L’ultima serie di Mike Flanagan per Netflix è un fantasioso, ambizioso e discretamente riuscito adattamento dell’opera di Edgar Allan Poe ai nostri giorni
Insieme a Ryan Murphy ("Dahmer", "American Horror Story") e i Duffer brothers ("Stranger Things"), Mike Flanagan è probabilmente uno dei creator di serie di quella che potremmo chiamare la Netflix Generation dal tratto più riconoscibile e certamente più apprezzati dal pubblico generalista. Specializzato nella creazione e nello sviluppo di serial horror, grazie a due miniserie da record quali "The Haunting Of Hill House" e "Midnight Mass" Flanagan si è imposto come tra i più apprezzati autori di genere degli ultimi anni, perlomeno per quanto riguarda il piccolo schermo. Non sempre al favore del pubblico è corrisposto quello della critica, ma questo non ha inficiato il generarsi di grande attesa intorno a "The Fall Of The House Of Usher", lanciato in streaming dall'emittente statunitense poco prima di Halloween 2023. Si tratta peraltro dell'ultima serie di Flanagan per Netflix, dacché il creator è passato alla scuderia concorrente di Amazon Prime, per la quale è già al lavoro su un adattamento della saga "The Dark Tower" di Stephen King – va da sé attesissimo.
Come facilmente deducibile dal titolo della miniserie, si tratta di un adattamento dell'omonimo racconto dello scrittore americano Edgar Allan Poe, che Flanagan ha debitamente aggiornato ai nostri giorni. La scelta di Flanagan di incarnare gli Usher in una famiglia altamente disfunzionale a capo di una spietata Big Pharma appare invero piuttosto pilotata. Come da prassi Netflix, "The Fall Of The Usher House" ingloba temi e modelli caldi che possano fare facilmente presa sul pubblico in questo momento. Viene quindi facilissimo pensare a "Succession" come modello utilizzato dall'autore per scolpire una famiglia narcisistica e anaffettiva, nella quale ciascun membro è focalizzato solo e soltanto su sé stesso. Così come appare quasi scontato, dopo il recente successo di serie incentrate sull'abuso di antidolorifici come "Painkiller" (di casa Netflix) e "Dopesick" (di casa Disney+/Star), che l'autore e il suo team abbiano scelto proprio una conglomerata del settore farmaceutico per rappresentare una stirpe che fa il patto con il diavolo. L'utilizzo di un cast multietnico per impersonare i figli bastardi di Roderick Usher (Bruce Greenwood da vecchio e Zach Gilford da giovane) è un ulteriore segnale del fatto che ci si trovi di fronte a un prodotto fortemente influenzato dalle politiche woke che un po' stanno appiattendo la produzione dell'emittente americano – e forse un autore apprezzato come Flanagan avrebbe potuto premere per slegarsi almeno in parte dalle logiche in questione.
Le cose vanno decisamente meglio però osservando l'utilizzo che lo showrunner fa dei testi di Poe. Anzitutto va fatto un plauso alla scelta coraggiosa di utilizzare "The Fall Of The House Of Usher" soltanto come architettura principale della miniserie. Sono molti altri, infatti, i racconti di Poe chiamati in causa e inglobati nello sviluppo di una sceneggiatura affamata di riferimenti e rigogliosa nel risultato – per farsi un'idea dell'ampiezza della pesca effettuata dagli sceneggiatori basta dare un'occhiata ai titoli delle varie puntate. Un'ulteriore finezza di Flanagan è poi l'utilizzo sistematico di alcuni stralci originali di Poe, che riescono a trovare spazio e oscura efficacia anche in un contesto moderno e decadente come quello messo in scena. In definitiva potremmo dunque parlare di un omaggio riuscito e innamorato di un autore a uno dei suoi modelli più chiari e importanti.
Non è esente da problemini anche l'apparato narrativo, che pur molto solido nel suo sapiente e misurato alternare presente e flashback, storia della fondazione e storia della caduta, risente di una parte centrale un po' pesante. La scelta di dedicare un episodio alla fine di ciascun figlio di Roderick Usher è stata forse un po' azzardata. Alcune di queste storyline avrebbero forse giovato un po' di snellezza in più e sarebbero forse potute coesistere nello stesso episodio. A peggiorare quest'aspetto c'è il fatto che tutti gli episodi che vanno dal secondo al settimo (di otto complessivi) si somigliano molto nella struttura, risultando dunque ripetitivi e davvero avvincenti soltanto quando il narrato e la raffigurazione dell'orrore meritano davvero – cosa che fortunatamente succede per due buoni terzi del lotto preso in esame. Si tratta però soltanto di un po' di minutaggio in eccesso, che alfine non inficia la potenza e l'imponenza della storia nel suo complesso. Che, peraltro, negli ultimi tre episodi deflagra in un crescendo verticale di terrore gotico e cattiveria.
Tolta una regia piuttosto canonica, che solo in alcune circostanze tenta delle mosse davvero interessanti, come nelle scene finali degli episodi dedicati a Tamerlane e Frederick (Samantha Sloyan e Henry Thomas), "The Fall Of The House Of Usher" può contare su una messinscena sontuosa e chiaramente ben finanziata. I costumi, le ambientazioni e gli effetti speciali delle numerose scene truculente (alcune sarà difficile dimenticarle) sono uno spettacolo per gli occhi che ben allinea, anche visivamente, il contesto moderno alle suggestioni sinistre di Poe. Così come è agile il montaggio, chiamato ad agire su ben tre linee narrative – la conversazione tra Roderick e l'attento procuratore Auguste Dupin di Carl Laumbly, la caduta degli Usher e, infine, l'ascesa di Roderick e Madleine Usher, interpretata magistralmente sia da giovane da Willa Fitgerald che da vecchia da Mary McDonnell.
L'elemento cruciale per la riuscita dell'ambiziosa serie di Flanagan è però il cast assolutamente indovinato, composto sia da aficionados dell'autore che da new entry. Ben diretto, corale ma incline a intensi assoli, il pacchetto attori è stato perfetto nel dare vita a una storia che richiede un enorme sforzo in termini di sospensione dell'incredulità. A parte i già menzionati interpreti dei personaggi principali, è doveroso citare la magnetica Carla Gugino, totalmente a suo agio nel ruolo della mefistofelica Verna, e un irriconoscibile Mark Hamill nel ruolo del "tuttofare" Arthur Pym. Il migliore di tutti è stato però forse Henry Thomas, il fu Elliot di "E.T. L'extraterrestre", che ha dato vita al viscido villain Froderick, un personaggio talvolta macchiettistico, ma disturbante e per il quale è davvero impossibile provare simpatia.
titolo:
La caduta della casa degli Usher
titolo originale:
The Fall Of The House Of Usher
canale originale:
Netflix USA
canale italiano:
Netflix
creatore:
Mike Flanagan
produttori esecutivi:
Mike Flanagan, Jamie Flanagan, Michael Fimognari, Trevor Macy
cast:
Carla Gugino, Bruce Greenwood, Mary McDonnel, Henry Thomas, Zach Gilford, Mark Hamill, Carl Lumbly, Willa Fitzgerald
anni:
2023