Questo non è l'ennesimo film sui pinguini, è un volo verso un ignoto abisso. Questo non è l'ennesimo film sui pinguini, come Herzog ha voluto sottolineare alla National Science Foundation che lo aveva invitato in Antartide. Eppure pinguini ce ne sono, uno in particolare che disorientato si dirige solitario verso i 5000 chilometri di entroterra antartico. Verso una certa morte tra i ghiacci. Questo non è l'ennesimo film sui pinguini, eppure anche sui pinguini vengono poste domande, sulla loro promiscuità sessuale, sulla loro possibile insanità mentale. Ma anche qui, come in altri suoi lavori, le domande poste dal regista tedesco restano aperte: la natura, imperscrutabile alla mente umana, può in alcuni suoi aspetti essere spiegata dalla scienza, ma le fondamentali questioni sul senso di tutto ciò che è rimangono inattese. Inconcepibili ai molti, inutili per chiunque, fondamentali nel loro non servire a niente. Il surplus del senso, cui la società civile non si interessa, è da sempre il sentiero su cui Herzog si incammina alla ricerca di una verità estatica. Allo stesso modo in cui molti leggerebbero una poesia il regista bavarese legge il mondo.
L'oscuro regno dei ghiacci antartici, costantemente illuminato dalla luce solare per cinque mesi consecutivi, è assalito dal solito incalzante domandare di Herzog che conduce lo spettatore ai più insoliti degli incontri sul limitare del mondo. L'Antartide, ultima frontiera di conquista per grandi avventurieri (Ross, Shackleton, Amundsen), dopodiché solo i confini dello spazio avrebbero segnato il limite dell'ignoto. La terra, svelata in fine nella sua interezza, concede all'uomo quella fasulla sensazione di possesso e dominio che Herzog in ogni modo cerca di decostruire. Solo quei pochi, solo quei rari esseri che si sono adattati sopravvivono alle insidie di una regione tanto primitiva, solo quei pochi e solo quei rari uomini che sono animati da un'inumana curiosità si spingono in queste terre. Il più freddo, il più ostile. Il più selvaggio dei regni terreni ed i suoi insoliti abitanti, umani ed inumani, sono quindi il soggetto di questo documentario di Herzog. Chi sono costoro? Quali i loro sogni? Cosa ci fa un linguista in una terra senza lingue? Cosa spinge scienziati, artisti, impiegati bancari ad abbandonare le loro vite per occupare le più disparate mansioni al confine meridionale della terra?
La firma del regista tedesco è impressa indelebilmente tanto nelle domande che continuamente segnano il passo del film quanto in riprese d'una rara bellezza: sottomarine esplorazioni, infaticabili intelligenze monocellulari che costruiscono perfetti edifici ramificati, concerti improvvisati sul tetto di una stazione di ricerca in mezzo al nulla ghiacciato. Con "Encounters at the End of the World" Herzog pone un ennesimo tassello alla mappatura dell'insolito, che ha da sempre contraddistinto la sua instancabile ricerca. Incontrando uomini spinti da una interiore inquietudine alla fine geografica del mondo il regista inizia una operazione di scavo che conduce alla fine temporale del mondo, ad un'apocalisse che attende silenziosa tra i ghiacci dell'Antartide in un'asciutta, rigorosa, poetica esplorazione del limite.
cast:
Werner Herzog, David Ainley, Samuel S. Bowser, Regina Eisert, Kevin Emery, Ryan Andrew Evans, Ashrita Furman, Peter Gorham, William Jirsa, Karen Joyce, Doug MacAyeal, William McIntosh
regia:
Werner Herzog
titolo originale:
Encounters at the End of the World
distribuzione:
Discovery Films
durata:
99'
produzione:
Henry Kaiser
sceneggiatura:
Werner Herzog
fotografia:
Peter Zeitlinger
montaggio:
Joe Bini
musiche:
Henry Kaiser, David Lindley