Antonio Albanese racconta il sequel di "Qualunquemente", con Cetto ancora sugli scudi
Addosso ha una vestaglia a righe viola e gialle e ai piedi orride calze verdi alte fino al ginocchio, chi lo conosce lo evita, ma tutti lo riconoscono. È Cetto La Qualunque, si affaccia al balcone, e apostrofa così il suo collaboratore nel giardino di sotto: "Tranquillo, Pino, il lupo perde il vizio ma non u' pilu". Lo sappiamo. E sappiamo anche quanto è vero ciò che dice dopo all'amante di turno: "Vedi, Dolores, noi abbiamo provato a cambiare l'Italia, ma la verità è che l'Italia è un paese ingovernabile".
Ecco Antonio Albanese sul set a un passo da Roma di "Tutto tutto niente niente", sorta di sequel di "Qualunquemente", sempre diretto da Giulio Manfredonia e con un sottosegretario avido di potere con il volto di Fabrizio Bentivoglio, con Frengo Stoppato che "rappresenta il Sud Italia e incarna un certo modo di vivere la religione, un modo esagerato, probabilmente, vicino al misticismo", con
Rodolfo Favaretto, vera new entry a rappresentare in tutto e per tutto il Nord, con la sua voglia disperata di essere altro e di non riconoscersi nel nostro paese e persino con un cameo di Paolo Villaggio perché "da ragazzo lo adoravo - confessa Albanese - È un attore intelligente e, per me che lavoro sempre sui gesti, è stato un grande riferimento. Il suo Fantozzi era eccezionale, nessuno ha saputo descrivere il nostro paese con tanto cinismo e tanta lucidità".
Che cosa significa il titolo? Presto detto: "È una delle frasi predilette del filosofo cocainomane Mino Martinelli (una mia creazione) e ci piaceva il suono - spiega Albanese - Dopo 'Qualunquemente', che era un'onda, era morbido, sinuoso, 'Tutto tutto niente niente' ci sembrava più duro, ritmato, frammentato, insomma esattamente l'opposto di quel primo film. E poi sta a significare che, anche se crediamo che stiano succedendo molte cose, in realtà non accade nulla. Stiamo attraversando un momento di grande confusione, di immobilismo, siamo a un quarto d'ora da un esaurimento nervoso e non ci possiamo fare proprio niente".
Ecco il solito Albanese-Cetto, dice il comico, che non giudica né condanna, ma si limita a osservare ciò che lo circonda: "Io nei suoi panni cerco di rappresentare le incompatibilità e assurdità che vorrei non esistessero", rivela. "In fondo tutti i miei personaggi rappresentano proprio ciò che detesto dell'Italia, un paese che è entrato in una specie di centrifuga e che ha perso di vista la normalità e il buon senso. Cetto e i suoi compari sono dei disgraziati, ma non è colpa loro se sono diventati così. Sono figli del nostro tempo e si difendono come possono, speculando, imbrogliando, ingannando".
Il tutto sempre in chiave surreale, grottesca, fumettistica. Con le parole del regista:
"C'è molto di surreale in 'Tutto tutto niente niente', ma nel senso che c'è molto di astratto e di fumettizzato. Se ci pensate, il fumetto riassume il modo di vedere la realtà di Antonio, che ha parlato del nostro paese senza mai fare un'imitazione né alludendo alla cronaca. Noi gli siamo andati dietro, cercando di astrarre per poi ritornare al reale".
Appuntamento nei cinema a Natale.