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recensione di Davide Spinelli
7.5/10

L’etimologia della parola "famiglia” è, com’è noto, latina, da “familia”, nome della prima declinazione. La sua evoluzione diacronica ha determinato uno slittamento semantico interessante fino al senso che oggi tutti noi gli attribuiamo. Originariamente, infatti, il termine “familia” indicava l’insieme di “famuli”, ossia gli schiavi domestici, tra cui anche gli stessi figli, soggetti al potere del “pater familias”. Un binomio, questo, particolare, che conserva una forma eccettiva del genitivo (“alla greca”), e che, come scriveva il giurista latino Gaio attorno al II secolo d.C., descrive la figura che è a capo non solo del fuoco domestico, ma che è anche depositaria delle memorie degli antichi; cioè, con i termini di oggi, del tempo passato. Nell’ultima pellicola di Francesco Costabile - “Familia” appunto, presentata in concorso Orizzonti a Venezia 81 -, il controllo del tempo, o la paralasi del tempo, da parte del padre è forse la cifra narrativa che ci guida tra i fatti realmente accaduti a Luigi Celeste (Francesco Gheghi), sua madre Licia (Barbara Ronchi) e il fratello Alessandro (Marco Cicalese).


Luci a Led

Costabile, dopo l’esordio con “Una femmina”, mette di nuovo in scena la catena della violenza, fisica e psicologia. Dal punto di vista registico, è evidente, Costabile ricorre a un amplio armamentario visivo, dal grandangolo, alla non messa a fuoco, alla deformazione geometrica quasi usasse il fish-eye. L’intenzione, quasi sempre, è di rompere il fiato, frammentare la dinamica temporale, rendere ogni ambiente asfittico, insostenibile, come fosse un luogo di detenzione - quello domestico su tutti. Quello del regista è uno sguardo che miscela oggettivo e soggettivo: guardiamo la scena dall’alto, come appesi allo spigolo del muro, grazie al grandangolo, quasi fossimo dei narratori esterni, fino a primissimi piani del padre – un’altra superba interpretazione di Francesco di Leva dopo quella in “Nostalgia” - e dello stesso Luigi detto “Gigi”, o, ancora, fino allo sguardo dritto in camera, che segna l’epilogo del film. È di grande impatto anche l’alternanza tra luci e ombre che domina la scena, tra interni quasi sempre luminosi, e un paesaggio notturno spesso animato da figure sfocate, che vivono nell’ombra della periferia romana. A livello fotografico, questa dimensione rarefatta, confusa, è rotta visivamente dalle scene in cui le coloratissime luci a led animano le inquietudini dei protagonisti. Per esempio, nella sequenza in cui Gigi e Giulia (Tecla Insolia) si ritrovano, dopo i nove mesi che il ragazzo ha scontato in carcere. Costabile, insomma, segue la proporzione del thriller-psicologico, e alla suspense sostituisce un ineluttabile senso deterministico delle cose.


Ciclo della violenza

Quartaccio, Tufello, La Rustica è la periferia dove Gigi (nella realtà, è la periferia milanese) cerca un’identità, un motivo di appartenenza. E in questo senso, il film di Costabile esplora dei temi sociali tanto attuali quanto drammatici. Il primo è appunto quello relativo al senso di protezione e fratellanza che Gigi, abbandonato a sé stesso, trova solo in un gruppo di nostalgici di estrema destra, che, de facto, sostituiscono l’assenza di quel cosiddetto welfare sociale che in casi come questo dovrebbe attivarsi, dal supporto psicologico agli assistenti sociali. Ciò che, d’altra parte, sembra funzionare in un primo momento: il secondo tema, infatti, è quello che concerne la protezione delle donne che denunciano. Il film, ovviamente, non ha il tempo di spiegarci perché, una volta che Licia denuncia il marito (e lui è allontanato) il tribunale le toglie i figli per quasi quattro anni; oppure come sia possibile che il marito riesca a ritrovare la moglie nascosta in una casa anti-violenza (Luigi Celeste l'ha raccontato in varie interviste, nonchè nel romanzo da cui è tratto "Familia", ossia "Non sarà sempre così"). Il terzo tema riguarda la scelta (o non-scelta) di Gigi di ammazzare il padre. Licia, nuovamente picchiata dal marito – che è tornato a vivere in casa, per provare a ricostruire una famiglia dopo un passato di abusi e violenze – non riesce a denunciare. In questo senso, Costabile è abilissimo nell’imbastire una dinamica psicologica che spinge in questa direzione, deterministica appunto, una sorta di necessità divina, che prevede l’uccisione del “pater familias” come unica via d’uscita, come l’evento che spezzerà la catena della violenza e permetterà a Gigi, alla madre e al fratello di depresurizzare la paralisi in cui vivono.

Infine, ed è forse il più grande merito teoretico di una pellicola in cui funziona quasi tutto – tranne forse, alcune scelte stilistiche esasperate (certe musiche gotiche) che trascendono troppo il terreno sociale della storia –, “Familia” imbastisce una domanda tra le righe della sua battuta più incisiva, quella tra Gigi e Giulia, quando lui la allontana, e le dice “non voglio che fai la fine di mia madre”. È un'auto-accusa, Gigi (che ha appena accoltellato un uomo in una rissa tra il suo gruppo di estrema destra e uno di estrema sinistra) ha paura di essere come il padre. Quindi, chi è vittima di violenza sarà a sua volta violento? Chi ha subito abusi, abuserà? È, tra le altre cose, il tema di uno dei casi di editoriali dell’anno, ”Triste tigre” della scrittrice francese Neige Sinno, che racconta i ripetuti abusi sessuali subiti da piccola da parte del patrigno. Scrive Sinno: “I vari studi che ho consultato sugli aggressori sessuali indicano che circa il 20 per cento degli abusanti di bambini sono delle ex vittime. Questi studi indicano inoltre che il ciclo vittima-aggressore è soprattutto una convinzione fortemente nella popolazione, e che essere stati a propria volta vittime durante l’infanzia è si un fattore di rischio, ma non una condizione necessaria sufficiente”. È un tema intricatissimo, in cui i fattori psico-sociali si intersecano tra loro. Il film di Costabile restituisce questa complessità; e porta in scena una storia necessaria (come si dice), in cui il cinema dà forma a una sostanza drammatica, e l’immagine diventa strumento di denuncia e liberazione.


06/10/2024

Cast e credits

cast:
Francesco Gheghi, Francesco Di Leva, Barbara Ronchi


regia:
Francesco Costabile


distribuzione:
Medusa Film


durata:
120'


produzione:
Tramp Limited


sceneggiatura:
Francesco Costabile, Adriano Chiarelli, Vittorio Moroni


fotografia:
Giuseppe Maio


scenografie:
Luca Servino


montaggio:
Cristiano Travaglioli


costumi:
Luca Costigliolo


musiche:
Valerio Vigliar


Trama
Dopo dieci anni di assenza, Franco Celeste torna nella vita della moglie Licia e dei figli Alessandro e Luigi.