Apertura: un tranquillo quartiere residenziale, una ragazza vestita di bianco con un paio di scarpe rosse corre per il vialetto; nella normalità della cornice la scena stride maggiormente comunicando subito un senso di angoscia. Pochi minuti dopo la medesima è sulla spiaggia, cadavere, con le gambe spezzate.
Stacco. Jay (Maika Monroe) è tranquilla a casa sua, in piscina, la sera avrà un appuntamento con Hugh, il ragazzo che le piace. Pare una di quelle storielle d'amore molto teen, ma solo per poco, intanto in sottofondo gli accordi stridenti della musica di accompagnamento continuano a trasmettere la sensazione che incomba qualcosa di maligno. Poi la svolta, i due fanno sesso nella macchina di lui e il registro cambia decisamente. La protagonista si ritrova legata a una sedia, imbavagliata, semi-nuda, in un palazzo in rovina. Qui scopre una terribile verità: la sua innocente avventura amorosa è in realtà foriera di una terribile maledizione, per liberarsene deve andare a letto con qualcuno e in questo modo passarla a un altro, quasi fosse una malattia trasmissibile.
La minaccia? Non ha un volto preciso, può avere sembianze conosciute, o essere un persona mai vista, l'incedere però la denota. Chiunque, qualunque cosa sia, questa ti segue, come il titolo "It Follows" chiaramente esprime. Non solo. In ogni forma da questa assunta c'è qualcosa di incredibilmente sinistro, a volte più immediato (alcuni sono nudi o feriti e sanguinanti, altri coi vestiti stracciati o fradici) altre meno palese, ma punta la sua vittima (solo questa la vede) e nella sua lenta camminata traspare quasi l'intento distruttivo, peraltro immotivato, come solo per il male assoluto può essere. Ucciso il bersaglio primario, essa passa a quello precedente in una sorta di percorso a ritroso verso tutti coloro a cui il suddetto male è stato trasmesso.
Nulla è repentino, l'arcano aggressore avanza passo dopo passo, le azioni sono incredibilmente lente. Spesso la camera si perde in campi lunghi, in inquadrature esterne e si avvicina piano, come se essa stessa fosse il punto di vista della mostruosa entità. Altre volte l'obbiettivo segue i personaggi in piani-sequenza, gira attorno a loro, mostra ciò che li circonda, oppure mostra a 360 gradi un luogo, una stanza, e trasmette un intenso senso di spaesamento, poi di terrore.
Molti sono allora i periodi di quiete, i tempi morti popolati di dialoghi tranquilli, poi un rumore improvviso irrompe e una figura avanza, c'è la fuga, inutile in apparenza. La colonna sonora (ad opera di Disasterpeace, ovvero Richard Vreeland), fatta di suoni elettronici e inquietanti, si fonde con i rumori casuali e amplifica la percezione di disagio trasmessa dallo stile di regia.
Il ritmo e il modo scelto per la narrazione, più del concept, costituiscono dunque il tratto veramente accattivante. Se l'idea di un destino inevitabile e mortifero accomuna in qualche modo il film con la saga di "Final Destination", qui tutto è raccontato in modo completamente differente. Gli effetti speciali sono ridotti al minimo, come le sequenze pirotecniche, nulla è mai giocato sul susseguirsi concitato, tutto è sottotono, la paura è strutturata sull'attesa di qualcosa di inesorabile e misterioso, perfino le parole sono limitate con cura. David Robert Mitchell (regista dal piglio decisamente indie quasi esordiente, visto che annovera come antecedente esperienza solo "The Myth of the American Sleepover", prodotto piuttosto di nicchia che incassò soltanto 39.000 dollari in Usa), forse conscio che in un film horror spesso funzioni molto di più mostrare poco piuttosto che svelare troppo, sembra aver appreso la lezione che il cinema asiatico (con i suoi "Ring", "The Grudge" etc...) ci dà ormai da parecchi anni. Poche sequenze veramente truci e crude fanno più di mille esplosioni e un susseguirsi di sbudellamenti casuali, almeno in termini di incremento e tenuta della tensione nel pubblico (per lo slasher doc alla Carpenter e proseliti il discorso ovviamente è diverso). Tutto va giocato sull'atmosfera, su particolari evocativi, in un percorso diegetico mai troppo celere e magniloquente.
È il caso di "It Follows", delle sue ambientazioni, della fotografia, ogni elemento è curatissimo e coerente: da una parte, a cercare il contrasto, vigono quartieri residenziali luminosi e puliti e una casa sul mare, dall'altra i boschi, l'edificio decadente all'inizio, infine una piscina in una struttura fatiscente nei quartieri malfamati; ivi è alternato un interno dall'illuminazione elettrica sbiadita, che lascia i protagonisti nella penombra, a un cielo esterno oscuro e plumbeo, quasi apocalittico. Lo stesso, infine, vale per la direzione degli attori; il cast di pressoché sconosciuti (Maika Monroe, Keir Gilchrist, Daniel Zovatto, Jake Weary, Olivia Luccardi) non è mai eccessivo o affettato nella recitazione, con conseguente maggiore credibilità ed empatia per i fatti descritti.
La pellicola, presentata con successo a Toronto e a Torino nel 2014, ha incassato più di 14 milioni di dollari negli Stati Uniti, denotando un più che discreto riscontro di pubblico oltre che di critica. Nelle sale italiane, però festival a parte - non è mai approdata (come, ahimè, troppo spesso capita con molti prodotti validi, soprattutto horror). Si spera che dopo il "Babadook" arrivi anche questo imperdibile film.
cast:
Maika Monroe, Keir Gilchrist, Jake Weary, Olivia Luccardi, Daniel Zovatto
regia:
David Robert Mitchell
distribuzione:
Koch Media, Midnight Factory
durata:
107'
produzione:
Animal Kingdom, Northern Lights Films
sceneggiatura:
David Robert Mitchell
fotografia:
Mike Gioulakis
scenografie:
Michael Perry
montaggio:
Julio Perez IV
musiche:
Disasterpeace