Il mondo è devastato da uno strano virus definito "necrotico" che lentamente trasforma chi ne è colpito in uno zombi. Vediamo Wade Vogel (Arnold Schwarzenegger), agricoltore del Midwest americano, che recupera da un ospedale di una grande città la figlia Maggie (Abigail Breslin) infettata dal morbo dopo essere stata morsa da un altro ammalato. Non c'è nessuna speranza e i medici lasciano tornare a casa la ragazza per passare gli ultimi giorni in famiglia prima della trasformazione mortale.
Liberiamo lo spettatore da ogni dubbio: il tema degli zombi è solo un pretesto ed è l'unico aspetto "horror" di una pellicola che sostanzialmente non lo è. Siamo invece nei pressi del dramma intimista e del rapporto tra un padre amorevole e la figlia adolescente, dove il primo cerca di accompagnare la seconda verso la fine inevitabile che la attende. E anche il titolo italiano è fuorviante, visto che l'epidemia resta sullo sfondo e non ha nessuna forte motivazione drammaturgica. E così il tema dello zombi diventa cogente solo per creare una causa narrativa al rapporto tra i due personaggi e l'affezione che colpisce la ragazza può essere sostituita da una qualsiasi malattia terminale senza che il senso del dramma ne sia intaccato.
Dopo la sua lunga parentesi come Governatore dello stato della California, Arnold Schwarzenegger è tornato al cinema negli ultimi anni e alla ricerca di nuovi ruoli ha deciso di cimentarsi per la prima volta con un'interpretazione drammatica, dopo aver testato in precedenza la commedia in film come "I gemelli", "Un poliziotto alle elementari", "Junior", "Una promessa è una promessa".
Film di autori debuttanti "Contagious": la sceneggiatura di John Scott 3 è rimasta per molto tempo nella "black list" di quei lavori interessanti, ma che non riuscivano a trovare i finanziamenti. Solo l'intervento di Schwarzenegger come protagonista e coproduttore ha permesso di portarla sul grande schermo e contemporaneamente consentire al giovane Henry Hobson di metterla in scena.
Ma "Maggie" (questo il titolo originale) è un film totalmente irrisolto. Se da un lato il coté orrorrifico è poco più di un pretesto, dall'altro la narrazione principale del confronto con la morte da parte di un'adolescente è malriuscita. Il disequilibrio alla base della sceneggiatura e la pochezza della drammaticità delle interazioni tra i due personaggi principali si riduce a dialoghi tra il melenso e la banalità, dove l'orrore della morte e della perdita rimane in superficie: un testo noioso, dal breve respiro e al massimo con materiale per un mediometraggio televisivo.
La povertà della scrittura doveva essere rimpolpata da una recitazione di forte empatia e da una direzione degli attori più curata. Da un lato se la storia non sviluppa la psicologia di Maggie né in modo esaustivo né metaforico, dall'altro la presenza attoriale ingombrante di Schwarzenegger soffoca l'interpretazione di Abigail Breslin (la ricordiamo bambina in "Little Miss Sunshine" che le fruttò una candidatura all'Oscar nel 2007 alquanto strabiliante). Tanto è vero che nella parte centrale del film, come se il regista si fosse accorto di questa difformità, Wade scompare e viene lasciato più spazio a Maggie: il rapporto con l'amica del cuore; la gita notturna al lago dove incontra il fidanzatino anch'esso ammalato; la cattura del ragazzo da parte della polizia (che trasporta gli infettati in stato avanzato nei centri di quarantena, dove sono soppressi); il rapporto fatto di amore e ribrezzo con la matrigna; gli incubi che la tormentano verso lo stadio finale della malattia; il dettaglio della decadenza fisica della carne. Ma questo tentativo, invece di fornire una maggiore profondità al personaggio di Maggie e rendere meno precaria la struttura narrativa, non fa che peggiorarla, facendo perdere al rapporto tra padre e figlia la minima forza drammatica che sosteneva la messa in scena.
Oltretutto, Schwarzenegger riduce la drammaticità del suo personaggio a un'espressione eternamente corrucciata, su un volto barbuto e rugoso, e finanche a un momento in cui, in un primo piano stretto, si scorge una lacrima scendere lungo i solchi della faccia (forse aiutato in questo dall'assistente personale "drama coach" che viene citato al fondo dei titoli di coda?). E se all'inizio provoca stupore nello spettatore vedere sotto questa nuova veste chi ha identificato il proprio volto e corpo con Terminator e Conan il barbaro, alla fine diventa la ripetitiva rappresentazione di un'emotività monocorde. Del resto, la scelta registica di Hobson, di utilizzare in modo sistematico e abnorme i primi piani, aveva bisogno di un attore con una più ampia gamma espressiva.
Il giovane regista peggiora poi la situazione con una messa in scena scabra e appunto con una scelta stilistica di primi piani discutibile e limitativa. E le poche volte che la macchina da presa allarga la visione, viene utilizzato la CG per uniformare la luce in toni monocromatici tendenti al neutro, che rendono plumbea e indigesta la visione di "Contagious".
cast:
Arnold Schwarzenegger, Abigail Breslin, Joely Richardson
regia:
Henry Hobson
titolo originale:
Maggie
distribuzione:
M2 Pictures
durata:
95'
produzione:
Lionsgate, Grindstone Entertainment Group, Gold Star Films, Lotus Entertainment, Silver Reel
sceneggiatura:
John Scott 3
fotografia:
Lukas Ettlin
scenografie:
Gabor Norman
montaggio:
Jane Rizzo
costumi:
Claire Breaux
musiche:
David Wingo
Un virus che trasforma lentamente gli umani in zombie si è diffuso in tutto il mondo. Un agricoltore del Midwest, in questo scenario apocalittico, decide di restare accanto alla figlia adolescente quando questa viene contagiata dal virus.