Juliette Binoche e la regista polacca Malgoska Szumowska raccontano "Elles", una storia di prostituzione e femminilità
ROMA - Prostituirsi per pagarsi gli studi, per un vestito griffato, per un appartamento tutto proprio. Prostituirsi a 18 anni e quando tua madre crede che per arrotondare magari fai la babysitter. Prostituirsi come un atto qualunque, uno tra tanti possibili. La storia è questa. Da qui è partita la regista polacca Malgoska Szumowska e nel suo "Elles" (notato, molto discusso alla scorsa Berlinale e in sala dal 14 settembre distribuito da Officine Ubu) segue il percorso di Juliette Binoche, giornalista francese che per scrivere un articolo sulla prostituzione si trova immersa e sommersa da un mondo sconosciuto sino a un attimo prima e da cui non si sente poi così lontana. Di certo, come tutti i mondi che si scoprono, la cambierà. Di certo l'idea di queste ragazzotte che hanno l'età di sua figlia e vendono il loro corpo come una merce qualsiasi la traumatizzerà. Ma non è da qui che è partita l'idea del film. Come racconta la regista: "L'idea è più legata al fatto che i media parlano spesso di queste giovani donne che si prostituiscono per pagarsi gli studi o per avere qualche soldo in più. Questo fenomeno sociale mi incuriosiva. Mi sono chiesta cosa significa per queste ragazze? Cosa significa per la società? La prostituzione è la definitiva liberazione del corpo femminile, incluso il diritto di venderlo? O è un'altra intollerabile sottomissione?".
Insomma, il punto di partenza era parlare di donne, di femminilità, di intimità ma anche "di tutto ciò che mette a disagio", ma sempre in nome delle donne e per le donne. Però, chiosa lei, "il termine "femminismo" è inadeguato. Posso capire se qualcuno lo usa, perché l'argomento può mettere a disagio. Vedere una giovane studentessa che vende il proprio corpo per denaro non è una cosa banale. L'argomento è tabù e il film non cerca di fare la morale o di far valere un diritto. Guarda l'uso che si fa del corpo e getta luce su una situazione che induce la società al desiderio di vendere, scioccare, influenzare il corpo".
E guarda alla società riflettente, specchio e complice. Alla pervasività della prostituzione: "Nessuno viene risparmiato. Sta ad ognuno di noi rifletterci. Il film non vuole giudicare, ma solo dare l'allarme. L'idea di Malgoska è che il pubblico sia eccitato da quello che vede ed è pienamente parte del sistema. È compito di ognuno guardare in se stesso", dice la Binoche che ammette "rischiare mi inebria, mi stimola e mi fa perdere i punti di riferimento. È necessario, del resto, correre dei rischi per evitare di sedersi sugli allori. Gli artisti hanno l'obbligo verso se stessi di esporre il proprio lato più profondo per stimolare la loro anima, per arricchirla con nuovi materiali, nuovi significati, nuovi pensieri. Il rischio reale sarebbe quello di ripetere se stessi, di impantanarsi nelle certezze. Fortunatamente, noi attori non veniamo giudicati per la persona che siamo, ma per qualcosa che va al di là, solo pensando questo posso sostenere questa incursione nella mia intimità, altrimenti preferirei nascondermi, è più comodo!".
Certo più comodo che buttarsi , anima e corpo, in una storia piena di spigoli. Anche se il film non ha bersagli, solo vittime. Degli imperativi sociali, più che di se stessi: "Il film non accusa nessuno, ma ci interroga - dice la Binoche - Ci mostra il senso degli insidiosi cambiamenti della nostra società, che influenzano il nostro modo di pensare e di essere. Non è facile, infatti, studiare quando si hanno problemi finanziari. La prostituzione paga bene, non occupa troppo tempo, garantisce un certo agio finanziario e ci fa sentire parte della società consumistica in cui viviamo. Siamo abituati a pubblicità per le strade o sulle riviste, in cui ragazze appena adolescenti sono circondate dal lusso, in atteggiamenti provocanti, al limite del pornografico. Col tempo, questi annunci ci portano a pensare che gioventù, sesso e lusso si fondano bene insieme e che, in fondo, non c'è niente di grave. Fare un lavoro occasionale, diventa più degradante che fare sesso per soldi".
E in Italia sappiamo bene di che cosa stiamo parlando.