Nel 2016 Paul Thomas Anderson aveva diretto il videoclip di "Daydreaming", secondo singolo che i Radiohead avevano tratto dall’album "A Moon Shaped Pool". Tramite per questo sodalizio fu certamente Jonny Greenwood, chitarrista della band britannica che dal 2007 ("Il petroliere") è tra i più fedeli collaboratori del cineasta statunitense: sue, sono da allora, le pregevoli colonne sonore dei film di Anderson.
Era però il frontman Thom York l’unico e solo protagonista di quel fortunato videoclip.
Difficile stringere in una singola definizione un oggetto come "Anima", audiovisivo firmato Paul Thomas Anderson - Thom Yorke.
Non un canonico videoclip per lanciare il singolo dell’artista, ma un progetto parallelo, anorchè prettamente legato, all’album omonimo - il quarto da solista (colonna sonora di "Suspiria" inclusa) del cantante dei Radiohead - uscito in contemporanea.
I due artisti l’hanno presentato come un one-reeler short, fin dall’epoca del cinema muto una definizione affibiata a cortometraggi con un minutaggio che andava dai 10 ai 12 minuti (contenuti, dunque, in una singola bobina). "Anima" dura però 15 minuti, non prevede dialoghi ma il tappeto sonoro ha, come ovvio che sia, una importanza non relativa. Senza l’assillo di un montaggio iper-frammentario, ma con molti primi piani e carrellate che aprono l’azione in un territorio da minimale fantascienza distopica.
Trattasi di un collage sonoro strutturato adoperando tre brani dell’album: "Not The News", "Traffic" e "Dawn Chorus". Se ne ottiene una sorta di suite in tre movimenti, colonna sonora e anima di un tragitto visivo a sua volta scomponibile in tre parti dialoganti.
Evidenti sono gli agganci con il videoclip di "Daydreaming". In primo luogo è la figura/personaggio di Yorke che conserva un movimento perpetuo. Nel videoclip apriva molte porte e attraversava molti spazi con inquieta cadenza, in circuiti quasi sempre illuminati da una luce diurna. Il sogno ad occhi aperti non offriva, però, risposte o scoperte, tanto che in un tragitto dalle molte stazioni l’unica fermata era destinata al capolinea finale, approdo (o ritorno?) alla caverna, luogo ove risiede il sogno notturno, ad occhi chiusi.
Ed è proprio il sogno il motivo conduttore che muove in entrambi i casi i fili del viaggio; che in "Anima" sposa l’ossessione per il sogno di Yorke con "l’anima e l'animus", pagine sulla teoria del sogno collettivo appartenenti alla psicologia analitica dello svizzero Carl Gustav Jung, ove l'anima (lato femminile inconscio dell’uomo) e l'animus (lato maschile inconscio di una donna) vanno al di là della psiche individuale.
Nel primo terzo del film un collettivo è quello che troviamo in una metro, dormienti e dormienti, con un Thom Yorke sull’orlo di chiudere gli occhi per il suo sogno. I suoi occhi captano una figura femminile (Dajana Roncione, sua reale compagna), ed ha qui inizio una ricerca (figurativa, spirituale) per la controparte, gancio per sopravvivere al di fuori del sogno.
Nel secondo terzo del film, il superamento dei limiti imposti dal mezzo di trasporto conducono il protagonista, restituito da Anderson come un Buster Keaton dinoccolato dell'età moderna (l’unica gag resterà però quella del tornello malfunzionante), su di una lastra che mette a dura prova l’equilibrio di chi vi sale e che può ricordare quella del cortometraggio d’animazione "Balance" (1989) di Christoph Lauenstein e Wolfgang Lauenstein.
Qui il coreografo belga Damien Jalet - conosciuto da Yorke in occasione del "Suspiria" di Guadagnino - assegna al movimento dell’umanità una simmetria del corpo più palese: se nel mezzo di locomozione il collettivo si azionava disarmonicamente e individualmente con pochi ripetuti gesti e combinazioni tra testa e mani, sulla precaria lastra Yorke viene incastrato in un corpo (di danza) compatto e più smaccatamente meccanico. In questo contesto il protagonista, pur precariamente sospeso tra volontà propria e imposizione altrui, realizza la necessità di autonomia e una vicinanza con Dajana per scongiurare una automazione psico-fisica, oltre l’alienazione della contemporaneità.
I tre blocchi che compongono il film sono comunicanti ma non legati da una concatenazione di causa-effetto, in un risultato che suggerisce che il tutto è già un percorso di un sogno dello stesso Yorke, memore di pellicole come "Paprika - Sognando un sogno" di Satoshi Kon e "Inception" di Christopher Nolan; sensazione che diviene quasi una certezza negli ultimi fotogrammi dell’opera. L’incontro tra Lui e Lei è già concretizzato all’inizio delll’ultimo terzo del film. Qui l’ambientazione si apre sulle sulle suggestive strade cittadine (Praga): oltre i precedenti e ostili spazi chiusi, oppressi e dispersi da videoproiezioni astratte (fotografia: Darius Khondji, il raggiungimento dello spazio aperto dà vita a una significativa distensione sonora/atmosferica: "Dawn Chorus" spegne le pulsazioni elettroniche, che nel passaggio da "Not The News" a "Traffic" si facevano sempre più vivide e martellanti, manifeste nevrosi di ere tecnologiche, e si rifugia in una soffusione propria di un idillio. La danza assume qui una cadenza distensiva, i corpi delle coppie che regnano le strade – anche quelli che fanno lateralmente da scenografia, che sfuggono all’inquadratura come foglie primaverili – capovolgono l’automaticità espressa in precedenza e scivolano nello spazio e sullo schermo come anima e animus non più pagine teoriche ma assemblaggio di un unico corpo.
Il finale a bordo dell'autobus con le incombenti prime luci dell’alba consegnano un Thom Yorke di inedito romanticismo.
Nel tentativo di allineare fili di un percorso cinematografico è lecito ritrovare in "Anima" dissonanze di un discorso amoroso che avevamo visto anni fa in "Ubriaco d'amore" o, con ulteriore fantasia, in altri lavori del grande regista losangelino. Prove ardite per un mini-film che deve alla sua atipicità la collocazione di isola a sé stante e per tale motivo preziosa.
cast:
Thom Yorke, Dajana Roncione
regia:
Paul Thomas Anderson
distribuzione:
Netflix
durata:
15'
produzione:
Netflix
fotografia:
Darius Khondji
montaggio:
Andy Jurgensen
costumi:
Johanna Garrad
musiche:
Thom Yorke, Nigel Godrich