L'amore romantico sarà l'ultima illusione del vecchio ordine(Lev Nikolàevič Tolstòj)
Quello di Joe Wright è un cinema proteso essenzialmente al manierismo più esplicito, dissertazione artistica dove eleganza e virtuosismo danzano leggiadre sulle note di una mazurka carica di passione. Insieme a Steve McQueen, Wright è sicuramente uno degli astri nascenti della nuova cinematografia internazionale,
enfant prodige proveniente dal teatro, autore tanto estroso quanto dotato di una sorprendente naturalezza dietro alla macchina da presa. Dall'esordio
austeniano di "
Orgoglio e pregiudizio", passando per il melodramma più contemporaneo di "
Espiazione", la scelta di adattare il soggetto autoriale di impronta classica ha reso il regista londinese quale il nuovo David Lean del nuovo millennio. Dopo le parentesi de "
Il solista" e del sorprendente "
Hanna", la scelta di incanalare il nuovo progetto sul capolavoro
tolstojano segna un ritorno alle origini.
"Anna Karenina" si presenta così agli occhi dello spettatore con tutte le carte in regola per divenire l'opera più riuscita del talentuoso regista britannico.
Russia Imperiale, 1874. La storia di tre amori. L'ardente passione che esplode tra Anna Karenina, moglie dell'ufficiale governativo Karenin, e il giovane ufficiale di cavalleria Vronsky, l'arrendevolezza di un amore puro, prima negato e poi ritrattato dalla giovanissima Kitty nei confronti di Levin, le difficoltà di un matrimonio osteggiato dall'infedeltà del dongiovanni Stiva e alimentato dal perdono della povera Dolly. Il capolavoro di Lev Tolstoj non è solo una delle più grandi storie d'amore mai romanzate, ma si insinua nel sottobosco di un'aristocrazia moscovita divorata da un'ipocrisia dilagante (la
maman di Vronsky, il francese usato pedissequamente nell'alto rango sin dalla tenera età), pronta all'esplosione del populismo.
Magnum opus altresì influenzata dai forti caratteri pedagogici e religiosi dello scrittore russo, "Anna Karenina" si ricorda soprattutto per la tragica e tormentata storia d'amore di Anna e per la profonda introspezione dei personaggi (quella di Levin su tutti) portatrice di una impronta ermeneutica e di una riflessione morale.
Alle soglie del ventunesimo secolo, la riproposizione del romanzo in materia cinematografica acuisce proprio la forte componente polemicizzante di Tolstoj ai danni della società, rea di aver indotto al suicidio attraverso il (pre)giudizio meschino e pusillanime, dettato dalle convenzioni sociali, la fragile vita di Anna. Ma la mossa di Joe Wright è intelligente dal punto di vista dell'adattamento scelto, quanto dalla forma utilizzata nel riproporlo: prendendo le giuste misure dalla prolissità del romanzo e senza denigrare le fondamenta del racconto, il regista aggroviglia l'estro del suo cinema con la liricità e la potenza incisiva delle scenografie del teatro (allo stesso modo con il quale "Espiazione" aveva legato il suo metatesto cinematografico con la corrente artistica della letteratura). Ornata dall'ormai celebre piano sequenza
wrightiano (immancabile in ogni suo film), la scelta del regista di fondere cinema e teatro raggiunge il suo climax nella bellissima sequenza in cui Anna si lascia finalmente andare al desiderio di raggiungere Vronsky, quella dello spettacolo teatrale che, come una matrioska, ne racchiude un altro (quello vissuto dai personaggi) con tanto di dichiarazione pirotecnica.
Il film può contare inoltre su una squadra compatta e collaudata, sia per quanto concerne il cast artistico che per il cast tecnico. L'attrice feticcio di Wright, Keira Knightley, si conferma una grande interprete sotto le mani del regista britannico, insieme alla fermezza di un irriconoscibile Jude Law nelle vesti dell'umiliato governatore Karenin. Sorretto dalla sceneggiatura non inappuntabile ma sostanzialmente efficace dell'esperto Tom Stoppard ("Brazil", "Shakespeare in Love"), "Anna Karenina" può ritenersi un grande film anche per l'eccezionalità dei costumi, della fotografia, delle scenografie e della musica del nostro Dario Marianelli (che compongono le quattro
nomination agli Oscar in rappresentanza della pellicola).
Pur essendo sostanzialmente un'opera molto positiva, la pellicola manca per poco l'appuntamento al capolavoro soprattutto a causa di una seconda parte molto più debole e sottotono della prima. Il brio e la spigliatezza capaci di legare cinema e palcoscenico negli intrecci introduttivi e centrali del film (dosando così il giusto mix tra tragedia e commedia) cedono il passo a un'evoluzione eccessivamente pomposa della
mise en scène. Il cinema-teatro di "Anna Karenina" e il cinema-letteratura di "
Espiazione" rimangono comunque a oggi le opere più influenti di questo talentuoso regista, ormai prossimo all'ennesimo e, chissà, definitivo salto di qualità.
19/02/2013