Un azzardo, distribuire in maniera così massiccia e capillare un biopic che - ci scommettiamo - vedranno in pochi, già massacrato dalla critica in patria e a livello internazionale, affibbiandogli pure un sottotitolo pleonastico ("La storia segreta di Lady D") e mendace, se è vero che il diretto interessato ha smentito la verosimiglianza del film e del libro da cui è tratto ("Diana: Her Last Love" di Kate Snell). Gli ultimi due anni della vita della principessa del Galles sono visti focalizzando in particolare la relazione con il cardiochirurgo pachistano Hasnat Khan (interpretato da Naveen Andrews), un uomo ligio alla professione, vizioso (parliamo di fumo e alcol), appassionato di calcio, che legge il Corano e cita il poeta Rumi, di cui Diana si innamora poiché è l'unico che non la tratta da principessa. I Windsor non si vedono, Carlo compreso, i due figli William e Harry compaiono una volta sola.
Ma la storia d'amore si dipana nella prevedibilità più totale, gli alti e bassi sono meccanici, mentre i dialoghi mettono in imbarazzo. Ciononostante, meglio che il film si sia occupato il meno possibile dell'impegno umanitario della Spencer, poiché quando questo aspetto fa capolino siamo dalle parti dell'agiografia assoluta (ai suoi sforzi viene attribuita la messa al bando delle mine antiuomo in molteplici paesi!).
D'altra parte, la figura che emerge è quella di un personaggio dalle passioni autentiche, prive di calcoli e mediazioni. L'unica sua trama è la relazione con Dodi Al-Fayed, costruita a tavolino per far ingelosire Kahn. A essere maliziosi, la predilezione per un uomo d'estrazione "popolare" rispetto all'alto borghese è leggibile come un'ulteriore pietra su cui edificarne la beatificazione. Per il resto, per quanto si delinei la personalità di un'immatura inadatta alla vita di corte (a partire dalla celebre intervista fuori luogo rilasciata alla BBC), una sorta di Maria Antonietta fuori dalla reggia (ma comunque nel lussuoso Kensington Palace), è evidente l'empatia palesata innanzi a una donna che risulta essere estremamente fragile, e che diventa sensibile ai problemi sociali grazie all'esempio dell'uomo retto che ama (e che, per dirne un'altra, prende coscienza delle problematiche della vecchiaia incontrando un anziano cieco a Rimini). Insomma, un personaggio tutt'altro che sfaccettato e contraddittorio. Non si spiega, inoltre, la scelta dell'attrice, la nanerottola e poco inglese Naomi Watts (mentre il regista è il tedesco autore de "La caduta"), per nulla somigliante in partenza, ma a cui si chiede un'interpretazione mimetica come quelle della Mirren e della Streep nei film sulla regina e sulla Thatcher. E non stiamo certo parlando di un mostro di bravura...
Per un punto di vista ben più caustico su Diana Spencer, leggere "Interpreti di vite" di Javier Marías.
cast:
Naveen Andrews, Naomi Watts, Cas Anvar, Douglas Hodge
regia:
Oliver Hirschbiegel
titolo originale:
Diana
distribuzione:
Medusa Distribuzione
durata:
113'
produzione:
Ecosse Films, Le Pacte, Film i Väst
sceneggiatura:
Stephen Jeffreys
fotografia:
Rainer Klausmann
montaggio:
Hans Funck
costumi:
Julian Day
musiche:
Keefus Ciancia, David Holmes