Un film al femminile (dalla regia alla sceneggiatura, passando per il cast) mette in pellicola il più scabroso dei temi che ha come protagoniste le donne: la prostituzione. Partendo dallo spunto di un fenomeno reale e contemporaneo - la protagonista è una giornalista (Juliette Binoche) che intervista delle precoci escort - l'occhio della regista si spinge ben più in là a mostrare la progressiva riscoperta, da parte di una donna matura, di istinti pulsanti, ma irretiti dalla formalità fredda della vita borghese.
Queste, giovani studentesse alla mattina e escort al tramonto, cercano di restare a galla nella metropoli parigina affidandosi al mestiere più antico del mondo. E ci riescono. Vantano appartamenti lussuosi al prezzo di una disinibita esposizione del loro corpo (che piace anche un po') e di una sequela di clienti-mariti frustrati che chiedono alle loro accompagnatrici quelle trasgressioni che le mogli non concedono; o parlano così tanto, come se, fuori da quella stanza, non sapessero farsi ascoltare, cosicché l'alcova degli amanti a pagamento si trasforma in un confessionale silenzioso. La giornalista Anne, ascoltando i racconti delle due ragazze che intervista, se ne farà trasportare dalla licenziosità fino a riconsiderare la sua vita matrimoniale, fin troppo legata a un perbenismo solo apparente, e motrice di una diversa forma di mercificazione che si consuma tra le mura domestiche. Ritrovandosi, così, a esplorare un universo dimenticato in un corpo che da voluttuoso diventa anfratto di repressione al soggiacere alla routine. Il corpo si apre a sospiranti estasi pruriginose e le mani assorbono odori lascivi o ne lavano il peccato carnale.
L'interesse che la regista nutre per una analisi più profonda della prostituzione e delle sue declinazioni meno immediate è l'aspetto migliore del film, perché alla realizzazione, sia tecnica che narrativa, risulta un remix hardcore e manierato di sublime retorica. L'elemento trasgressivo insufflato a dosi massicce ripete, anziché invogliare qualche sussulto tra il piacere e il disgusto. Anne è protagonista di un viaggio tra le memorie, ma il suo percorso appare sconnesso e superficiale, il duetto pseudo lesbo, poi, tocca il punto più basso. Come la scontata riconquista dell'io istintuale che passa dall'autoerotismo. Che ci sia un tentativo di ricercatezza autoriale è evidente; che questo frani inesorabilmente, altrettanto.
Una nota a margine merita la musica classica, prominente all'interno dell'opera, da Beethoven a Vivaldi, da Mahler a Wagner.
Sono tanti i film che ne hanno fatto uso diligente, ammantando di un'aura di immortalità gli stessi ("2001 - Odissea nello spazio" e tutto Kubrick, "Apocalypse Now", ecc), grazie al potere che questa musica ha, quando ben si amalgama, di amplificare esponenzialmente il patos della sequenza girata. In questo caso, però, il risultato è artefatto e fastidioso. Juliette Binoche possiede quella voluttà così naturale che intacca ogni lembo di pelle, fino alle pieghe delle rughe, ma non basta a risollevare le sorti di una pellicola che, invero, vola basso.
Per sapene di più: Juliette Binoche, Malgoska Szumowska - Speciale Elles
cast:
Juliette Binoche, Anaïs Demoustier, Joanna Kulig, Krystyna Janda, Louis-Do de Lencquesaing, Andrzej Chyra
regia:
Malgorzata Szumowska
distribuzione:
Officine UBU
durata:
96'
produzione:
Slot Machine, Zentropa International Poland, Zentropa International Köln
sceneggiatura:
Tine Byrckel, Malgorzata Szumowska
fotografia:
Michal Englert
montaggio:
Jacek Drosio, Françoise Tourmen