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Speciale #Blob25: un Ufo in prima serata

"Mi è sembrato di vedere un Blob" ha celebrato il venticinquesimo anniversario dalla nascita del programma creato da Enrico Ghezzi e Marco Giusti: la serata si è svolta all'insegna della pura irrazionalità per un "happening" unico e destabilizzante

blob25annimortadellaLa prima serata di ieri, venerdì 6 giugno 2014, è stata funestata da un insolito programma, Mi è sembrato di vedere un Blob, puntata speciale dedicata al venticinquesimo anniversario dalla nascita del celebre tritatutto della televisione italiana. Ma iniziamo da un semplice quesito: cos'è Blob? "Blob - Il fluido che uccide" è un film horror del 1958 con Steve McQueen in cui un mostro proveniente dallo spazio, con le sembianze di un fluido che ingloba cose e persone, asfissia ogni centimetro quadro di spazio, fino ricoprirlo e farlo sparire sotto la sua massa informe e in continua espansione. Era la sibillina metafora per ciò che stava diventando la televisione, "sostanza gelatinosa" che invadeva il quotidiano di ogni famiglia: infatti, per noi italiani, Blob è soprattutto il programma tv nato 25 anni fa grazie alla lungimiranza di Angelo Guglielmi, direttore di Rai 3 che produsse una sperimentazione programmatica che rivoluzionò il palinsesto del canale. Tra i creatori ci furono due amici critici cinematografici, Enrico Ghezzi e Marco Giusti, che, grazie a una piccola redazione, depredavano i programmi trasmessi nelle varie reti di piccoli e grandi momenti, appartenenti alla politica e allo spettacolo, verificandone la sostanza per mezzo di uno spietato montaggio intellettuale (alla maniera di Grifi e Baruchello): satira raffinata, ridanciano sberleffo, pagine audiovisive storiche e trash venivano frullate insieme dando vita a un fenomeno unico nel suo genere, apprezzato e imitato, addirittura invocato da alcuni presentatori che, dopo una gaffe della diretta, speravano che Blob arrivasse per canonizzarla con la sua pervasività virale. È noto che i due principali autori del programma non si parlano dal 1996, dopo un velenoso contrasto personale, ed è rimasto il solo Ghezzi al timone di uno dei programmi più longevi della televisione italiana [1]: come ha fatto notare Carlo Freccero, in apertura della serata, nella striscia degli autori il nome di Giusti è scomparso, mentre resistono a imperitura memoria coloro che sono morti, come Marco Melani, intimo amico sia di Giusti che di Ghezzi. Ecco, la sparizione, per mezzo della damnatio memoriae, è l'unica forma di eliminazione valida nei confronti di una televisione a cui, con impareggiabile cinismo, Blob si è abbeverata per anni, prima della perenne diretta fornita dalle webtv e dai social network: oggi, ogni lacerto audio-video può essere riprodotto infinite volte su infinite piattaforme, ma era già così dopo Blob che catturava micro-sequenze e ne poteva stravolgere il senso in base alla combinazione con altre immagini, lanciandolo per sempre nell'immaginario collettivo.


blob25anniargentoE adesso, passiamo alla domanda che ci ha spinto a scrivere la breve analisi-omaggio che elude e include insieme l'oggetto di discussione principale di questo sito, cioè il cinema: cos'è stato Mi è sembrato di vedere un Blob? La serata condotta da uno dei presentatori più nazional-popolari del momento, Flavio Insinna, è stata un Ufo destabilizzante, una "cosa" difficilmente ripetibile in un'altra sede e sicuramente non replicabile. Da una parte il pubblico in studio, composto da gente nota e meno nota, poi gli invitati seduti in una tavolata da osteria, infine noi telespettatori intenti a decifrare ciò che stava e ciò che non stava accadendo sul piccolo schermo: l'intera serata si è infatti svolta lungo l'asse dialettico dell'esserci e del non esserci, a partire dal presunto conduttore che spesso si allontanava lasciando gli invitati a fare da anfitrioni per le comparsate o per le telefonate - come quella di Adriano Celentano. Oltre al già citato Freccero, erano presenti Gad Lerner di cui è stata riproposta l'indimenticata telefonata berlusconiana, Luisella Costamagna, Giordano Bruno Guerri, Gianni Boncompagni e Giuliano Ferrara, che ha gelato tutti quando ha tuonato per una celebrazione più bassa e meno impegnata ("se si parla di tette e culi va bene, se si deve parlare dell'11 settembre, non ha senso stare qui" era il concetto di fondo). Nelle due ore di semi-diretta sarebbe potuto accadere qualsiasi cosa, perché più che un programma è stato un happening teorico-prammatico al quale in molti hanno partecipato, volenti o non volenti, con la propria presenza fisica o col miraggio dell'immagine televisiva: l'inconcludenza era la parola d'ordine, un'inconcludenza sublime e suicida. L'irrazionalità che emergeva era ovviamente cercata scientemente da Ghezzi, regista-in-scena: come leggere altrimenti la Parietti che, stuzzicando i vegliardi intellettuali seduti in un salottino adiacente allo studio, viene brutalmente interrotta da un montaggio di vecchi "blob".

blob25annibaudoPierluigi Battista ha twittato che si trattava praticamente di una seduta spiritica e, in effetti, la sensazione era quella di una riunione di vecchi amici (e non-amici) che, intorno alla mortadella sul tavolo, provavano a ragionare di politica, attualità e storia, non riuscendo ad andare mai in fondo a un'affermazione perché Blob interveniva per inceppare la riflessione con vecchie immagini. Memorabili le apparizioni fugaci, come la sfilata di Patty Pravo, o il video di Pippo Baudo, gli "Stati di gioia" cantati da Franco Battiato, e la passeggiata di Dario Argento in un "modellino della casa del Grande Fratello" somigliante al set di "2001: Odissea nello spazio", passando per l'idea di mostrare finalmente Ciro, il figlio di Sandra Milo che tutti noi conosciamo per quel momento di incontrollata tv verità, quando la Milo scappò via dallo studio dopo un sadico scherzo telefonico, che le faceva credere che il povero Ciro fosse grave in ospedale. Nel finale, Insinna invita tutti gli ospiti ad andare dietro le quinte, per sorprendere gli autori di Blob all'opera (perché alla fine erano stati protagonisti e vittime di una sua gigantesca puntata), ma lo svelamento alla "Truman Show" non viene messo in atto: Ghezzi lascia il passo a Vittorio Sgarbi che, in uno studio ormai vuoto, straparla insieme a Insinna finché tutto non sfuma. Poi arriva un bambino che con una pistola giocattolo spruzza acqua nell'obiettivo della telecamera, mentre la voce di Ghezzi celia fuori campo "E ancora non avete visto niente...": l'ultima pernacchia godardiana per un'imprevedibile serata dadaista che ha terremotato la tele-visione di quegli italiani a cui è riuscito di stare al gioco.



[1]Gli fa eco l'altro grande contenitore ghezziano, Fuori orario, l'oasi che nei week-end ha accompagnato la formazione cinefila di più generazioni e che ha fatto scoprire film e autori difficilmente rintracciabili altrove, in un mondo senza ancora l'ausilio di internet e della banda larga.





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