Il genere survival si avvale di diversi cliché funzionali alla conquista empatica dello spettatore. Alcune pellicole, nella prima parte, si dilungano sull'esistenza quotidiana dei personaggi destinati, nella seconda, a misurarsi con situazioni impreviste e al limite della sopravvivenza, in modo da far emergere per contrasto la loro intelligenza adattiva ("Cast Away", 2000). Altre contaminano palesemente il genere, ad esempio con l'horror ("The Descent", 2005) o la fantascienza ("Gravity", 2013). Altre ancora puntano su trame basate su storie realmente accadute, in modo da solleticare il pubblico più scettico e affezionato alle ricostruzioni storiche. Joe Penna, dopo essersi fatto conoscere prima su Youtube, poi con una serie televisiva ("Meridian"), come uno sciatore sicuro sul suo sentiero, salta a piè pari tutti questi paletti stilematici per giungere a un traguardo più ambizioso: comunicare significati profondi nonostante l'asciuttezza del film.
Già l'incipit è singolare, in quanto in medias res: ci troviamo infatti immersi fin dal primo fotogramma nelle conseguenze di un evento catastrofico. Nel paesaggio artico innevato a perdita d'occhio, un uomo ora in piedi, ora in ginocchio armeggia con una vanga improvvisata nel tentativo di estrarre delle pietre di colore biancastro da un terreno di cui riemerge l’oscuro colore naturale dopo che la neve è stata precedentemente tolta. Lo sconosciuto è Overgård (Mads Mikkelsen) e dopo qualche inquadratura capiamo cosa è successo: quello che resta di un aereo è ricoperto dalla neve e l'unico superstite vi fa la spola per prenderne e riportarne gli strumenti utili alla propria sopravvivenza. Nel frattempo una inquadratura in plongée fa luce sulle ragioni di quel metodico scavo con cui si era aperto il film: Overgård, confidando nel passaggio di qualche aereo, sta incidendo nella neve una gigantesca scritta SOS. L’altra pratica quotidiana di quello che si scopre essere l'unico sopravvissuto è l'invio di un segnale con il radio transponder. È così che un elicottero di soccorso lo localizza. Tuttavia, quando ogni cosa sembra andare per il meglio e il velivolo si accinge ad atterrare, una bufera lo fa precipitare.
Si salva una giovane donna, estratta viva dalla carlinga anche se gravemente ferita. È a questo punto che il film mostra il suo vero volto. Finora Overgård aveva provveduto solo a se stesso, ma dopo il salvataggio della giovane se ne prende cura. Mentre in un primo momento aveva pensato di lasciarla nella fusoliera dell'aereo diventato confortevole rifugio contro gli orsi e le intemperie, ora vuole portarla con sé. Il piano è ambizioso: raggiungere attraverso il pack un insediamento stabile con l'aiuto di una mappa recuperata dall'elicottero.
Come in tutti i survival movie che si rispettino, Overgård dovrà superare innumerevoli difficoltà: le tempeste che lo costringono a pernottare in un igloo o in una tenda atermica, l’attacco di un imponente orso polare respinto grazie ai razzi di segnalazione, la ricerca del cibo e la caduta in un crepaccio. Mads Mikkelsen non è il protagonista del film, bensì il film. L’attore interpreta egregiamente il suo ruolo: con il suo fisico imponente, gli occhi freddi e vitrei è l’immagine dell’intelligenza. Instancabile calcolatore, essere senziente e resiliente, agisce sempre con olimpica calma. Eppure a dargli forza interviene un fattore estrinseco alle proprie virtù: la presenza della giovane donna. Joe Penna mette a nudo una delle paure più ataviche degli esseri umani: non quella di morire, bensì quella di farlo da soli. È per questo che, dopo essere miracolosamente fuoriuscito dal crepaccio, Overgård si commuove e si scusa davanti alla donna per il rischio corso, quello cioè di condannare entrambi a una morte solitaria. "Arctic" è pressoché privo di dialoghi, vuoi perché l’unica possibile interlocutrice è in stato di semincoscienza, vuoi perché a parlare sono i gesti, la mimica, il volto di Mads Mikkelsen. Gesti come quelli legati a una foto che ritrae la donna insieme al marito e al figlio, e che Overgård, dopo averla trovata tra i suoi documenti, le ripone con cura davanti all’oblò della fusoliera, per alimentare la sua volontà di rimanere aggrappata ai suoi affetti ancor prima che alla vita stessa.
Contribuisce alla riuscita di "Arctic" anche l'uso della cinepresa. Sovente fisse a ribadire la centralità di Overgård, ma varie nell'angolazione per non ingenerare il tedio legato alla forzosa rinuncia allo schema campo/controcampo, le inquadrature lo ritraggono da ogni punto di vista. Il protagonista è inquadrato in campo lunghissimo per marcare la finitezza umana rispetto alla prepotenza degli elementi naturali, ma anche nei dettagli (mani, piedi) per evidenziare la lotta contro i segni del congelamento. Quanto al montaggio, esso si fa frenetico in coincidenza con i preparativi della lunga marcia: inquadrature di pochi istanti, gesti rapidi e decisi; qui Mikkelsen è più accostabile alla lunga sequela dei "Rambo" (dal 1982) che non ad altri protagonisti dei survival.
La colonna sonora di Joseph Trapanese ("Oblivion", 2013; "Straight Outta Compton", 2015; "The Greatest Showman", 2017) alternandosi al sibilo del vento, è costituita da una sofisticata mistione di strumenti acustici ed elettronici che ci immerge in un’atmosfera solenne dalle tonalità meste e dal ritmo muscolare. In più di un'occasione essa è accostabile alle suggestioni musicali de "Il sale della terra" (2014), di Wim Wenders.
Concludendo, se un appunto può essere mosso ad "Arctic", è quello di presentare alcuni elementi paradossali, come la profonda lacerazione alla gamba di Overgård o quella al ventre della donna, nonostante le quali i due riescono a salvarsi. Si tratta tuttavia di aspetti che, considerati nell’economia generale dell’opera, non ne intaccano minimamente il valore.
cast:
Mads Mikkelsen, Maria Thelma Smáradóttir, Tintrinai Thikhasuk
regia:
Joe Penna
titolo originale:
Arctic
distribuzione:
Bleeker Street, XYZ Films
durata:
97'
produzione:
Armory Film, Union Entertainment Group, Pegasus Pictures
sceneggiatura:
Joe Penna, Ryan Morrison
fotografia:
Tómas Örn Tómasson
montaggio:
Ryan Morrison
costumi:
Margrét Einarsdóttir
musiche:
Joseph Trapanese