"'Maldoror' è un mistero avvolto da un altro mistero nascosto in un enigma". Così il fondatore di "Nocturno" Davide Pulici sul chimerico lost movie del maledetto per eccellenza della Settima Arte italica: Alberto Cavallone, cineasta radicale al confine tra pornografia grottesca e sociologia eversiva. La riscoperta in anni recenti, avvenuta grazie all'impegno della suddetta testata, ha conferito dignità autorale a un personaggio fuori dagli schemi, a lungo relegato nella dimensione di genere ma in possesso di una penetrante poetica dell'estremo, profondamente influenzata dal pensiero di George Bataille: opere come "Spell - Dolce mattatoio" (1977) e "Blue Movie" (1978), riviste oggi, non sono meno acute, premonitrici e impressionanti di un "Salò". Nulla di fatto, invece, sul famigerato film perduto: un copione, qualche foto di scena e alcune testimonianze di persone coinvolte sono tutto ciò che ci resta della pellicola italiana più misteriosa e ricercata di sempre.
Forse non poteva essere altrimenti, data la fonte di tanto nichilismo visionario: "Les Chants De Maldoror" rimane IL poema maudit, e il buon Lautreamont il prototipo del poeta "ognuno per sé e Dio contro tutti". Un destino simile a quello di Cavallone, per certi versi: sconosciuto in vita e santificato post-mortem, amatissimo da surrealisti e situazionisti, citato a ogni pie' sospinto dai vari Deleuze e Blanchot, e chi più ne ha ne metta. Ci aveva già provato Kenneth Anger a trasporlo sullo schermo, nei primi anni 50, anche lì senza successo. Miglior fortuna avrà Shuji Terayama, nel 1977, ma si dovrà accontentare di un cortometraggio.
Se il cinema non è riuscito a fare i conti con quel capolavoro rivoluzionario, alla musica è andata un po' meglio, sopratutto in ambito metallico e industriale: bastino i ripetuti omaggi di David Tibet, degno rampollo della poetica blasfema del Conte, e in Italia l'operato del temibile Maurizio Bianchi. I toscani Nicola Bogazzi e Gabriele Gasparotti sono dunque solo gli ultimi in ordine di tempo, eppure la loro vicenda sembra soccombere all'eterna maledizione maldororiana: composta in parte per un documentario e in parte per uno spettacolo teatrale, la loro personalissima rilettura (che prende le mosse non tanto dal libro quanto della sceneggiatura del film, di cui ipotizzano una colonna sonora) non ha trovato etichette interessate, e i due si sono rassegnati a diffonderla autonomamente sul loro profilo Bandcamp - verrebbe da chiedersi cosa avrebbe potuto fare Cavallone avendo YouTube o Vimeo a disposizione...
Saggia mossa, dato l'indubbio interesse del disco, registrato con sola strumentazione analogica e sospeso tra horrorismi alla Goblin ("Tema di Maldoror"), anemia krafwterkiana ("Disturbi specifici dell'apprendimento"), teatralità sinistra stile Magma ("L'uomo, la donna e la bestia"), etno-ambient ("Pammukkale"), minimalismo oscuro ("Trabajo de Absorciòn"), echi di Wendy Carlos ("Jane Avril"), paludi progressive ("Le Salamande"), sci-fitronica tra Joe Meek e i coniugi Barron ("Zelda") e kosmische musik per galassie morte (la title track). Un mosaico frammentario, ed è giusto così: quando hai a che fare con simili riferimenti, non puoi sperare di cavar fuori nulla di diverso.
1. Tema di Maldoror
2. Disturbi Specifici dell’Apprendimento
3. L’Uomo, la Donna e la Bestia
4. Pummakkale
5. Trabajo De Absorción
6. Jane Avril
7. Le Salamandre
8. Zelda
9. Extrema Ratio