Daniele Vicari rivela com'è nato il suo film-documentario "La nave dolce", sul dramma dei ventimila albanesi sbarcati a Bari nel 1991
ROMA - La nave è dolce forse perché il mercantile Vlora era carico di zucchero, ma la vera storia di quei giorni per i migliaia di albanesi sbarcati a Bari era tutt'altro che dolce. Sono gli albanesi dell'esodo dell'agosto 1991, quelli che arrivarono nel porto di Bari nudi e senza niente, quelli che erano in ventimila tra giovani e giovanissimi assiepati sulla nave che era stata assalito e costretta a dirigersi verso le coste italiane dal porto di Durazzo, quelli di un'odissea durata circa una settimana all'inizio di agosto del ‘91, ammucchiati in condizioni subumane tra il molo e lo stadio del capoluogo pugliese, prima che la maggior parte di loro (un numero imprecisato riuscì a fuggire e a restare) venisse rimpatriata via mare o via aerea forzatamente. È "La nave dolce" di Daniele Vicari, che ha costruito il film con le immagini di repertorio e le interviste di quelli che c'erano, che hanno vissuto in prima persona quella storia, "facendo il contropelo alla storiografia ufficiale -chiosa- sempre troppo lineare, evitando parole come ‘extracomunitari', ‘profughi' ‘disperati' e costruendo un set astratto su cui far rivivere le emozioni e le storie dei testimoni", ruotando intorno ai tanti perché di quei migranti che fecero quel viaggio ma anche ai perché di chi accolse la nave al porto di Bari.
Halim Maliqi, il comandante della Vlora, Eva Karafili, Agron Sula, Kledi Kadiu, Robert Budina, che erano sulla nave, Nicola Montano, Domenico Stea, Fortunata Dell'Orzo, Luca Turi e altri che quella nave videro arrivare a Bari, riafferrano attraverso i ricordi quei giorni che hanno lasciato segni indelebili e cercano spiegazioni che (spesso) non ci sono. Perché tornare proprio a quel giorno e a quei fatti di un passato in cui Vicari aveva 24 anni? "Ero solo uno studente universitario, allora, ma ricordo bene l'arrivo della Vlora come una specie di cataclisma mediatico. Una nave stracolma di uomini e donne di ogni età che fuggono da una condizione che non ritengono più sopportabile. Quelle immagini si contrapponevano a quelle della guerra in Iraq, che fu una sorta di orrendo videogioco fatto di traccianti notturni, obiettivi di missili che scomparivano al momento dell'impatto, visioni satellitari anonime e grigie. Per me, studente di cinema, da una parte il trionfo della rimozione del tragico che la post-modernità teorizzava e gli eserciti praticavano, dall'altra l'insorgenza del reale, seppure imprigionato nei palinsesti televisivi. Ricordo che sarei voluto andare a Bari, ma non ci riuscì". Difficoltà? "Non è facile raccontare un evento collettivo al cinema, il territorio privilegiato del racconto cinematografico solitamente è l'eroe o l'antieroe. ‘La nave dolce' si intreccia nella mia coscienza di narratore con ‘Diaz'. Sento che hanno qualcosa in comune. Oltre alla casualità di essere stati realizzati contemporaneamente, entrambi raccontano episodi collettivi che rappresentano avvenimenti storico-politici più complessi. Anche dal punto di vista storico-politico, esiste una continuità tra i due episodi: Cossiga che scende dall'aereo e va a rivendicare in conferenza stampa il primo respingimento avvenuto in Italia è per me il segno del grande cambiamento politico avvenuto nel nostro paese dopo il crollo del muro di Berlino. Da quel momento la gestione dell'ordine pubblico tende a sostituirsi alla politica sul piano dei diritti sociali e civili. Un'involuzione democratica, la stessa che ha portato ai fatti di Genova nel 2001".
Del resto sono eventi apparentemente marginali, che invece cambiano la Storia sotto i nostri occhi e l'arrivo della nave Vlora nel porto di Bari l'8 agosto del 1991 è uno di questi. Come dice Vicari, "quell'approdo è stato l'innesco di una rivoluzione socioculturale di proporzioni fino ad allora inimmaginabili. In Italia nel '91 c'erano poco più di 300.000 stranieri, oggi ce ne sono quasi 6 milioni".