Se è vero che il mondo è in pericolo e che il trionfo dei film tratti dai fumetti dei supereroi sublima come meglio non si potrebbe la mancanza di certezze e i dubbi sul futuro del nostro tempo, è altrettanto evidente che la volontà di monetizzare un patrimonio cartaceo che, nel caso della Marvel, non conosce limiti ha come contropartita una serialità che rischia di diventare ripetitiva e poco sorprendente. Non è quindi un caso se, accanto alle variazioni sul tema rappresentate dai vari episodi dedicati ai medesimi personaggi, la casa delle idee si sforzi di allargare il suo raggio d'azione, comprendendo ogni volta una
new entry in grado di tenere alta l'attenzione degli appassionati. Anche a costo, come succede con "Ant-Man", di pescare il protagonista di una testata non certamente all'altezza della fama e delle vendite di quelle dedicate ai vari "
Spiderman", "
Thor" e gli "
Avengers".
A conti fatti però la scelta dei produttori si è rivelata vincente perchè l'intrattenimento proposto da "Ant-Man" funziona non solo sul versante avventuroso, monopolizzato dal tentativo dell'eroe di scompigliare i piani del cattivo di turno, ma anche su quello del buon umore, assicurato dal fatto di poter contare su un attore come Paul Rudd che mette a disposizione le sue doti di commediante per incarnare il personaggio di Scott Lang. Ingegnere per vocazione e ladro per necessità, Lang viene chiamato dal dottor Pym, l'
Ant-Man originale diventato troppo vecchio per sobbarcarsi l'ennesima impresa, a sostituirlo nel tentativo di fermare colui che vuole vendere al nemico la formula che permette di rimpicciolire gli esseri umani ad altezza insetto. La presenza di Rudd, con la sua aria di normalità al limite del nerd, produce uno scarto che permette al film di non prendersi mai sul serio, e anzi di riservare alcuni dei pezzi migliori proprio dal punto di vista ludico, come rappresentano in momenti successivi gli inserti dedicati agli amici di Lang, un gruppo di bamboccioni perditempo capitanati da uno spassosissimo Michael Pena che in maniera sgangherata e un po' cialtrona entreranno a far parte della missione, aiutando l'eroe con una serie di azioni tanto improbabili quanto efficaci; oppure, a quelli incentrati sul personaggio di
Falcon, il partner di
Capitan America, dapprima entrato in gioco nel tentativo - invero fallito - di impedire ad Ant-Man di intrufolarsi nel quartier generale dei Vendicatori, e poi colto in castagna nell'intento, a dir poco grottesco (per la status morale e il carisma del personaggio), di minimizzare gli esiti dell'accaduto per paura che la notizia di quella
debacle possa giungere alle orecchie del collega e amico Steve Rogers.
Dunque un'appeal all'insegna del divertimento e dell'ironia che non rappresenta di certo una novità in casa Marvel, se è vero che lo stesso Stan Lee alla maniera di Alfred Hithcock non perde occasione, con le comparsate all'interno dei vari film dedicati alle sue creature, di sottolineare il rovescio tragicomico che sottende e fa da contraltare alla drammaticità delle situazioni in cui gli eroi si ritrovano coinvolti. Ma ragionando in tal senso "Ant-Man" rappresenta un ulteriore passo in avanti verso questa direzione, in un'ottica di rinnovamento indispensabile, come già dicevamo, al soddisfacimento delle aspettative di un pubblico sempre più vasto ed esigente. E' anche per questo motivo che il film di Peyton Reed in certi momenti sembra avvicinarsi alle atmosfere e alle situazioni di un classico dei cartoon come "Toy Story", divertendosi a presentare un'esistenza alla rovescia, rimodulata nei suoi rapporti di grandezza secondo il punto vista dell'uomo formica, e quindi in grado di trasformare gli avvenimenti più ordinari in un Everest di pericoli e difficoltà; come dimostra la scena della doccia e del relativo getto d'acqua, pronto a investire Lang come il più terribili degli Tsunami, oppure, ritornando dalle parti dell'azione tout court, e soffermandoci sulla sequenza della carica dell'esercito di formiche capeggiato dal prode Lang, di farsi apprezzare per un senso dello spettacolo che ha l'ardire di fare il verso al grande cinema e alle mitiche cavalcate ammirate nei western di John Ford. Senza contare che la presenza di Michael Douglas nella parte del dottor Pym - più che di quella di Evangeline Lilly, invero sotto-impiegata nella parte della figlia -, riesce a soddisfare quelle esigenze di carisma e di serietà che completano le sfaccettature di un prodotto davvero riuscito.
01/08/2015