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R. Howard, D. Bruhl, C. Hemsworth, P. Favino - Speciale Rush

Incontro con i protagonisti del film sull'appassionante duello tra Niki Lauda e James Hunt nella Formula 1 degli anni 70

ROMA. Se una corsa è come un rock. Ma duro, durissimo, teso , tesissimo. Allora i  piloti di F1 sono rockstar e sanno che più sei vicino alla morte, più ti senti vivo, perché "chi può fare una cosa del genere, chi può correre in quel modo, se non ribelli, sognatori e folli?".
Interrogativo che rimbalza in "Rush", l'universo della Formula 1 tratteggiato attraverso il duello Niki Lauda-James Hunt da un Ron Howard in stato di grazia, in uno dei suoi film più riusciti oltre ogni ragionevole dubbio: cromatismi non saturi e grana anni 70, ma mixati alla modernità di uno stile fatto di primi piani, videocamere ovunque (anche dentro il casco), immagini mosse durante le corse per rendere la velocità estrema e la sceneggiatura da urlo di Peter Morgan, già con Ron Howard per "Frost/Nixon" e tra le penne migliori d'Europa (suo, tra l'altro, anche "The Queen"), che compensa le solite tentazioni manichee di Howard, che qui riesce a tradurre una sfida in un film senza buoni e senza cattivi. Solo due uomini che hanno voglia di correre, che portano con sé mondi che non si somigliano e che si sfidano: "Non solo duellanti ma due uomini di cui volevo raccontare il fascino e la tensione della sfida, l'aspetto sensuale, glamour, l'aspetto rock & roll, la frenesia di quell'ambiente e di quel clima, non il racconto del mondo della Formula 1. E poi io amo esplorare mondi diversi, amo il viaggio, e la storia della Formula 1 dei Settanta era un mondo straordinario in cui viaggiare".
Così il quasi sessantenne Ron Howard nella Città Eterna per la presentazione di un film che parla di approcci alla vita e di scelte e di sfide, infinitamente più che un film sulla Formula 1 ma pur sempre un film costruito sulla realtà di due personaggi reali, come già il suo "Apollo 13".

È diverso, Mr. Howard, rispetto a costruire film di pura fiction? "Quando penso a un film tirato fuori dalla realtà e su personaggi reali come questo, da narratore, so che devo sempre tenere conto delle intenzioni narrative dello sceneggiatore, ma anche del fatto che la storia vera deve comunque parlare attraverso il tuo filtro personale e che devo sempre ricordarmi come le idee fondamentali e i fatti più importanti non possano essere traditi. Avevo già imparato con 'Apollo 13' , storia vera, a fidarmi del pubblico. Ho imparato e ho usato qui questa fiducia, così ho lavorato per migliorare la storia dal punto di vista emotivo e psicologico, ma senza mai tradire i fatti ".
Ma quanto è stato pesante ridurre, sintetizzare, semplificare? "Sì, è stato frustrante... si potrebbe realizzare una serie tv molto corposa solo sull'automobilismo degli anni Settanta. Ma qui il mio compito era realizzare un film di due ore, entusiasmante e capace di riflettere la verità anche quando la sintetizza e, per necessità, la semplifica. In questo ci ha molto aiutato Niki Lauda, che non ha avuto alcun controllo editoriale sul film, si è messo a disposizione, abbiamo parlato con lui e si è fidato di noi, che abbiamo fatto molte interviste e siamo stati, nel corso di tutte le riprese, accompagnati da esperti di Formula 1".

Ma che cosa ha significato per i due attori calarsi nella pelle e nei panni di due veri, verissimi, uomini tanto interessanti e in una storia di sfida così intrigante? "Inizialmente ero terrorizzato dall'idea di impersonare una leggenda vivente - dice Daniel Bruhl, che rimanda Lauda in una puntigliosa interpretazione da brivido - Ho cercato da subito di stabilire un buon rapporto con lui e lui mi ha dato informazioni che mai avrei potuto trovare altrove. Cose fondamentali. Mi ha aiutato a dimenticare che avevo davanti un'icona vivente , per di più era sempre disponibile anche al telefono se avevamo dei dubbi. Ho passato un mese a Vienna per imparare l'accento del luogo, arrogante e molto austriaco, che era importante per il personaggio. Direi che per me che son cresciuto a pane e Ferrari, mentre mio padre collezionava ogni tipo di modellino, per me che amo guidare e correre in auto, interpretare Lauda ha significato interpretare un mio eroe di sempre".

E il bellissimo Chris Hemsworth, qui perfetto nei panni di un James Hunt che rende ancora più aitante: "Per me è stato molto eccitante entrare nei panni di Hunt. Mi ero documentato in modo approfondito , la storia del rapporto tra loro era molto avvincente, la sceneggiatura valida e la cosa importante e fondamentale per noi era l'essere onesti, essere fedeli ai personaggi, perché questi due uomini, nella vita, erano fedeli a se stessi. Sentivo la pressione del peso del ruolo, volevo interpretarlo nel miglior modo possibile , rendere giustizia al personaggio, ma ho cercato anche di essere fedele al reale James Hunt. Ho amato pazzamente la sua onestà, il suo essere diretto, il non preoccuparsi di ciò che gli altri dicevano o pensavano, il suo sguardo curioso, il suo desiderio di essere coinvolto, di partecipare al mondo, il suo modo quasi infantile di voler giocare e poi stancarsi del gioco, il suo bisogno di essere apprezzato, che era quasi una forma di insicurezza. Certo, non avrei fatto molte cose che lui ha fatto, ma ho amato il suo essere diretto e sincero anche quando era duro".

Last but non least, l'italianissimo Pierfrancesco Favino, qui nei panni di Clay Regazzoni: "Per me, Regazzoni era un ricordo domenicale da bambino, una di quelle facce che fa un'epoca, una faccia che ha tutto il sapore di un momento storico, e io l'ho costruito anche partendo dai dettagli, l'accento strano, lo strascinare certe parole... Credo che questa sia stata per me un'opportunità straordinaria... un film magnifico, con una sceneggiatura potente in cui anche i personaggi di contorno sono tratteggiati splendidamente".
Il tutto utilizzando il meglio della tecnologia dell'oggi, mixata alle immagini di decenni fa, materiale di repertorio e riprese digitali, piloti veri e computer graphic, "anche per dare la giusta dimensione al film e immergere davvero il pubblico nel mondo della Formula 1", spiega il regista che chiude precisando: "Non tifo per nessuna scuderia , né di oggi né di ieri".