Smaltita la dipartita artistica di Luca Marinelli, interprete del primo Diabolik e prese le misure a un sostituto, Giacomo Giannotti, forse meno carismatico del suo collega ma più rispondente dal punto vista fisiognomico al personaggio creato dalle sorelle Giussani, la saga dei fratelli Manetti, come suggerisce il titolo, approfitta del vuoto narrativo lasciato aperto dalla misteriosa sparizione del protagonista, per fare luce sulle oscure origini del personaggio. Come negli omologhi prodotti americani la saga si premura di completare il percorso conoscitivo del personaggio. Dopo averne definito il campo d’azione (“Diabolik”) e approfondito la personalità del suo più acerrimo nemico (“Diabolik - Ginko all’attacco”), "Diabolik - Chi sei?" conclude il viaggio del suo antieroe non prima di averne svelato le origini, lasciando intendere come fin da giovane età e ancor prima di diventare il famigerato criminale in calzamaglia, il nostro possedesse l’intelligenza e la mancanza di scrupoli che permettono di trasformare lo svantaggio iniziale in una nuova possibilità di successo.
Sulla scia dell’episodio precedente “Diabolik - Chi sei?” conferma il cambio di rotta spostando definitivamente l’attenzione sulle vite dei personaggi e sulla capacità dei singoli di dominare il caos, dimostrando meno interesse verso quegli aspetti iconografici che nel primo episodio avevano trovato apoteosi nella rappresentazione stilizzata di Clerville, la città che fa da scenario alle imprese di Diabolik, sempre meno protagonista in senso estetico delle avventure del personaggio. Una svolta che riguarda anche una maggiore suddivisione del tempo a disposizione per ciascun personaggio, meno sbilanciato sul singolo anche a costo di dare minor spazio alla figura più riuscita della serie, Eva Kant/Miriam Leone, costretta a dividere la scena femminile con la contessa Altea di Vallenberg/Monica Bellucci.
D’altronde “Diabolik - Chi sei?” conferma la volontà di prendere le distanze dal modello delle sorelle Giussani operandone una rilettura che non mette in discussione la narrazione dei personaggi quanto la loro rappresentazione. In questo senso è come se le immagini si rendessero conto dell’impossibilità di leggere le pagine di quei fumetti come lo facevano le sue creatrici e che per questo decidesse di farlo con gli occhi di oggi. Così facendo i difetti più volte imputati all’intera operazione, e cioè il ritmo compassato dell’azione, la postura legnosa degli attori, la recitazione incerta e persino il trucco posticcio, altro non sarebbero che la reazione alla diversa prospettiva scelta dai registi per guardare alla materia del film. D’altronde per i Manetti il genere è stato sempre utilizzato come uno specchio deformante e divertito con cui rielaborare le coordinate del mondo contemporaneo. Nel bene e nel male, la saga di Diabolik ne ribadisce l’indipendenza artistica, qui mascherata da una produzione che è mainstream solo in apparenza (a cominciare dal budget) e che però conserva lo spirito anarchico delle origini. La prova lampante sta nel fatto di prendere attori di grande impatto e fascino popolare per poi normalizzarne le caratteristiche che li avevano imposti al nostro immaginario. Fatta eccezione per Mirian Leone, uscita rafforzata da un'interpretazione che ne ha levigato il carisma, infatti, gli altri interpreti sono come svuotati del loro armamentario e per questo sono quasi irriconoscibili, alle prese con dei ruoli che sembrano levare a loro e ai rispettivi personaggi l’appeal che il pubblico ha assegnato loro.
cast:
Giacomo Giannotti, Valerio Mastandrea, Miriam Leone, Monica Bellucci, Lorenzo Zurzolo
regia:
Marco Manetti, Antonio Manetti
distribuzione:
01 Distribution
durata:
124'
produzione:
Mompracem, Rai Cinema
sceneggiatura:
Marco Manetti, Antonio Manetti, Michelangelo La Neve
fotografia:
Angelo Sorrentino
scenografie:
Noemi Marchica
montaggio:
Federico Maria Maneschi
costumi:
Ginevra De Carolis
musiche:
Pivio, Aldo De Scalzi