Denis Villeneuve continua con la rappresentazione dell'opera-mondo del romanzo di "Dune" di Frank Herbert con questa seconda parte che è la diretta continuazione di "Dune" del 2021. Nella riduzione del romanzo dello scrittore di fantascienza americano, Villeneuve porta sullo schermo la seconda e terza parte del romanzo: Paul Atreides, dopo la morte del padre, il duca Leto, e la distruzione della sua casata da parte dei secolari nemici Harkonnen, con la complicità dell'imperatore, diventa il Profeta del popolo Fremen di Arrakis con il nome di Paul Muad'Dib. Il regista canadese da un lato compie un'operazione filologica rispetto all'universo descritto nella saga di Herbert, dall'altro lato sintetizza, esclude, elimina, così da far risaltare lo spirito complesso del romanzo, ma, allo stesso tempo, operando una reinterpretazione della materia letteraria nella sua messa in scena cinematografica.
Riberi e Genta in "I segreti di Dune" sintetizzano efficacemente l'universo di "Dune" come una realtà "feudale molto simile all'Occidente medievale, popolato da vassalli, gastaldi, conti, duchi, baroni e floride gilde commerciali. Allo stesso tempo, però, l'Imperium ospita schiavi, arene e gladiatori come nell'antica Roma, poggia la propria economia sull'equivalente fantascientifico della britannica Compagnia delle Indie Orientali ed è difeso da una milizia della Turchia ottomana. Un raffinato e suggestivo pastiche di molte epoche e altrettante culture, tanto suggestivo quanto difficile da districare" (p.55). Villeneuve riesce a trasformare il modello industriale blockbuster anche come veicolo culturale e politico, rappresentando la contemporaneità dei conflitti storici in atto e passati, e le relative implicazioni economiche. Per ulteriori approfondimenti si rimanda alla recensione di "Dune" e, soprattutto al volume di Riberi e Genta. Qui, invece, scegliamo di evidenziare alcuni elementi visivi, spaziali e simbolici di "Dune – Parte due".
Spazi oppositivi di cromatismi e simboli
Per raffigurare la complessità del mondo di "Dune", Villeneuve si avvale della fotografia di Fraser come già nella prima parte. Se in "Dune" i riferimenti e l'ispirazione pittorica erano molteplici, in "Dune - Parte due" si spinge molto di più sull'elemento cromatico e della luce. L'utilizzo del colore è fondamentale in "Dune - Parte due" nella visualizzazione dei mondi opposti di Giedi Primo e di Dune e dei suoi protagonisti (fig.1). Il pianeta degli Harkonnen è immerso in un bianco e nero a simboleggiare un mondo perennemente sulla soglia della morte. Se il bianco è un non colore che preannuncia l'alba, elemento del vuoto tra la notte e il giorno, il nero è il lutto, la notte, la morte stessa. Entrambi assorbono e respingono la luce, entrambi sono alle estremità della scala cromatica (Chevalier e Gheerbrant, pp. 144-147).
Nella spartana geometria degli Harkonnen il loro mondo in bianco e nero è un inferno di sfruttamento cinico dell'individuo, in cui regnano la paura, la violenza e l'inganno. In opposizione, il mondo di Dune è immerso in una luce arancione, in toni caldi e avvolgenti. L'arancione simbolicamente è messo tra l'oro e il rosso, in equilibrio tra spirito e libido in perenne pericolo di frattura (Chevalier e Gheerbrant, pp. 87-88). Paul combatte contro sé stesso e il suo destino, alla fine abbracciandolo e rompendo questo equilibrio. Lo spirito del Profeta Muad'Dib s'incrocia con la libido di Paul per Chani, in un incrocio continuo tra immaginazione e sogno, tra realtà e profezia, tra Storia e religione. In questo senso, il bianco e nero in cui è immerso Feyd-Rautha e l'arancione che avvolge Paul sono colori espressivi delle due realtà in contrapposizione.
Fig. 1. Contrapposizione cromatica e geometrica tra Dune e Geidi Primo
In tutta la pellicola si gioca sul contrasto di interni ed esterni in cui prevale una grammatica cinematografica che utilizza moltissimo i campi lunghi, lunghissimi e i totali. Anche negli interni il totale è l'inquadratura preferita per ricomprendere sia più elementi proscenici possibili e la massa delle comparse e dei personaggi sia per illustrare la potenza del paesaggio. Così il deserto del pianeta Dune e l'oscuro e freddo conglomerato architettonico del pianeta degli Harkonnen Giedi Primo si trasformano in elementi figurativi e scenografici importanti tanto quanto i personaggi.
Villeneuve utilizza il primo piano per inquadrare maggiormente Paul e Chani, ma sempre e solo in una comunicazione emozionale. Paul nella metamorfosi interiore della sua riluttanza ad accettare il proprio destino di diventare il Kwisatz Haderach, l'essere supremo che porterà la pace nell'universo; Chani in sospensione e ansia mentre assiste alle prove di Paul come, ad esempio, quando cavalca per la prima volta un verme delle sabbie; entrambi durante il loro innamoramento. A conferma di questo equilibrio della composizione delle inquadrature, il primo bacio tra Paul e Chani, da un primo piano si allarga fino a un campo lunghissimo in cui le loro due figure diventano minime di fronte alla grandezza del deserto (oltretutto una ripresa di grande difficoltà per trovare la luce perfetta durante il tramonto senza l'utilizzo di CGI, terza foto laterale).
Fig. 2. Vuoto e pieno, monade e coscienza collettiva, allontanamento dalla folla
e immersione in essa
I campi lunghi con riprese in profondità e a plongée puntualizzano momenti topici in "Dune – Parte due". Prendiamo ad esempio due inquadrature in particolare (fig.2). La prima vede protagonista Feyd-Rautha Harkonnen che entra nell'arena di Giedi Primo per un combattimento con prigionieri della casata Atreides. In mezzo a un'arena in cui c'è un bianco accecante il personaggio è un punto nero circondato da un massa di spettatori sugli spalti. Nella seconda Paul Muad'Dib Atreides esce dal tempio dopo aver bevuto l'Acqua della Vita e fende una folla composta da una moltitudine di Fremen in attesa del suo risveglio: si confonde in mezzo alle persone, un punto che si sposta in una massa compatta. Inquadrature quasi simili e opposte che rappresentano bene sia la solitudine di entrambi i personaggi eletti a rappresentare le loro casate sia un'opposizione tra il vuoto e il pieno visivo che mettono in scena anche la psiche del personaggio. Infatti, entrambi superano una prova: Feyd-Rautha diventa maggiorenne, è la sua festa di compleanno e deve dimostrare al barone Harkonnen, suo zio, di essere un degno erede, spietato e cinico. Il duello in realtà è quasi truccato con i pugnali avvelenati, i tre prigionieri drogati oppure indeboliti da assistenti che li infilzano come dei tori in una corrida; Paul, sopravvivendo all'effetto venefico dell'Acqua della Vita, diventa l'essere supremo che conosce passato e futuro dell'intera umanità. Ecco che la solitudine di Feyd-Rautha è quella dell'individuo psicopatico, monade che si realizza nella morte del prossimo, mentre quella di Paul è data dall'individuo che è immerso nella coscienza collettiva, che si annulla e si fonde con la memoria passata di miliardi di uomini e donne.
La principessa azzurra e il dormiente
Se prendiamo invece la stessa consapevolezza dell'utilizzo della macchina da presa e della messa in scena come espressione visiva da parte di Villeneuve, i primi piani sono sempre a inquadrare emozioni in atto dei protagonisti. Ad esempio, l'innamoramento di Chani e Paul è rappresentato in questo modo e con un ribaltamento interessante del ruolo femminile. Infatti, abbiamo il bacio romantico (il primo sulle dune del deserto), il bacio sessuale (nella tenda di notte), il bacio magico (nel tempio dove Paul è in coma). Restiamo su questo che ribalta il mito del principe azzurro delle favole dei Grimm e di Perrault. Dopo aver bevuto l'Acqua della Vita, Paul cade in coma profondo. È disteso in mezzo al tempio, circondato da ancelle e sacerdotesse e assistito da sua madre che nel frattempo è diventata la Reverenda Madre Bene Gesserit dei Fremen. Chani arriva disperata si mette a cavalcioni su Paul, una lacrima scende sul suo volto. Chiede l'ampolla dell'Acqua della Vita e con il dito ne prende una goccia, la mischia con la sua lacrima e la mette in bocca a Paul e poi lo bacia. Paul si risveglia, o meglio ascende dalle tenebre come Kwisatz Haderach. Chani in questo caso prende il posto del principe azzurro della fiaba (e in effetti la vediamo spesso con una fascia azzurra in testa, fig. 3), mentre Paul è Biancaneve o la Bella Addormentata: come loro è di nobili origini, perseguitato da nemici del padre che gli impediscono l'ascesa al trono.
Il ribaltamento simbolico non è solamente una raffigurazione di un'equivalenza di genere – le donne sono alla pari nelle tribù dei Fremen del Nord e Chani dice esplicitamente a Paul che "nelle tue vene scorre sangue di duchi di grandi casate; qui siamo uguali, ciò che facciamo è per il bene di tutti" – ma rappresenta anche la forza creatrice del femminino. La donna che porta la vita, che resuscita dal mondo dei morti il suo amato: la lacrima femminile e la goccia del veleno del verme combinati sono la forza libidica come simbolo di trasformazione.
Fig. 3. Chani la "principessa azzurra" e l'Acqua della Vita: elementi di creazione,
simbologie cromatiche
L'azzurro è il colore del profondo e dell'immateriale, è simbolo di eternità sovrumana (Chevalier e Gheerbrant, p. 119-121). Azzurra è la fascia che cinge il capo di Chani, che si trasforma in colei che indica il percorso a Paul. Azzurro è il colore dell'Acqua della Vita, in realtà il veleno che viene estratto dai vermi della sabbia annegandoli quando sono molto piccoli (fig. 3). Anche il verme è un simbolo creatore in quanto produttore della spezia. In questo senso, secondo Jung, è simbolo della libido sotterranea che uccide di una morte relativa (Cirlot, p. 487). Chani e il verme delle sabbie procreano, nella loro unione simbolica, l'essere supremo, lo risvegliano dai sotterranei della morte in un ciclo in cui l'acqua – lacrima/veleno – è sorgente di vita, mezzo di purificazione e di rigenerazione per Paul (e tutti i Fremen).
Dune, deserti e trasformazioni
Il simbolismo del deserto può essere inteso "come luogo propizio alla rivelazione divina" (Cirlot, p.177) oppure "l'estensione superficiale e sterile sotto cui va ricercata la Realtà" (Chevalier e Gheerbrant, p. 375). Il deserto, quindi, ha una duplice valenza di spazio negativo e positivo, in cui agisce sia il Bene che il Male, sia il divino che la realtà. In questo senso, in "Dune – Parte due" esso si eleva a luogo di nascita del Profeta dei Fremen ed è il mondo in cui vive il serpente della sabbia, il verme produttore della spezia e da cui si può estrarre l'Acqua della Vita: sineddoche di divinità benigna e maligna, di vita e morte, in un perenne equilibrio tra verità e bugia, tra leggenda e storia che prosperano su Arrakis. In questo senso, il deserto in "Dune – Parte due" è il luogo di passaggio da uno stato a un altro del protagonista, così come esso diventa spazio simbolico di trasformazione individuale (Paul, sua madre, Chani) e collettiva (gli Atreides, i Fremen, gli Harkonnen e la stessa intera galassia).
Il deserto si conferma come un topos principale nella cinematografia di Denis Villeneuve (fig. 4). Presente fin dal suo primo lungometraggio del 1998, "Un 32 août sur terre", esso diventa un luogo di elezione della narrazione in diverse opere del regista canadese. Il deserto è uno spazio di transizione in cui il bene affronta il male, l'individuo deve fare i conti con i propri limiti, ricerca verità, si scontra con la malvagità. È luogo di desiderio e sogno. Nel primo film, una coppia di amici canadesi va nel deserto di sale dello Utah perché lei, dopo un incidente stradale, vuole un figlio dal suo migliore amico e lui acconsente solo se lo concepiranno nel deserto. In questo senso il deserto è luogo di speranza fuori dal tempo e dalla realtà, al contrario di quello della guerra civile libanese di "La donna che canta" (2010), in cui la violenza della Storia si esprime tra morte e distruzione collettiva e familiare. Nel successivo "Sicario" (2015), il deserto è terra di frontiera tra due stati – Usa e Messico – ma, soprattutto, spazio di transizione tra legale e illegale che si esprime in un confine fisico e morale fluido e incerto. Così come in "Blade Runner 2049" (2017) il deserto del Nevada è immerso in un'aria inquinata rossastra e dove l'Agente K si inoltra nelle rovine di una Las Vegas che è il passato di un sogno ormai morto, alla ricerca di un nuovo desiderio di paternità e, quindi, di vita.
Fig. 4. I deserti di Villeneuve. Dall'alto in basso e da sinistra a destra:
"Un 32 Aout sur Terre"; "La donna che canta"; "Sicario"; "Blade Runner 2049";
"Dune"; "Dune - Parte due"
Questo spazio simbolico trova il suo acme nella messa in scena del deserto di Arrakis nei due film su "Dune". Se nel primo, Villeneuve introduce il deserto come spazio solenne in cui la morte tracima nell'interno dei palazzi e porta alla distruzione della casata degli Atreides, nel secondo esso diventa un paesaggio dinamico in cui gli scontri bellici tra i Fremen e gli Harkonnen sono l'espressione spettacolarizzata della trasformazione di Paul. In "Dune – Parte due" il deserto come spazio di costruzione dell'immaginario collettivo raggiunge la piena maturità nel cinema di Villeneuve.
Fonti bibliografiche
Paolo Riberi e Giancarlo Genti, I segreti di Dune. Storia, mistica e tecnologia nelle avventure
di Paul Atreides, Mimesis, 2024
Juan Eduardo Cirlot, Dizionario dei simboli, Adelphi, 2021
Jean Chevalier e Alain Gheerbrant, Dizionario dei simboli. Miti, sogni, costumi, gesti, forme, figure, colori, numeri, Rizzoli BUR, 2021
cast:
Timothée Chalamet, Rebecca Ferguson, Josh Brolin, Stellan Skarsgard, Charlotte Rampling, Dave Bautista, Zendaya , Javier Bardem, Austin Butler, Florence Pugh, Léa Seydoux, Christopher Walken
regia:
Denis Villeneuve
titolo originale:
Dune - Part Two
distribuzione:
Warner Bros. Picture
durata:
165'
produzione:
Legendary Pictures, Villeneuve Films, Warner Bros.
sceneggiatura:
Denis Villeneuve, Jon Spaihts
fotografia:
Greig Fraser
scenografie:
Patrice Vermette
montaggio:
Joe Walker
costumi:
Jacqueline West
musiche:
Hans Zimmer