e che non scuote chi dovrebbe viverla, o chi la osserva. È una cifra sulla quale Jalali decide di tenere fermamente il punto, giocandosi il rischio di ridurre "Fremont" a un esercizio di stile.


28/06/2024

Cast e credits

cast:
Anaita Wali Zada, Jeremy Allen White, Gregg Turkington, Hilda Schmelling


regia:
Babak Jalali


distribuzione:
Wanted Cinema


durata:
91'


produzione:
Marjaneh Moghimi, Sudnya Shroff, Rachael Fung, George Rush, Chris Martin, Laura Wagner


sceneggiatura:
Carolina Cavalli, Babak Jalali


fotografia:
Laura Valladao


scenografie:
James Kreuzer, Cem Salur


montaggio:
Babak Jalali


costumi:
Caroline Sebastian


musiche:
Mahmood Schricker


Trama
Donya è una giovane afgana rifugiata a Fremont, vicino San Francisco, che trascorre la sua nuova vita tra il monotono lavoro e incontri sempre uguali, finché arriva un'occasione per rimettersi in discussione.