La battaglia navale, dalle acque di carta agitate da sferzate d'inchiostro alle peripezie cinematografiche della computer grafica. In mezzo c'è la Hasbro e la sua versione del gioco da tavola che consegna al regista Peter Berg ("Hancock" 2008, "The Kingdom" 2007 erano i suoi ultimi, non certo memorabili, lavori per il grande schermo) l'onere della sfida.
Allora, diciamolo subito: "Battleship" è una boiata colossale. Tra un paio di buchi di sceneggiatura tanto grandi da farci passare attraverso il Titanic scorre la storia che narra di un'invasione aliena contrastata valorosamente con una battaglia navale senza precedenti. Le sottotrame sono diverse e d'ordinanza: dalla più classica love story alla ricerca di un riscatto personale, dagli intrecci dei rapporti familiari all'amicizia stretta con l'avversario terrestre per affrontare il nemico alieno.
Il risultato è stupefacentemente piacevole. Sì, perché Berg dietro la cinepresa stavolta è illuminato e trova la terza via tra il kolossal-polpettone ed il blockbuster ad alto tasso di spettacolarità e, così, con i 200 milioni di dollari e passa elargiti dalla produzione centrifuga insieme di tutto e ancora di più senza lasciarsi sfuggire nulla del cinema catastrofico degli ultimi due decenni. Le citazioni sono continue nel corso della pellicola da "Armageddon" a "Space Cowboys", da "Independance Day" a "Titanic", da "Transformers" fino ai "Power Rangers", ma tanti altri ancora così che possiamo trovare in questo "Battleship" il perfetto compendio di un intero filone cinematografico.
L'ironia palpabile sin dall'apertura con lo sketch del "chicken burrito", parodia di un celebre video virale che impazzava su youtube, e dall'esordio cinematografico della star musicale Rihanna rende impossibile prendere sul serio "Battleship". Giocando di caricatura su tutti gli stereotipi che mette in gioco sconfigge così anche la retorica con un'ironia mistificante e demitizzante. Tanto meglio perché, pur non scadendo in(?)volontariamente nel demenziale come il pessimo "Cowboys & Aliens" di Favreau e rendendo chiara la sua natura di giocoso piatto misto, può essere seguito con piacere in un grandioso gioco citazionista ad alto tasso di spettacolarità fino a godere nel vedere la storica corazzata USS Missouri ("Mighty Mo") che...ma dovete vedere con i vostri occhi.
E con la vecchia corazzata della seconda guerra mondiale alle prese con una lotta in stile Davide contro Golia per sconfiggere il pericolo proveniente dallo spazio profondo la pellicola raggiunge l'apice del climax coreografico/adrenalinico e al contempo il punto di non ritorno narrativo: sì, è decisamente un grandissima cazzata, ma -diamine- se gira bene!
Con un complesso lavoro di postproduzione del dipartimento sonoro "Battleship" raggiunge l'eccellenza nel mixaggio di suoni in e fuori campo fino a raggiungere la perfetta integrazione dei due in un'unica monolitica colonna audio dove il suono delle esplosioni accentua la ritmica in 4/4 e con una computer grafica top segna l'ennesimo non plus ultra tecnico che verrà ben presto superato, ma regala diversi grandi "WOW". Quel che rimane sono i vari pianosequenza, che il regista Berg predilige rispetto ad un montaggio serrato, che lanciano lo spettatore in una forsennata rincorsa lunga ben 2 ore e 10 minuti dalla quale si esce gradevolmente senza essere affannanti o annoiati.
Il risultato è una boiata colossale, divertente come ben pochi film usciti recentemente nelle sale cinematografiche. Allora la domanda che si impone in questo caso è: cosa fa sì che una pellicola del genere rimanga indelebilmente impressa nelle menti degli spettatori? Cosa ci ricorderemo e cosa resterà negli anni di questo "Battleship"? Per ora ben poco importa perché non ci resta che godere coll'amplesso audiovisivo che ci offre.
cast:
Liam Neeson, Taylor Kitsch, Alexander Skarsgård, Brooklyn Decker, Rihanna , Jesse Plemons
regia:
Peter Berg
titolo originale:
Battleship
durata:
130'
sceneggiatura:
Erich Hoeber, Jon Hoeber
fotografia:
Tobias A. Schliessler
scenografie:
Larry Dias
montaggio:
Colby Parker Jr, Billy Rich, Paul Rubell
musiche:
Steve Jablonsky