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Jean-Pierre e Luc Dardenne - Due giorni, una notte

I fratelli Dardenne raccontano com'è nato il loro ultimo capolavoro, "Due giorni, una notte", con Marion Cotillard

ROMA - La solidarietà al tempo della crisi. L'azienda è una come tante in difficoltà. Il personale da tagliare anche. E Sandra è l'anello debole che salterà. È stata male e, in sua assenza, l'azienda si è accorta di poter (con qualche straordinario in più) fare a meno di lei. Anzi: 1.000 euro di bonus per ogni operaio che resta e che vota per il suo licenziamento. A Sandra, che ha la dolente fragilità di Marion Cotillard, quando lo saprà non resterà alternativa se non quella di andare a trovare in un week-end, uno per uno, i colleghi che potrebbero rinunciare al bonus per salvare il suo posto di lavoro. Che cosa avreste fatto voi al suo posto? La domanda da cui partono i fratelli Dardenne in "Due giorni, una notte" è questa. "Volevamo che lo spettatore si identificasse del tutto col personaggio - spiegano - che arrivasse pian piano alla risposta del finale. Volevamo mostrare che cosa può essere realmente la solidarietà e come questa può cambiare le persone. E ovviamente non ci sono buoni o cattivi, gli operai sono messi in una posizione di concorrenza e rivalità permanenti. Non si tratta di schierarli da una parte o dall'altra, anche perché non ci ha mai interessato guardare il mondo in questi termini e perché abbiamo sempre pensato che un film non è un tribunale. Ciascuno dei colleghi di Sandra ha dei validi motivi per dirle ‘sì' e per dirle ‘no', e per nessuno di loro il premio di produzione è un lusso. Sono solo 1.000 euro ma per ciascuno di loro anche 1.000 euro sono la soluzione".

È un'idea nata in tempi di crisi? "Ci pensavamo da anni in realtà e abbiamo sintetizzato nel film situazioni reali in cui nelle aziende la solidarietà tra operai è ormai messa a dura prova, più che mai davanti a quello che è l'elemento debole della situazione. Per noi era importante mostrare una persona che viene esclusa perché è debole, non in grado di fornire prestazioni sufficientemente elevate. Lei è un'ex-depressa, una donna che è pronta a ingerire pillole, una donna che non riesce a non piangere troppo spesso, una ‘non performante', che ritrova forza e coraggio grazie alla battaglia che decide di condurre. Il film è un omaggio ai tanti come lei. Ai tanti anelli deboli della catena, in un momento in cui in cui si vive in una realtà sociale selvaggia che, agitando la paura dei licenziamenti, mostra l'assenza di ogni solidarietà tra i lavoratori. E così, come fa la protagonista, sembra che l'unica via sia salvarsi da soli".
Quindi volevate anche raccontare la storia di una donna che deve vincere contro se stessa e la depressione? "Sì, la storia di una donna che non riesce a rientrare al lavoro perché la direzione ha proposto agli altri lavoratori di scegliere tra il loro premio e il suo reintegro. Sandra ha un marito amorevole, dei figli, ma questa stabilità familiare non basta alla sua completezza. Ha bisogno della solidarietà degli altri per riacquistare fiducia in se stessa, per non avere più paura. Volevamo raccontare la storia di una donna che doveva vincere la sua paura".

Ma che Europa è quella in cui un lavoratore può valere 1.000 euro? "Siamo sempre stato europeisti convinti, ma questa Europa sta diventando sempre più liberista. Ciò che ha sempre caratterizzato l'Europa è il suo sistema di solidarietà, il welfare che oggi viene smantellato,dalla sanità alla scuola. Manca una coscienza comunitaria, un senso d'appartenenza a un'identità europea: solo quando operai francesi o italiani sciopereranno per il licenziamento dei loro colleghi in Lituania, ci sarà l'Europa".
Vi siete imbattuti anche in esempi di vera solidarietà? "Sì, abbiamo visto casi in cui gli operai accettavano di perdere ciascuno il 2 o 3% del proprio salario per evitare un licenziamento. In tempi in cui la crisi finanziaria è ormai crisi economica e sociale, esiste anche questo".





Jean-Pierre e Luc Dardenne - Due giorni, una notte