Nove film dalla panoramica milanese, quest'anno in tono minore per sopraggiunti (dall'anno scorso) problemi economici. Escludiamo i tre film del concorso già distribuiti in sala e recensiti da Ondacinema: la Palma d'oro “The Tree Of Life”, il Gran premio della giuria “Il ragazzo con la bicicletta” e “Habemus papam” (per altro non incluso nella rassegna).
Drive - Nicolas Winding Refn
Les Neiges du Kilimandjaro - Robert Guediguian
Fresco di licenziamento, il sindacalista di lungo corso Michel subisce un furto, con sequestro, in casa. Scoprirne il responsabile sarà doloroso, ma il trauma per lo spiacevole episodio diverrà l'occasione per un ripensamento del proprio impegno in società. L'ex "Ken Loach di Francia", sempre fedele ai portuali di Marsiglia, è oggi un regista più pacato ma anche più lucido. Nonostante qualche eccesso di politichese e uno stile non propriamente raffinato, si serve di un cast superlativo e della forza del ragionamento per trasferire la nostalgia di un glorioso passato (che condivide - è chiaro - con i suoi personaggi) verso le inedite sfide del presente, e interrogarsi sulle contraddizioni di una classe non (più) rivoluzionaria, né cosciente, né coesa. Facendo riflettere e riuscendo anche a commuovere con un film poco adatto ai cinefili duri e puri, ma ideale per i cineforum. Sul registro: 7
Melancholia - Lars von Trier
Il matrimonio di Justine fallisce il giorno stesso delle nozze, anche perché la minaccia del pianeta Melancholia incombe sulla Terra. L'Apocalisse secondo il (o l'ex?) depresso von Trier, che sembra tornare ai tempi del Dogma rispolverando una macchina a mano da morbo di Parkinson e ricalcando per metà film il soggetto di "Festen". È sufficiente una congiunzione planetaria per spiegare gli irritanti comportamenti degli invitati alla cerimonia nuziale? Forse no. Ma il regista, che sfodera immagini mozzafiato (l'incipit in stile video-arte, la Dunst che si abbronza alla luce di Melancholia, le sequenze di osservazione astronomica), ha ben chiari, nel mirino, gli obiettivi della sua demolizione controllata: l'istituzione della famiglia, l'industria del marketing, il razionalismo - prettamente maschile, personificato dal cognato della sposa - di una scienza impotente e pavida. Le donne sono al solito irrazionali o emotive, ma al cospetto della catastrofe appaiono più dignitose. A stare alle regole del regista, è il suo miglior film da anni: i detrattori storici saranno disposti? Sul registro: 6,5
Polisse - Maïwenn
La giovane regista e attrice Maïwenn, lontana dai cliché del cinema di genere, racconta la quotidianità dei poliziotti del reparto Protezione Minori in un film dall'intelligente struttura "orizzontale" (una serie di episodi - principalmente a sfondo sessuale - senza una linea narrativa dominante) e corale, e con una messa in scena che si fa via via più efficace. Peccato per l'umorismo talvolta di cattivo gusto, un vago sospetto di morbosità e soprattutto un finale orrendo, che rischia di rovinare tutto. Qualche debito nei confronti delle serie televisive e forse, all'estremo opposto, del cinema di Jacques Audiard. Sul registro: 6,5
La fée - Fiona Gordon, Dominique Abel, Bruno Romy.
Dom è il guardiano notturno di un piccolo hotel di Le Havre. Una sera si presentano alla reception, impedendogli di cenare, uno straniero con un cane e una donna che si fa chiamare "la fata". L'inizio è la parte migliore di una commedia spassosa, a tratti romantica e decisamente surreale. Qualche problema di tenuta alla distanza: ma è raro, oggi, imbattersi in un'opera che accumuli situazioni comiche, talvolta geniali, con la frequenza di un "Hellzapoppin'". Vicino al cinema di Delépine e Kervern, ma meno cerebrale e più divertente. E i due magrissimi attori protagonisti hanno davvero il physique du rôle. Sul registro: 6,5
Eldfall (Vulcano) - Rúnar Rúnarsson
Opera prima di uno stimato autore di cortometraggi. Anche per il suo caratteraccio, un bidello appena andato in pensione è in pessimi rapporti con i figli e la moglie. L'improvvisa malattia di quest'ultima lo farà cambiare. Classico film d'autore, apprezzabile per il rigore (sempre considerando che si tratta di un debutto), mai trascinante, non certo memorabile. Il vulcano del titolo, a causa del quale il protagonista ha dovuto abbandonare l'isoletta dove è cresciuto, viene ripetutamente evocato nei dialoghi ma non assurge a elemento drammaturgico determinante. Finale già visto, ma sempre buono per discussioni polemiche. Sul registro: 6
La source des femmes - Radu Mihaileanu
Dopo l'Olocausto coi toni da commediola, le lodi a un'Israele accogliente e democratica nonostante qualche peccatuccio, e i risaputi orrendi crimini del comunismo, il tuttologo Mihaileanu torna a celebrare la superiorità del liberale d'Occidente denunciando le condizioni della donna araba, stando al contempo ben attento a non offendere nessuno (non sappiamo il nome del paese in questione né la nazionalità degli ex coloni, le colpe dell'Islam si riducono a un dibattito teologico in cui l'imam soccombe in un attimo, ecc.) e assoldando un cast onnipresente nelle coproduzioni internazionali. Le protagoniste fanno lo sciopero del sesso (ideona!) perché sostengono di lavorare troppo, tuttavia raramente le vediamo sgobbare: meglio ovviamente concentrarsi sulle più accattivanti trame sentimentali. Come da copione, si ride e ci si indigna, indubbiamente il racconto fila, la fotografia è smagliante. Ma il grande cinema sta altrove. Sul registro: 6
Et maintenant on va où? - Nadine Labaki
Fa il paio con il film di Mihaleanu: stessa alternanza di commedia e dramma, stesso ruolo di avanguardia della riscossa attribuito alle donne, stessa edulcorazione della materia. Con l'aggravante che la bellissima autrice e attrice (già di "Caramel") è libanese. Il problema di convivenza tra diverse religioni è risolto con una serie di improbabili conversioni nell'arco di una sola notte (che valgono al film la Menzione speciale della giuria ecumenica). Nella coralità del cast, qualche ottimo assolo. Troppo poco. Sul registro: 5